venerdì 31 maggio 2013

Il cimitero di Marlene

Sempre seguendo la preziosa guida di berlino101, ho scoperto che a due passi dalla casa della signora G., nel tranquillo e verdissimo quartiere residenziale di Friedenau, c'è il cimitero dove è sepolta Marlene Dietrich. Non sono una fanatica di cimiteri, però quando sono sereni e non monumentali (quindi in genere non cattolici) mi piacciono. Ma questo li batte tutti. Mi sono seduta su una panchina e non sarei più andata via. Anzi, ho trovato anche la mia tomba ideale. Eccola.

 
Il resto del cimitero è tutto così, un magnifico bosco con tante lapidi semplici e casette per gli uccellini sugli alberi. Panchine per sedersi e mamme con passeggini che si fermano a riposare.



Dopo aver gironzolato a lungo, ho infine trovato le tombe di Marlene (perché sulla lapide c'è scritto solo Marlene) e di Helmut Newton, lì vicino. Semplici e bellissime. Su quella di Marlene c'è solo una fotina microscopica, e sopra la lapide qualcuno lascia piccoli doni, tipo una scatoletta di cipria. Su quella di Helmut Newton c'è solo una foto, naturalmente bellissima.




giovedì 30 maggio 2013

La città degli alberi felici

Geschützte Grünanlage: spazio verde protetto
Se rinasco albero voglio rinascere tiglio a Berlino. Probabilmente starei meglio qui che in una foresta. Si sente dire spesso che i tedeschi amano il verde, ma solo vedendo gli alberi felici di questa città ci si rende conto dell'abisso che separa il berlinese medio dal troglodita medio italico che gli alberi li odia, e quindi li taglia, li mutila, li capitozza, li riduce a stuzzicadenti perché rovinano la preziosa vista dalle finestre del suo villino del geometra. O dall'amministratore comunale minus habens che fa tagliare i rami perché "cadono sulle macchine", o direttamente gli alberi perché "tolgono spazio alle macchine". E non venitemi a dire che le potature sono necessarie, perché qui non le fanno. Oppure per farle impiegano dei veri giardinieri, capaci di potare un albero senza devastarlo. Cose inaudite in Italia (e anche nell'ecologica San Francisco, dove ho l'impressione che il comune se ne sbatta allegramente della potatura degli alberi sui marciapiedi, che resta affidata agli inquilini delle case circostanti. Forse non sarà così, ma diverse volte ho visto trogloditi in versione uessei massacrare rabbiosamente l'alberello del marciapiede che gli oscurava le finestre).


Un'altra cosa inaudita è un posto all'università per un giovane brillante, oserei dire geniale, che in Italia vagola precario e depresso perché il suo professore non ha gli agganci giusti e poi viene a Berlino e in quattro e quattr'otto diventa direttore di un prestigiosissimo istituto scientifico.


Ecco, io l'ho sempre detto che volevo vivere a Berlino. Poco originale, lo so. Pochissimo. Qui se tiri in aria una moneta, come dice Chiara di berlino101, è più facile che ricada in testa a un italiano o a uno spagnolo che a un tedesco. E poi ovviamente i turisti americani sono dappertutto, con le loro infradito e i loro zainoni e la loro invidia che dovrebbero avere, se solo ci arrivassero, per uno stato sociale come quello tedesco.

Un po' di yarn bombing


Ah, a proposito, ieri con Chiara abbiamo preso un tè nella meravigliosa Tadshikische Teestube, la sala da tè tagika. E stasera a cena con Chiara e con Elle, e forse con Mr. Keats, se finisce in tempo di installare la mostra che si apre domani. L'hanno anche intervistato alla radio, ieri. Va in onda stasera.

mercoledì 29 maggio 2013

Brevi da Berlino/2

Il problema del computer è stato risolto con un cavetto.

