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domenica 30 agosto 2015

Le mie domeniche libere

Anche per quest'estate la scuola è finita. Spero che i miei studenti si siano divertiti quanto mi stavo divertendo io in questa foto, scattata durante una lezione.


Tornare a fare un solo lavoro - anche se intenso come la traduzione di Purity - dopo averne fatti due è quasi come essere in vacanza. Questa volta mi sono organizzata con una rigida disciplina militaresca - resa possibile dallo yoga e dal provvidenziale abbandono di facebook - che ogni tanto mi lasciava persino qualche ora libera per scrivere. E poi ho instaurato l'usanza della domenica libera. Sembrerebbe una cosa scontata, ma vi assicuro che per un freelance non lo è. Infatti Mr K questa storia della domenica libera non la capisce tanto bene, e mi segue con una certa riluttanza nelle mie uscite domenicali. Sì, perchè ho deciso che le domeniche libere devono essere utilizzate per andare a spasso e svagarsi completamente (che cosa strana, eh?), perché se rimango in casa finisce che mi attacco al computer e mi metto a lavorare.

Allora, cosa faccio nelle mie domeniche libere?

Per esempio vado a pranzo in un diner in mezzo alla campagna




Oppure vado a visitare i luoghi di Purity con una guida d'eccezione

Il New Leaf Market di Felton, dove lavora la madre della protagonista

Il parco dove la protagonista...
... nuota insieme a sua madre in questa pozza qui

Oppure vado a camminare sull'Earthquake Trail che passa proprio sopra la faglia di Sant'Andrea. E il mattino dopo c'è stato un terremoto, che però per fortuna non ho sentito perché dormivo ancora (anzi, mi sono svegliata proprio a quell'ora, alle 7. Probabilmente il terremoto mi ha fatto da sveglia).

Una fila di paletti azzurri segna il percorso della faglia

E per concludere la giornata, una vera esperienza americana: spannocchiare il granturco all'ora dell'aperitivo


lunedì 2 febbraio 2015

Diventa notaio online

La figura del notaio, si sa, negli Usa non è proprio come in Italia. Ieri leggevo un libro con i miei studenti e ho dovuto spiegare in modo approfondito cosa significasse per un personaggio la connotazione "figlio di notaio". Per loro essere figlio di notaio ha più o meno lo stesso significato che essere figlio di benzinaio. Il mestiere di notaio può essere svolto da chiunque - e che ci vuole, a convalidare una firma - e dovunque, per esempio - un classico - nei negozi UPS. I prezzi, secondo l'associazione dei notai americani, devono andare da un minimo di cinque a un massimo di venti dollari. E volendo si può diventare notaio con un corso online di 6 ore, oggi scontato su Groupon da $99.95 a $35. Iscrivetevi, conviene!

mercoledì 12 febbraio 2014

Tradurre la letteratura con Pareschi & Pareschi

Lo dico subito: non siamo parenti. Però ci chiamiamo vicendevolmente "Omonima". Perciò sono molto contenta di insegnare in questo seminario al fianco virtuale della mia omonima Monica Pareschi.

"Per chi ha voglia di aggiornarsi con le parole, attraverso le parole.

Per questa terza edizione vi proponiamo un percorso 'eclettico' e variegato. Affronteremo, oltre a due autrici contemporanee di rilievo letterario, anche un lavoro sulla ritraduzione di un grande classico e di un testo più recente."

Con me si lavorerà su Jamaica Kincaid e Renata Adler, con Monica su Charlotte Brontë (Jane Eyre) e Kevin Barry. QUI tutti i dettagli.

domenica 11 agosto 2013

Orgoglio genovese

Uno studente racconta.
"Ero in un caffè, mangiavo seduto al banco mentre facevo i compiti d'italiano. Entrano due turiste italiane che non sanno una parola d'inglese. Vedono il mio dizionario, il libro degli esercizi e mi chiedono se posso aiutarle con il menu. Quando arriviamo a un piatto a base di eggplants, le due signore sembrano perplesse. 'Ma come, questo non è un ristorante vegano? Perché c'è un piatto con le uova?' Io comincio a frugare nella memoria in cerca della parola italiana, ma non mi viene. No, non sono uova, sono verdure, sono... sono...
'Melanzane', dice forte e chiara una voce dal tavolo vicino.
Le due turiste si girano, sorprese. 'Ma lei è italiano!'
'No', risponde lui. 'Sono genovese'."

