Prima di trasferirmi a San Francisco, l'unica altra città degli Stati Uniti che conoscevo bene era New York, dove il cliché dell'America come "melting pot" si avvicina discretamente alla realtà. Uno dei segni più visibili dell'integrazione di una determinata etnia, secondo me, è l'esistenza di una classe media. E a New York la classe media afroamericana esiste, si vede, ed è bella da vedere.
Quando sono arrivata a San Francisco, uno dei miei primi pensieri è stato: "ma dove sono i neri?". Gli afroamericani sono visibilmente pochi, in questa città, e quelli che si vedono appartengono spesso a quella categoria di poverissimi di cui parlavo ieri. I derelitti, qui, sono quasi sempre bianchi diseredati e alcolizzati oppure neri. Se la classe media a San Francisco sta diventando sempre più una rarità, la classe media afroamericana non esiste proprio.
La situazione nel 2007 |
La popolazione nera è concentrata soprattutto in due zone della città: il centrale e squallidissimo Tenderloin, uno di quei posti dove non vorresti ritrovarti neanche in pieno giorno, e nelle case popolari di Hunters Point, una zona affacciata sull'oceano che a livello paesaggistico è senz'altro una delle più belle della città, ma che ha il piccolo difetto di aver ospitato fino al 1994 un cantiere navale dell'esercito, che ha lasciato in eredità un suolo inquinatissimo. Oggi è in atto un progetto per ripulire la zona (dove, oltre alle case popolari, si trovano gli studi di molti artisti che, non potendosi permettere uno spazio altrove, si sono installati negli edifici dell'ex complesso militare), estremamente appetibile dal punto di vista del business immobiliare. Lo scopo finale è l'abbattimento delle case popolari e la costruzione di complessi residenziali per ricchi.
Dando un'occhiata ai giornali degli ultimi anni, ho scoperto che l'esodo dei neri da San Francisco ha effettivamente raggiunto livelli record. Nel 2005 gli afroamericani erano scesi al 6.5 per cento della popolazione da un picco del 13.4 per cento nel 1970: il declino più rapido e intenso fra tutte le maggiori città americane. In una città nota per la sua storia di tolleranza e apertura, il quadro che viene dipinto (e con il quale concordo) è quello di una comunità notevolmente divisa a livello razziale ed economico, dove i neri stanno scomparendo dal tessuto sociale e culturale, allontanati e marginalizzati dalle politiche di rinnovamento urbano (leggi: dalla gentrificazione e dall'aumento dei prezzi) degli ultimi cinquant'anni.
Il locale jazz Club Flamingo di Wesley Johnson a metà degli anni '40, quando il quartiere Fillmore era noto come la "Harlem del West" (Foto: Wesley Johnson Archive) |
La cosiddetta "African American diaspora" è così drammatica che nel 2007 il sindaco Gavin Newsom lanciò un "African American Out-Migration Task Force and Advisory Committee" per cercare di porvi rimedio.
Ma il declino della comunità nera è cominciato molto tempo prima del dotcom boom della fine degli anni '90, e della bolla immobiliare che ha fatto arrivare il prezzo medio delle case alla bella cifra di $665,000 nel 2007.
Negli anni '40 e '50, quando San Francisco era una città segregata, lo storico quartiere Fillmore era la "Harlem del West," con decine di jazz club e un'economia fiorente. Negli anni '60 e '70, in seguito alla politica (applicata anche in molte altre città) dell'urban renewal — o "Negro removal" secondo molti afroamericani — il Fillmore venne praticamente raso al suolo, e 4000 neri vennero allontanati dal quartiere.
E così siamo arrivati a oggi, quando mi guardo in giro e vedo solo derelitti e facce di plastica.
vero, anche a san diego ci sono pochissime persone di colore, mentre per esempio ci sono tantissimi asiatici e messicani.