Ieri: Kulturforum. Una visita alla splendida Neue Nationalgalerie
Mr. Keats, mostra l'accredito stampa con cui riesce sempre a entrare gratis nei musei.
Addetta alla biglietteria: - Non è valido.
Mr. Keats: - Ma come, c'è il mio nome e c'è scritto correspondent.
Addetta alla biglietteria: - Non è valido.
Mr. Keats: - Ma come, lo hanno accettato in tutti gli altri musei di Berlino [solo alla Hamburger Bahnhof, ma vabbè].
Addetta alla biglietteria: - Non è valido, non c'è la foto. 
Mr. Keats, mostra documento con foto.
Addetta alla biglietteria confronta accredito e documento, vede che il nome è lo stesso. Stampa il biglietto omaggio, e intanto ripete: - Non è valido

Comprati biglietti per concerto di Chopin, domenica. Non vedo l'ora di vedere la Philharmonie.

Mr. Keats (con la bocca piena di wiener schnitzel) e Mr. Roth
Seguendo le indicazioni dell'ottimo libro 101 Cose da fare a Berlino almeno una volta nella vita, di Chiara Fabbrizi alias Berlino 101, abbiamo pranzato al bellissimo Joseph Roth Diele, un ristorante tutto dedicato allo scrittore e ai suoi libri.

Infine abbiamo tentato di entrare alla Staatsbibliothek, (quella degli angeli di Wim Wenders), pur sapendo che ci vuole la tessera.
Io: - Mi scusi, è possibile visitare la biblioteca? 
Addetta allo sportello informazioni, guardando Mr Keats: - No. (Silenzio.)
Io: - Cioè, non si può visitarla mai? 
Addetta allo sportello informazioni, guardando Mr Keats: - No. (Silenzio.)
Mr. Keats: - Non ci sono visite guidate? 
Addetta allo sportello informazioni: - La tessera costa 10 euro al mese.

Comunque non capisco perché in Italia non sono capaci di fare il pane buono come in Germania.

P.S.: in questi giorni non potrò passare spesso a trovare amici e amiche virtuali, devo stare in giro il più possibile a farmi maltrattare.

martedì 28 maggio 2013

Brevi da Berlino



Bello, bello, ma a casa della signora Gisela il router non ha la password e allora dobbiamo usare il suo. Evito le vocali con l´accento che non esiste sulla tastiera e soffro. La signora G.: irraggiungibile. No computer, no cellulare. Impossibile aggiornare il blog fino a che non posso usare il mio computer.
Elle di Berlino, se leggi questo post contattami tu all´índirizzo mail del blog. A presto (spero)!

lunedì 27 maggio 2013

La figura dell'agronomo su Wowa



Lo so che a questo punto sarete stufi di vedere il mio faccione, però oggi partiamo per Berlino (facciamo uno scambio di casa con la signora Gisela) e ieri non ho avuto tempo di scrivere la storia del biondino del succo d'arancia. Perciò per rimpiazzarlo vi propino di nuovo il mio faccione, questa volta in awe di un redwood tree. C'è anche una breve intervista dove parlo - indovinate un po' - di traduzione, ma anche della "figura dell'agronomo".


sabato 25 maggio 2013

Un aggiornamento sugli allocchi

Ieri sera Paul è salito sul davanzale come fa di solito



Ma anche Artur voleva vedere un po' di mondo, e così ha cominciato  spintonarlo




E Paul è caduto!







Ci sono stati momenti di panico nel forum, finché qualcuno non ha spiegato che comunque era giunto il momento che Paul lasciasse il nido. Ora sarebbe rimasto su qualche ramo più basso per un po', e i genitori lo avrebbero nutrito da lì.
E invece, poco dopo... colpo di scena! Paul è tornato nel nido. Pare che non succeda mai che rientrino dopo essere usciti.



E infine, ecco una foto del nido da fuori


venerdì 24 maggio 2013

Vi racconto Junot Díaz su RaiLetteratura



Volete vedere il mio faccione con le cuffie che parla di Junot Díaz davanti allo schermo di un computer? Lo trovate QUI.

giovedì 23 maggio 2013

Think Different: Evade Taxes!