venerdì 12 luglio 2013

Una sorpresa a scuola: Fabio Geda

Fabio Geda e la tavola imbandita
Succede che in questo trimestre, con alcune classi, leggiamo il bel libro di Fabio Geda L'estate alla fine del secolo. Mentre preparo la prima lezione cerco notizie sull'autore, scopro che ha un blog, che però non aggiorna regolarmente perché è in viaggio da un anno. Succede che a un certo punto mi viene voglia di chiedergli spiegazioni sul significato di una parola siciliana che non mi è chiara, caddusu. Così lo rintraccio su feisbuc e gli mando un messaggio, dicendogli che l'informazione mi serve perché leggerò L'estate alla fine del secolo con gli studenti dell'Istituto Italiano Scuola di San Francisco. Succede che Fabio Geda mi risponde che in questo momento anche lui è a San Francisco: ci vediamo? E allora mi viene in mente che sarebbe bello fare una sorpresa agli studenti, che hanno già letto e amato un altro libro di Geda, Nel mare ci sono i coccodrilli. Sarebbe bello, gli scrivo, farti entrare in classe durante la lezione in cui si parla del tuo libro, dicendo: "Signori e signore, ho una sorpresa per voi: Fabio Geda".
Detto, fatto. Quella sera stessa alle otto in punto Fabio Geda si presenta senza preavviso nella classe dove da due ore stiamo parlando dei suoi libri, e si ferma per un'altra ora a chiacchierare con gli studenti. Un bellissima chiacchierata, informale (come si può vedere dalla tavola apparecchiata con libri e cibo: spesso gli studenti portano a scuola ogni bendidio, e in questo caso avevamo vino, birra, pomodori, peperoni e prugne dell'orto, formaggio e pane e fatto in casa), cordiale e molto interessante, con Fabio gentile e disponibilissimo e gli studenti al settimo cielo. Succede, a volte, di avere proprio una bella fortuna.

giovedì 7 febbraio 2013

Laboratorio di traduzione letteraria/2

Comincia il 18 febbraio la seconda edizione del webinar di traduzione letteraria tenuto da me e Federica Aceto. La prima edizione era questa.


Tradurre Letteratura

 

Tradurre Letteratura

 

Laboratorio di traduzione letteraria dall’inglese

II edizione
18 febbraio-21 marzo 2013
CON IL PATROCINIO GRATUITO DI AITI
Tutti i professionisti, tutti i corsi e i laboratori di Langue&Parole formazione sono sempre stati concentrati sull’aspetto più concreto e pratico della traduzione. Ogni nostro sforzo è sempre stato dedicato all’artigianalità del tradurre: come in una bottega. I seminari, la revisione sui testi e gli incontri personalizzati sono la nostra normale pratica di lavoro.  Ora tutto questo è applicato alla parte più creativa: la letteratura. Laboratorio applicativo di traduzione letteraria, con la collaborazione di due esperte traduttrici, Federica Aceto e Silvia Pareschi. Ci avvicineremo a grandi romanzi di autori contemporanei.  Un laboratorio nel senso più vero della parola: un confronto con i testi e con i traduttori, esercizi di traduzione e testimonianze professionali.
Dal 18 febbraio al 21 marzo 2013.
Iscrizioni aperte. Euro 260,00 fino al 4 febbraio, euro 290,00 fino al termine delle iscrizioni. Informazioni 0292888626.
Affronteremo testi di grandi autori ancora inediti in Italia, che usciranno in contemporanea al corso. Il laboratorio è quindi aperto anche a chi lo ha già frequentato nella prima edizione. 
Questo laboratorio vuole essere un esperimento creativo per chi ha voglia di affrontare la letteratura nella sua concretezza. Per chi ha voglia di aggiornarsi con le parole, attraverso le parole.
Struttura del Laboratorio:
Lingua di lavoro: inglese CORSO INTERAMENTE ONLINE/E-LEARNING
Organizzazione: Cinque settimane di laboratorio, cinque romanzi da affrontare, quattro autori da capire, quattro incontri con chi ha lavorato sui testi, due esercitazioni di traduzione.
2 incontri con LANGUE&PAROLE: con noi sono previsti due incontri collettivi. Il primo appuntamento introduttivo agli argomenti e allo scopo del seminario; il secondo sarà invece alla fine del laboratorio come sintesi e conclusione.
4 incontri collettivi: (due con Federica Aceto e due con Silvia Pareschi) di confronto sulla traduzione dei romanzi, con esempi pratici. La storia personale di come si può capire un autore e restituire un testo.
2 laboratori applicativi: degli autori proposti ogni partecipante potrà tradurre due brani (indicati a inizio del laboratorio). Dopo gli incontri collettivi con le due traduttrici, seguirà una revisione personalizzata e un appuntamento di raffronto individuale sull’elaborato (con i revisori di Langue&Parole).
Materiale didattico e insegnanti: ogni partecipante riceverà una breve raccolta di appunti di presentazione degli autori e dei romanzi; una presentazione da parte delle due traduttrici sul loro lavoro e sulla loro esperienza legata ai testi del laboratorio.

