sabato 24 marzo 2018

La maledizione del posto centrale e la dimensione delle persiane altrui

Torno a casa con un volo Norwegian + EasyJet. Un po' preoccupata per la nuova esperienza con il low-cost intercontinentale, che consiste in un volo fino a Londra-Gatwick, scalo di 5 ore (detto con voce fantozziana) con sbarco valigia e reimbarco su EasyJet. Invece va tutto bene. Voli in orario, servizio - nei limiti del low-cost - buono. Se non fosse per un dettaglio, perché ovviamente se non ci fosse stata una fantozzata non sarei qui a scrivere questo post.

Con la tariffa più bassa, Norwegian assegna automaticamente il posto a sedere. Ovviamente al check-in scopro che mi hanno assegnato l'orrido posto centrale. Cerco di impietosire la simpatica assistente di terra, la quale mi dice che posso provare a chiedere prima dell'imbarco, magari riesco a trovare un posto corridoio libero. E infatti va proprio così. Che fortuna! 
Salgo sull'aereo, mi accomodo nel mio bel posto corridoio e poco dopo vedo arrivare il mio vicino. Un tizio pallidiccio, con l'aria un po' malata. Si siede senza togliersi il voluminoso giaccone. Mah, penso. Bizzarro. 
Il volo è notturno, quindi il mio piano è guardarmi un filmetto o due e poi cercare di dormire un po'. Il tizio accanto a me, nel frattempo, comincia a bere. Coca cola e bottiglietta di superalcolico. Poi, a un certo punto, rutta. Non un ruttino, eh. Un gran ruttone tonante. Non faccio a tempo a pensare "che schifo" che quello ne fa un altro. Quattro o cinque in totale. Poi si alza, facendomi alzare. Normale amministrazione. Peccato che dopo essersi alzato se ne sta in giro per una ventina di minuti (dove cavolo andrà, sull'aereo, lo sa solo lui), costringendomi a stare all'erta per aspettare il suo ritorno. Poi torna, si mette tranquillo per un po', e poi ordina di nuovo da bere. E ricomincia tutto da capo. Serie di ruttoni e passeggiata sull'aereo. Quando torna a sedere, invece di mettersi tranquillo e guardarsi anche lui un filmetto come fanno tutti, si mette a guardare il MIO film (che io sto vedendo con i sottotitoli, facilitandogli le cose) e a commentarlo ad alta voce. Poi ordina di nuovo da bere e rutta. Al quinto o sesto giro di rutti, quando ormai la puzza di alcol si è fatta insostenibile, vado dalla hostess e le chiedo se non c'è un limite alla quantità di alcol che si può vendere a un passeggero. Lei dice: "consigliamo di bere con moderazione". Eh, sì, infatti. Io le spiego che vicino a me c'è un ruttatore seriale e lei, sinceramente dispiaciuta, mi propone di cambiarmi il posto. Io accetto. E dove vado a finire? Ma in un sedile centrale, naturalmente.

Ecco, ora forse vi chiederete cosa c'entra la dimensione delle persiane altrui che ho messo nel titolo. Niente, è che stamattina ho trovato un commento al post sull'insonnia in cui mi si annuncia solennemente che non si leggerà più il mio blog, e non solo, ma che i miei malanni dipendono dalla mia negatività e dal mio atteggiamento di italiana cinica all'estero che dovrebbe andare a farsi un giro in India e così smetterebbe di notare la dimensione delle persiane altrui. Stai a vedere che se vado a fare un giro in India mi passa la negatività e dunque l'insonnia? (Che comunque è passata, era dovuta a problemi ormonali e non di negatività.) O forse se imparo ad affrontare le cose senza cinismo e negatività, la prossima volta il tizio che rutta se lo becca qualcun altro?

martedì 20 marzo 2018

Una gita in North Carolina/2. Dove il tempo si è fermato

Vediamo se riesco a scrivere il post prima di andare in aeroporto, da dove spero di riuscire ad arrivare in Italia senza troppi intoppi.