Foto da QUI
Secondo il blog di Alaska da cui ho preso l'immagine:
"Ieri il CEO della Apple, Tim Cook, è stato ascoltato dalla commissione del Senato degli Stati Uniti che ha ricostruito in un documento l’indagine sul sistema con cui l’azienda fondata da Steve Jobs riesce a pagare non più del 2% di tasse su ricavi di 74 miliardi di dollari. La ricostruzione sembra aver più affascinato che scandalizzato, a causa della sua innegabile ingegnosità e della predisposizione dei repubblicani a giustificare comportamenti poco etici delle grandi multinazionali. E poco si può fare per costringere Apple a pagare il dovuto negli Stati Uniti per una questione di legislazione territoriale. In pratica, Apple evade macroscopicamente rispetto al fisco americano, ma non viola la legge."

Non lo fa solo Apple, come ci racconta il New Yorker, ma anche Google, Microsoft e altre multinazionali americane. 

La cosa interessante è la reazione del pubblico e della stampa, che più che scandalizzati per la truffa sembrano ammirati per l'ennesima dimostrazione del genio dei successori di Mr Jobs. 
Questa ammirazione per un personaggio potente che viola la legge con furbizia mi ricorda qualcosa...

mercoledì 22 maggio 2013

Benvenuti nel nido degli allocchi

Vi ricordate quando vi avevo segnalato il sito di Looduskalender con la webcam per spiare il nido del falco? Bene, quest'anno invece sto seguendo tre nidi in diverse fasi di "maturazione".

Ci sono di nuovo i falchi pescatori, qui e qui, che però non hanno ancora deposto le uova.

Poi ci sono le cicogne nere, stupende, che al momento stanno ancora covando le loro cinque uova.

E poi ci sono due spettacolari allocchetti, che potete vedere qui. Sul sito trovate anche un forum dove potete seguire il racconto del nido fatto dagli spioni come me, con foto come queste:


Mamma allocca che cova
I neonati

Artur e Paul crescono

E cominciano a guardar fuori



In questo video, infine, li vedete entrambi alla finestra. Tra pochi giorni lasceranno il nido.

lunedì 20 maggio 2013

Chiapas, un viaggio semiserio/5: La notte con l'agronomo

Continua da QUI.

Dopo tre giorni a riso in bianco consumato in ristoranti lontani non più di cinquanta metri dalla posada – di più era troppo rischioso - mi sentii sufficientemente in forze da accettare l’invito a cena di Sergio. Con molta trepidazione e qualche residuo pallino vidi finalmente la porta verde spalancarsi davanti a me, rivelando un patio con qualche erbaccia che spuntava fra le piastrelle rotte e una casetta un po’ decrepita, la tipica casa, pensai, di un uomo che vive solo e oltretutto non c’è mai perché è sempre nella foresta a lottare per la rivoluzione. Sergio aveva invitato altre due ragazze italiane, che guardai con sospetto per tutta la sera ma che finalmente verso l’una tolsero il disturbo. Io e Sergio continuammo a conversare per un altro paio d’ore, accompagnandoci con la birraccia annacquata che aveva sostituito il mio Nobile sublime e con le orrende Alitas di tabacco nero senza filtro che il fascinoso agronomo mi forniva a volontà. Infine, con le palpebre di piombo ma consapevole che quella era la mia ultima occasione per sedurre un vero rivoluzionario, annunciai esitante: “Bene, si è fatto tardi…”
E lo scaltro agronomo rispose proprio come speravo. “È meglio che non attraversi la città a quest’ora di notte. Puoi dormire qui, se vuoi. Io dormo sul divano.”
Te lo faccio vedere io il divano, pensai, mentre accettavo l’offerta con un mite sorriso.
“Dov’è il bagno?”, chiesi, con l’alito afflitto dal catrame delle Alitas.
“La porta dopo la cucina,” disse Sergio, “ma stai attenta… no, forse è meglio che non te lo dica.”
“Ha ha, perché, cosa c’è in bagno? Non ho mica paura, io.” E che, scherziamo? Tu sarai anche rivoluzionario, ma io ho affrontato papponi, ustioni e parassiti intestinali per buttarmi fra le tue braccia.
“Be’, ecco, proprio oggi ero… sai… seduto, quando ho sentito un rumore strano sotto di me. Mi sono girato a guardare e… be’, c’era un topo! Sai, qui le fogne sono un po’ rustiche, si vede che è venuto su dall’orto e me lo sono ritrovato nel water che mi guardava. Ho cacciato un urlo e l’ho fatto scappare, credo che si sia spaventato più di me. Ma forse non avrei dovuto dirtelo.”
“Ma no, figurati, cosa vuoi che sia. Anche da me ci sono i topini di campagna…”
“Ma va’, che topino di campagna! Era un topo di fogna, grosso così!” E con le mani indicò una cosa lunga come un basset-hound.
Fortunatamente la vista dell’agronomo dal basso doveva avere terrorizzato la belva, che non si fece
vedere: in bagno c’erano solo scarafaggi, numerosi ma di dimensioni tutto sommato accettabili.
La Selva Lacandona
Seduta nel letto di Sergio, con indosso la maglietta un po’ puzzolente che mi aveva prestato per la notte, posai lo sguardo sul lungo machete appeso al muro e venni colta da un pensiero agghiacciante.
Non mi ero depilata le gambe.
“Allora buonanotte…”, disse Sergio in tono carezzevole, sedendosi accanto a me.
“Sei sicuro di voler dormire sul divano,” azzardai.
“Be’, non so, vedi tu…” rispose in tono indecifrabile.
Ecco, ci siamo, pensai, esaltata da tanta audacia, ammaliata dal romanticismo dell’intera situazione. Adesso non devo fare altro che dire qualcosa, qualche parola pronunciata a mezza voce e accompagnata da un sorriso ammiccante e lascivo, e lui si infilerà nel letto accanto a me e io potrò seguirlo nella foresta e sostenere la sua lotta per la libertà con la mia focosa passione.
Immaginai le sue mani che mi accarezzavano le gambe, sfiorando una peluria più fitta della Selva Lacandona. “Sì, certo, è proprio un bel divano. Mi sembra anche comodo,” risposi.
E così quella notte non chiusi occhio. Per il nervoso.
Il giorno dopo Sergio se ne andò nella foresta, da dove sarebbe rientrato solo dopo la mia partenza.