FEDERICA ACETO 
MARTIN AMIS, Lionel Asbo;
TAIYE SELASI, Ghana Must Go
 
SILVIA PARESCHI
ZADIE SMITH, NW;
JUNOT DIAZ, La breve favolosa vita di Oscar Wao e This Is How You Lose Her
Federica Aceto: nata a Formia nel 1970, ha studiato Lingue e Letterature Straniere a Napoli, per poi conseguire un MA in Letteratura Anglo-Irlandese a Dublino e un Master in Mediazione Linguistica e Culturale a Roma. Ha vissuto per diversi anni in Irlanda, dove ha lavorato come lettrice presso il dipartimento di italianistica dello University College Dublin. Ha tradotto una quarantina di libri di narrativa. Tra gli autori da lei tradotti: Ali Smith, A.L. Kennedy, Stanley Elkin, J.G. Ballard, Martin Amis e Don DeLillo. Ha anche curato la revisione delle traduzioni in italiano di autori quali David Foster Wallace, Jonathan Franzen e Thomas Pynchon.
Silvia Pareschi: lavora come traduttrice letteraria da dodici anni. Fra gli autori da lei tradotti, oltre a Jonathan Franzen (tra i tanti titoli, citiamo Le correzioni, Einaudi 2002, e Libertà, Einaudi 2011), figurano Cormac McCarthy (Il guardiano del frutteto, Einaudi 2002), Don DeLillo (Cosmopolis, Einaudi 2003), Amy Hempel (Ragioni per vivere. Tutti i racconti, Mondadori 2009), Nathan Englander (Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank, Einaudi 2012), Junot Díaz, E. L. Doctorow, Denis Johnson, Julie Otsuka, Annie Proulx. Ha appena finito di tradurre NW di Zadie Smith. Vive a metà fra l’Italia e San Francisco, insieme al marito, l’artista e scrittore Jonathon Keats, di cui ha tradotto in italiano una raccolta di racconti, Il libro dell’ignoto. Quando è negli Stati Uniti, oltre a tradurre, insegna italiano agli americani. Dopo la laurea in Lingue e Letterature Straniere, ha seguito il Master in Tecniche della narrazione alla scuola Holden di Torino. Durante un seminario sulla traduzione, è stata notata dalla docente, Anna Nadotti, che l’ha segnalata alla casa editrice Einaudi. È stata quindi “scoperta” da Marisa Caramella, l’editor che le ha affidato la sua prima traduzione in assoluto, Le correzioni di Jonathan Franzen.  Il suo blog è  http://ninehoursofseparation.blogspot.com

mercoledì 28 novembre 2012

giovedì 23 agosto 2012

Un ristorante per cannibali


I miei studenti hanno spesso difficoltà a capire la differenza fra "tutto" aggettivo e "tutto" pronome. Per spiegarla meglio cito sempre il nome di questo locale, dicendo che sembra un ristorante per cannibali. Di solito funziona.

mercoledì 1 agosto 2012

Workshop di traduzione all'IIS di San Francisco

Workshop di Traduzione

 

Saturday August 4 2012, 2pm to 4pm
Saturday August 11 2012, 2pm to 5pm

Cost: $75

 

“Translating is the best way of reading a text,” Italo Calvino once wrote. It’s also the best way to refine your knowledge of a language. Italian literary translator Silvia Pareschi – who translates American authors including Jonathan Franzen, Don DeLillo, Denis Johnson, E.L. Doctorow, and many others – will show you how to make literary fiction composed in English appear to have been written directly in Italian.The class will be divided into two Saturday sessions. In the first session, Pareschi will explain her translating techniques, and students will bring their own translations to discuss in the second session.