RispondiEliminanella mia ignoranza, pensavo che fosse dovuto a motivi storici, cioe' che fosse stato sempre cosi'... invece tu mi insegni che le persone di colore c'erano, ma sono andate via... :-(
Leggendo alcuni articoli per documentarmi su questo tema, ho trovato questa frase: "Seattle e San Diego, che hanno la reputazione di città a grande prevalenza bianca, nel 2005 avevano una percentuale di afroamericani più alta di quella di San Francisco". Gli asiatici e i messicani, per un motivo o per l'altro, sono gruppi etnici molto presenti e visibili nelle città californiane. E questo rende ancora più notevole la quasi totale assenza dei neri (Los Angeles è un'altra storia, naturalmente).
RispondiEliminaPost prezioso il tuo, Silvia! Io ignoravo completamente questa situazione, anche perché la rappresentazione degli Stati Uniti da noi, come ben sai, è effettuata per stereotipi. Una rappresentazione realistica della società sembra interessare molto poco agli addetti ai lavori.
RispondiEliminaSono tutti ad Oakland. Storicamente infatti Oakland uso' la manodopera di colore peri cantieri navali, lavori a bassa scolarita'.
RispondiEliminaCiao Giusi! Il tema delle divisioni razziali negli Stati Uniti è ovviamente vastissimo. Ci sono ancora grandi differenze fra Nord e Sud, per esempio, e ogni etnia ha la sua affascinante storia di integrazione (o non integrazione). Ho appena finito di tradurre un bellissimo libro di un'autrice nippo-americana che parla di un episodio poco noto della storia statunitense: l'internamento in campi dedicati degli individui di origine giapponese residenti nella zona militare del Pacifico durante la seconda guerra mondiale. Appena uscirà il libro ci farò sopra un bel post!
RispondiElimina@Emigrante. Vero, sono tutti a Oakland. Sarà lì anche la famosa classe media? So che ci sono zone "gentrificate", ma nel 2010 Oakland era la quinta città più pericolosa d'America.(Preceduta solo da Flint - quella di Michael Moore -; Detroit; Camden, NJ; e, al n.1, St. Louis)
RispondiEliminaIo conosco l'internamento di cui parli perché la favolosa Dorothea Lange fece delle foto estremamente significative (fatico, del resto, a trovarne di sue che non siano così).
RispondiEliminaQui ci dovrebbero essere quasi tutte
http://www.google.it/search?q=dorothea+lange+japanese+internment&hl=it&prmd=ivnso&tbm=isch&tbo=u&source=univ&sa=X&ei=7rHFTbK-G46Pswbv5vSDDw&ved=0CCgQsAQ&biw=1366&bih=677
sì per favore, scrivi quel post appena esce!
(Camden, NJ, al n.2? St. Louis al n.1? Questo paese non finirà mai di stupirmi.)
RispondiElimina@Giusi: sì, le conoscevo, sono molto belle. Quelle dei bambini con la targhetta al collo sono le più strazianti. Ci tengo molto a raccontare questa storia, primo perché il libro è davvero stupendo, e secondo perché è un episodio poco noto che merita di essere conosciuto molto di più.
RispondiEliminaE fai benissimo a raccontare! DEVE essere conosciuto davvero molto di più. E' stata una immensa vergogna...
RispondiEliminaLo racconta molto bene l'autrice che ho tradotto, e prima di lei non ne aveva scritto quasi nessun autore di narrativa. La cosa più strana è che un episodio così importante sia così poco noto. Può darsi che sia dovuto al carattere "remissivo" dei giapponesi, molti dei quali, tornati dai campi, si ritrovarono con le loro proprietà confiscate e rivendute e decisero di tornare in Giappone. Comunque qualcosa del genere - anche se su scala più ridotta - successe anche agli italiani. Ho un documento che devo ancora leggere che racconta quella storia. Vediamo, magari scriverò qualcosa anche su quello...
RispondiEliminaMagari! Attendo fiduciosissima:)
RispondiEliminadavvero interessante, grazie silvia!
RispondiEliminaChe belli questi post, grazie!
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