(5/continua)

domenica 19 maggio 2013

La nostra serata al Caffè Letterario di Lugo

Tutto è andato come previsto, e anche meglio. Il Caffè Letterario di Lugo è ospitato nelle sale del bellissimo Hotel Ala d'Oro di Lugo, e dal 2005 offre serate cultural-conviviali con una serie di ospiti davvero fantastica. Io e Mr Keats ci siamo proprio divertiti. Io ho rivisto la Romagna che ho frequentato per tanti anni in passato, ho ritrovato persone care e ho incontrato nuove amiche, come Angela e Nela San. E naturalmente Licia Corbolante, che ha introdotto la serata e ci ha fatto un sacco di domande interessanti. Il pubblico era intelligente e interessato e l'ospitalità di Claudio Nostri squisita.

E squisiti naturalmente erano anche i cappelletti, di cui Mr Keats, come previsto, si è felicemente abbuffato. Di cappelletti, di tagliatelle e poi anche di lasagne, quando lungo la via del ritorno ci siamo fermati per qualche ora nella mia amatissima Bologna (nello specifico, le lasagne sono state consumate in via del Pratello).

Trovate un resoconto della serata dal punto di vista "linguistico" sul blog di Licia, che qui ripubblica anche il famoso spezzone del film La vita agra che abbiamo mostrato durante la serata.

Sul sito del Caffè Letterario, poi, di resoconti ne trovate ben due, uno ricco di foto, e l'altro molto bello di Ivano Nanni.


venerdì 17 maggio 2013

Diciassette elefanti di zucchero rosa

 
Vashti Bunyan
Seventeen Pink Sugar Elephants (Bunyan-Jenny Lewis)
 
I saw seventeen pink sugar elephants
Sitting under a chestnut tree
I said good morning pink sugar elephants
But they wouldn’t speak to me

Each had two eyes but they couldn’t see me there
Each had four legs but they couldn’t go anywhere
And so we just sat
That early autumn morning
Sun not yet risen and magic everywhere

I walked up to one pink sugar elephant
Asked why wouldn’t he speak to me
But he was a factory-made pink sugar elephant
Given to children for treats after tea

He had two eyes but he couldn’t see me there
He had four legs but he couldn’t go anywhere
And so we just sat 
That early autumn morning
Sun not yet risen and magic everywhere

(This for John who always wanted a third verse)

Why would I ever think an elephant 
Made of sugar would speak to me?
But what were seventeen pink sugar elephants
Doing under a chestnut tree?



lunedì 13 maggio 2013

Chiapas: un viaggio semiserio/4. Un visitatore inatteso

Continua da QUI.
 