Workshop is in Italian. Pre-registration required.


lunedì 16 luglio 2012

Vignette

Ho avuto la conferma che qualcosa era cambiato, tra me e l'Italia, quando ho sentito gli italiani battere le mani all'atterraggio e invece di vergognarmi ho sorriso.
(Che poi non è, come si crede, un'abitudine solo italiana. In questi giorni sto traducendo i racconti di Junot Díaz e ho scoperto che lo fanno anche i dominicani, per esempio.)
 

Quando è possibile ribattezzo sempre gli studenti americani con l'equivalente italiano del loro nome. A loro piace tanto potersi chiamare Giovanni, Cristina o Cinzia. Ieri sera però è arrivata una nuova studentessa: Genevieve. Le ho detto che è fortunata ad avere un nome francese.


Conversazione via skype con la mamma:
"Ciao mamma."
"Pronto, mi senti?"
"Sì, ti sento."
"Pronto, mi senti?"
"Sì, ti sento, tu mi senti?"
"Pronto, mi senti?"
"SÌ TI SENTO, TU MI SENTI?!?"
"Sì che ti sento, cosa urli?"

giovedì 29 marzo 2012

Laboratorio di traduzione letteraria con Federica Aceto e Silvia Pareschi

Tradurre Letteratura

 

Laboratorio di traduzione letteraria

Tutti i professionisti, tutti i corsi e i laboratori di Langue&Parole formazione sono sempre stati concentrati sull’aspetto più concreto e pratico della traduzione. Ogni nostro sforzo è sempre stato dedicato all’artigianalità del tradurre: come in una bottega. I seminari, la revisione sui testi e gli incontri personalizzati sono la nostra normale pratica di lavoro.  Ora tutto questo è applicato alla parte più creativa: la letteratura. Laboratorio applicativo di traduzione letteraria, con la collaborazione di due esperte traduttrici, Federica Aceto e Silvia Pareschi. Ci avvicineremo a grandi romanzi di autori contemporanei.  Un laboratorio nel senso più vero della parola: un confronto con i testi e con i traduttori, esercizi di traduzione e testimonianze professionali. 
Informazioni: 0292888626 
Dal 10 aprile all'11 maggio 2012 
Iscrizioni aperte Euro 290,00 
Questo laboratorio vuole essere un esperimento creativo per chi ha voglia di affrontare la letteratura nella sua concretezza. Per chi ha voglia di aggiornarsi con le parole, attraverso le parole."
Struttura del Laboratorio:
Lingua di lavoro: inglese CORSO INTERAMENTE ONLINE/ELEARNING
Organizzazione: Cinque settimane di laboratorio, quattro romanzi da affrontare, quattro autori da capire, quattro incontri con chi ha lavorato sui testi, due esercitazioni di traduzione.
2 incontri con LANGUE&PAROLE: con noi sono previsti due incontri collettivi. Il primo appuntamento introduttivo agli argomenti e allo scopo del seminario; il secondo sarà invece alla fine del laboratorio come sintesi e conclusione.
4 incontri collettivi: (due con Federica Aceto e due con Silvia Pareschi) di confronto sulla traduzione dei romanzi, con esempi pratici. La storia personale di come si può capire un autore e restituire un testo

2 laboratori applicativi: degli autori proposti ogni partecipante potrà tradurre due brani (indicati a inizio del laboratorio). Dopo gli con incontri collettivi con le due traduttrici, seguirà una revisione personalizzata e un appuntamento di raffronto individuale sull’elaborato (con i revisori di Langue&Parole).
Materiale didattico e insegnanti: ogni partecipante riceverà una breve raccolta di appunti di presentazione degli autori e dei romanzi; una presentazione da parte delle due traduttrici sul loro lavoro e sulla loro esperienza legata ai testi del laboratorio.