So che aspettavate il racconto della passeggiata, ma in realtà non si può dire che sia stata una grande avventura. Faceva un freddo becco, io non ero molto in forma, c'era il rischio di trovare le strade chiuse per il gelo, e i boschi invernali spelacchiati non erano proprio esaltanti. Non abbiamo raggiunto l'Appalachian Trail di cui parla Bill Bryson e non abbiamo incontrato neanche un orso. L'unico souvenir è questa foto di Mr K all'inizio del sentiero che abbiamo scelto (da notare che in inglese "from the frying pan into the fire" significa "dalla padella alla brace").



Molto più interessante è stata la gita che abbiamo fatto il giorno dopo nella cittadina di Marshall, dove il tempo si è fermato. Ecco il department store:








Notare la bella giornata

La stazione di servizio








Da questa parte del fiume c'erano i vecchi battisti, che parlano un dialetto incomprensibile e rappresentano lo zoccolo duro del North Carolina rurale. Dall'altra parte del fiume invece c'è una vecchia scuola che è stata comprata da un ricco artista, che ci ha ricavato dei bellissimi studi che affitta ad altri artisti meno ricchi, che arrivano qui da ogni parte dell'est, persino da New York. Naturalmente le due comunità non comunicano molto, ma tutto questo rende Marshall assai interessante.

Il palazzo degli artisti. Provate a immaginarlo con il sole

Ecco, sono riuscita a finire il post. Qui piove a catinelle, ho due voli scrausi con in mezzo maltempo e tornadi vari. From the frying pan... Incrociate le dita per me!

PS: sono qui in aeroporto che aspetto l'imbarco (finora sembra puntuale) e mi sono ricordata di non avere pubblicato un'altra immagine che sembra uscita da un'altra epoca. Eccolo qui, lo abbiamo seguito lungo la strada da Marshall ad Asheville 



mercoledì 14 marzo 2018

Una gita in North Carolina/1. Mele caramellate e persiane finte

Tutti mi chiedevano: "ma cosa ci vai a fare in North Carolina?"
Be', un po' per accompagnare Mr K, che insegna per un semestre ad Asheville, e un po' per vedere "l'entroterra" degli Usa, visto che finora sono sempre stata solo sulle coste (e a New Orleans, che è comunque un posto unico). E poi la zona di Asheville è molto bella, ci sono le Blue Ridge Mountains, le Smoky Mountains, insomma, un sacco di mountains, e io volevo farmi un giro sul famoso Appalachian Trail descritto così gradevolmente da Bill Bryson in Una passeggiata nei boschi.

Tanto per cominciare con le cose esotiche, all'aeroporto di Charlotte ho visto un negozio di mele caramellate come non ne avevo visti mai



Arrivata ad Asheville ho scoperto che, al contrario che in California, qui l'inverno esiste. Ma noi stavamo calduccio in una casa vicina al campus, dove il riscaldamento ad aria forzata faceva un  rumore da aspirapolvere giorno e notte, solo che invece di aspirare l'aria la buttava fuori, riscaldata ma non filtrata a giudicare dai granelli di polvere che tossivo fuori in continuazione (un po' come nel mio racconto Ganja yoga). D'altronde l'intera zona non brilla per l'alta qualità dell'edilizia, tra i soliti, onnipresenti strip mall e le casette tirate su con lo sputo. Il rapporto case-chiese qui è 1:1, e le chiese sono all'80% battiste (le altre metodiste e avventiste del 7° giorno). 
La nostra casa, oltre al riscaldamento a vortice, sfoggiava un'altra caratteristica inquietante: le persiane finte. Non me n'ero mai accorta, ma Mr K dice che le persiane finte abbondano dappertutto. In effetti, dopo averle notate nella nostra casa, ho cominciato a vederle dovunque. Eccole. Sono finte. Appiccicate al muro. Gliene frega così poco di capire a cosa servono, che le fanno persino più piccole della metà della finestra.