Il visitatore inatteso si presentò un mattino sotto forma di una estrema spossatezza. Avevo le membra pesanti, la testa imbottita di ovatta, pallini fluttuanti dinanzi agli occhi. I miei già quasi inesistenti muscoli mi avevano abbandonata durante la notte, sostituiti da una colata di piombo. Poi arrivarono i crampi addominali, e a quel punto mi venne in mente che chissà, magari potevo avere la febbre. D’un tratto la spaventosa verità mi apparve chiara al di là dei pallini: avevo incontrato il temibile Montezuma, il terrore del turista. Da quando ero arrivata in Chiapas, le voci sull’inesorabile vendetta del grande re atzeco trucidato dai conquistadores spagnoli mi avevano seguita dappertutto. Le sue vittime erano facilmente riconoscibili, smunte e affaticate, con quello sguardo rassegnato che ti diceva, ebbene sì, ha colpito anche me, e tu non credere mica di sfuggire. Non c’è nulla che tu possa fare, nessuna precauzione che tu possa prendere, Montezuma è nell’aria che respiri, nella mano che stringi, nelle lenzuola in cui dormi. Puoi bere solo acqua in bottiglia, mangiare solo pietanze cotte e disinfettare tutto, puoi nasconderti nel posto più remoto, nell’albergo più asettico, ma Montezuma ti troverà. E Montezuma quel giorno aveva trovato me. Ormai era tardi per chiedersi, nel delirio della febbre, se fosse stata quella bella bambina indigena a tradirmi, a consegnarmi al crudele torturatore che si stava accanendo sul mio intestino. Il giorno prima, in banca, avevo incontrato lei e i suoi fratellini mentre facevo la coda, erano timidi, la madre era diffidente, ma io li avevo conquistati tutti con la smorfia dello zombie. Quella dove si mettono in bocca le dita, magari sporche, e mentre si distendono le labbra si caccia fuori la lingua e si rovesciano gli occhi, e i bambini all’inizio si sconcertano, ma poi cominciano a ridere e sono tanto simpatici e tu ti diverti tanto e il giorno dopo ti sei beccata la diarrea del viaggiatore. 


Sarà stata lei? Montezuma si nasconde nei luoghi più impensati
  
Giacqui nel letto stremata per un tempo incalcolabile, fra brevi momenti di veglia e lunghi precipizi di sonno febbricitante. Poi qualcuno bussò alla porta. “Señorita, telefono.” Scesi le scale, sempre accompagnata da un’allegra sarabanda di pallini. Al telefono era Sergio. Un tempismo perfetto. “Volevo invitarti a cena stasera. Così possiamo bere il vino che mi hai portato.” Stringendo la cornetta nella mano sudata, mi costrinsi a biascicare qualche scusa patetica, ma alla fine decisi che tutto sommato avrei fatto più bella figura se lo avessi ragguagliato sulla mia situazione intestinale. Chissà, magari avrebbe trovato un po’ di tempo per venire a trovarmi, fra una missione rivoluzionaria e l’altra.

Poi trascinai le gambe piombate su per le scale e mi infilai a letto, sprofondando nel crudele abbraccio di Montezuma. Venni svegliata, non so quante ore o giorni dopo, da un paio di discreti colpetti alla porta. “Avanti”, gracidai, e poi credetti che la furiosa vendetta azteca mi avesse compromesso anche il cervello. Davanti a me c’era un bel ragazzotto, un tipo biondiccio con la faccia giovane e pulita, o almeno credo, perché in quel momento l’unica cosa che riuscivo a mettere a fuoco tra un pallino e l’altro era un enorme bicchiere di succo d’arancia. 

O forse avrei dovuto fare più attenzione a quello che mangiavo?

 (4/Continua)