FEDERICA ACETO
ALI SMITH, There but for the
STANLEY ELKIN, Searches&Seizures 

SILVIA PARESCHI
JONATHAN FRANZEN, The Corrections
AMY HEMPEL, At the Gates of the Animal Kingdom 
 
Federica Aceto: nata a Formia nel 1970, ha studiato Lingue e Letterature Straniere a Napoli, per poi conseguire un MA in Letteratura Anglo-Irlandese a Dublino e un Master in Mediazione Linguistica e Culturale a Roma. Ha vissuto per diversi anni in Irlanda, dove ha lavorato come lettrice presso il dipartimento di italianistica dello University College Dublin. Ha tradotto una quarantina di libri di narrativa. Tra gli autori da lei tradotti: Ali Smith, A.L. Kennedy, Stanley Elkin, J.G. Ballard, Martin Amis e Don DeLillo. Ha anche curato la revisione delle traduzioni in italiano di autori quali David Foster Wallace, Jonathan Franzen e Thomas Pynchon.
Silvia Pareschi: lavora come traduttrice letteraria da più di dieci anni. Fra gli autori da lei tradotti, oltre a Jonathan Franzen (tra i tanti titoli, citiamo Le correzioni, Einaudi 2002, e Libertà, Einaudi 2011), figurano Cormac McCarthy (Il guardiano del frutteto, Einaudi 2002), Don DeLillo (Cosmopolis, Einaudi 2003, Running Dog, Einaudi 2005), Amy Hempel (Ragioni per vivere. Tutti i racconti, Mondadori 2009), Nathan Englander (Il Ministero dei casi speciali, Mondadori 2009), Junot Díaz, E. L. Doctorow, Denis Johnson, Annie Proulx, David Means e T. C. Boyle. Attualmente sta traducendo Love in a Cold Climate di Nancy Mitford. Vive a metà fra l’Italia e San Francisco, insieme al marito, l’artista e scrittore Jonathon Keats, di cui ha tradotto in italiano una raccolta di racconti, Il libro dell’ignoto. Quando è negli Stati Uniti, oltre a tradurre, insegna italiano agli americani. Dopo la laurea in Lingue e Letterature Straniere, ha seguito il Master in Tecniche della narrazione alla scuola Holden di Torino. Durante un seminario sulla traduzione, è stata notata dalla docente, Anna Nadotti, che l’ha segnalata alla casa editrice Einaudi. È stata quindi “scoperta” da Marisa Caramella, l’editor che le ha affidato la sua prima traduzione in assoluto, Le correzioni di Jonathan Franzen. Il suo blog è  http://ninehoursofseparation.blogspot.com
Obiettivi del laboratorio: lo scopo di questo laboratorio di aggiornamento professionale è il confronto. Confronto con chi ha tradotto molto e autori impegnativi, con il testo, con le proprie capacità, con chi ha sempre voglia di crescere e migliorarsi. Questo laboratorio vuole essere un esperimento creativo per chi ha voglia di affrontare la letteratura nella sua concretezza. Per chi ha voglia di aggiornarsi con le parole, attraverso le parole.
A chi si rivolge: considerando la complessità dei brani affrontati, il lavoro è adatto soprattutto a chi ha già qualche esperienza di traduzione. Non è d’obbligo che questa esperienza sia in campo editoriale o letterario. La natura di questo laboratorio è puramente artigianale: la voglia di confrontarsi, in modo aperto e non accademico, con i testi, i traduttori e gli altri partecipanti è l’unico requisito indispensabile.

lunedì 19 marzo 2012

Giù le mani dal latte!

"Saverio, puoi dare tu il latte al bambino?"
Al momento di correggere questa frase del tutto innocua (esercizi di grammatica sui verbi modali. "Può" viene spesso pronunciato "puah"), i miei studenti mi guardano con gli occhi sgranati. Cosa c'è di strano, penso, qui gli uomini sono ben più abituati che in Italia ad aiutare in casa, no?
E poi mi viene in mente. Lo stramaledetto latte. Faccio un profondo respiro e spiego: "Ok, latte in italiano non vuol dire quello che pensate voi". Occhi ancora più sgranati. "If you ask for a latte in Italy, you don't get coffee with milk. What you get is a glass of milk".

Io bevo di rado il caffè fuori casa, e ancora più di rado metto piede da Starbucks (il principale responsabile del fenomeno linguistico che definirei "furto del latte"), e così non avevo ben chiaro quanto il "nuovo" significato del latte fosse diffuso da queste parti. Sì, perché è vero che sul menu di Starbucks c'è scritto Caffè Latte, ma per comodità si è cominciato a chiamarlo "Latte", e ora tutti pensano che anche in Italia quella broda marroncina si chiami latte.