Qualcuno dirà: ma tu vai in North Carolina e noti solo mele caramellate e persiane finte? Perché cos'altro c'è da notare? Per l'avventurosa passeggiata nei boschi, aspettate la prossima puntata.

giovedì 1 marzo 2018

L'effetto Uber a San Francisco


Le strade di San Francisco
Chiunque viva a San Francisco da almeno qualche anno vi dirà che il traffico sta peggiorando a vista d'occhio. Sempre più gente viene a vivere qui per lavorare a Silicon Valley, e la città continua a dare permessi per costruire palazzoni senza aggiungere parcheggi né modificare l'inadeguata rete stradale. Risultato: un incubo. Code di decine di chilometri ogni giorno per i pendolari che vanno al lavoro, e le strade del centro cittadino completamente intasate. Fino a qualche anno fa attraversare la strada, per me abituata ai pirati della strada italiani, era bellissimo: agli incroci le macchine si fermavano ancora prima che tu scendessi dal marciapiede (perché qui non si fa il "rolling stop", cioè quella cosa per cui allo stop si rallenta e basta: qui è - sarebbe - obbligatorio fermarsi proprio). Ora non più: i pedoni travolti agli incroci sono in vertiginosa crescita, abbiamo rischiato tantissime volte anche noi.

Oltre all'aumento della popolazione, la causa principale di questa congestione sono i servizi di trasporto privato, cioè Uber e Lyft. Più della metà delle macchine che vedete in giro hanno sul parabrezza gli adesivi di uno o dell'altro, più spesso di entrambi. So che la gente li ama, sì, che bello, costano poco e danno una lezione a quei maledetti tassisti. Bello, eh? Bene. Ecco come funziona l'effetto Uber. I tassisti di San Francisco erano una categoria disprezzata prima dell'avvento dei loro concorrenti: non arrivavano mai, i telefonisti erano maleducati, ecc. ecc. Io quell'epoca non l'ho vissuta, e siccome ho schifo della "gig economy" ho sempre usato solo i taxi (che adesso, spaventati dalla concorrenza, funzionano benissimo), attirandomi lo scherno generale per la mia arretratezza. 
I tassisti di San Francisco sono stati costretti dalla città a comprare una licenza (il cosidetto "medallion") che costa $250.000, gli autisti di Uber e Lyft no; le compagnie di taxi pagano le tasse alla città, Uber e Lyft no; i tassisti di San Francisco guidano macchine ibride, Uber e Lyft no; i tassisti hanno un sindacato, Uber e Lyft... ahahah. Spesso chi guida per Uber e Lyft vive fuori città (perché ovviamente nessuno può permettersi di vivere in città con i magri guadagni della gig economy) e viene qui per 5-6 giorni alla settimana e dorme in macchina. Un tempo i tassisti potevano guadagnarsi da vivere con il loro lavoro, oggi non più. 
Qual è il piano di Uber e Lyft? Ancora una volta, l'arrogante (e redditizia) idea della "disruption" che è alla base della Silicon Valley: mandiamo in rovina i taxi offrendo un servizio più economico; poi quando li avremo eliminati dal mercato e avremo il monopolio del trasporto privato, potremo aumentare i prezzi. In effetti al momento i prezzi sono così bassi che anche il trasporto pubblico ne risente, e l'azienda di trasporti cittadina è sempre più in crisi. Sempre meno autobus, sempre più macchine private che intasano la città. E poi è vero che i prezzi sono più bassi, ma il servizio è pessimo: gli autisti improvvisati non hanno idea di dove si trovano e seguono pedissequamente il loro gps, mentre i tassisti sono vecchie volpi che conoscono la città come le loro tasche. Tutte le numerose volte, tranne una, che ho rischiato di essere investita a un incrocio, il pirla che non si è fermato allo stop era un autista di Uber o Lyft. Troppo impegnato a seguire il gps? Troppa fretta di prendere la prossima corsa sottopagata?

E poi, naturalmente, anche questi protagonisti sfruttati della gig economy scompariranno quando arriveranno le self-driving cars, che ormai si vedono (in fase sperimentale, ma ancora per poco) a tutti gli angoli della città.
Dove la metteremo poi, tutta questa gente che è stata "disrupted"? Be', trovare una soluzione non è certo il compito di questi giganti della new economy. Il loro compito è solo quello di far soldi. E noi, "siccome costa meno", glieli diamo sempre volentieri.