Tempo fa avevo letto un interessante articolo sul "New Yorker" che parlava della cultura del caffè in America (l'articolo ripercorre le "tre fasi" del caffè negli Usa: da Maxwell House a Starbucks all'attuale ondata di caffè gourmet da fighetti, dove la gente si mette in coda per bere una tazza di caffè proveniente da una specifica piantagione in una specifica annata con una specifica tostatura, preparato con un metodo specifico che richiede qualcosa come dieci minuti per tazza. Questi locali, come il Blue Bottle di Oakland e San Francisco, hanno lunghi menu, cupping rooms per la degustazione e prezzi che partono da $6 a tazza). 
Il caffè gourmet
Leggendo l'articolo - che il "New Yorker" ha messo online solo per gli abbonati, ma che qualcuno ha postato ugualmente qui - mi ero stupita di come i famosi fact-checkers della rivista avessero lasciato passare frasi come: "in 1983, during a business trip to Italy, he [Howard Schultz, CEO di Starbucks] tried latte for the first time"; e: "He retells the story of his magical trip to Italy, and talks about the country's seductive espresso-bar culture. But one drink is conspicuous by its absence from the story: latte".



Giù le mani dal latte!
A parte le baggianate come "his magical trip to Italy", sembrava proprio che a nessuno fosse venuto in mente che la parola "latte" potesse significare qualcosa di diverso da quella broda marroncina.

Ora, io adoro la creatività dell'inglese, e mi fanno simpatia persino parole dal suono non proprio musicale come "frappuccino", perché credo che ognuno sia libero di inventarsi le parole che vuole. Ma rendermi conto che un intero paese è convinto che in Italia  chiamiamo latte quella broda marroncina mi ha suscitato, diciamo, una certa perplessità.

venerdì 9 marzo 2012

Il linguaggio dei gesti


Quando insegno l'italiano cerco sempre di far divertire gli studenti. La grammatica li uccide, e in effetti, anche usando tutti i più moderni metodi d'insegnamento, bisogna ammettere che la grammatica rimane sempre un argomento ostico. Quella italiana in particolare.

E allora comincio con i gesti. Banale, direte voi. Certo, però loro nel frattempo si divertono e io mi rendo conto che non è sempre facile spiegare a parole un linguaggio così complesso. L'italiano è ricco sia di gesti mimici (quelli che vengono compiuti per accompagnare un termine o una frase durante una conversazione: per esempio il gesto di mostrare o indicare il polso quando si chiede l’ora) sia di gesti simbolici (quelli che sostituiscono la parola o ne  alterano il significato: si pensi al gesto delle corna mentre si parla della fedeltà di un uomo o di una donna).
Queste tavole le trovate QUI
A quanto mi è sembrato di notare, il vocabolario dei gesti degli americani, che naturalmente è molto più limitato del nostro, comprende in maggioranza gesti mimici, e così i gesti simbolici li divertono particolarmente. 

I gesti volgari cerco di evitarli, ovviamente, anche se a volte mi lascio andare a mostrare quello dell'ombrello, perché insomma, d'altronde lo faceva anche Sordi.

Uno dei più difficili e ricchi di sfumature è proprio il classico "che vuoi" della foto in alto, presa dalla copertina del delizioso libriccino di Bruno Munari Supplemento al dizionario italiano. Perché sì, vuol dire "che vuoi", ma non solo: è una specie di generico punto interrogativo indispettito/annoiato, che si può usare nel senso di "ma cosa stai dicendo", ma anche, per esempio, di "dove diavolo eri finito" quando qualcuno arriva tardi a un appuntamento. Eppure non è una generica domanda, e non si può usare, ad esempio, per chiedere "che ore sono"; e naturalmente non si applica a tutti i contesti, quindi meglio non usarlo, durante una cena, per chiedere "che vino vuoi?" (Tutte cose lapalissiane per un italiano, ma non per un americano.)
Importanti sono anche la posizione della mano (molti tendono a farlo tenendo il braccio allungato) e l'espressione del viso, che non può essere sorridente se non vogliamo vanificare l'effetto.

Un gesto difficile da padroneggiare, insomma, ed è per questo che ho provato una certa soddisfazione quando una mia studentessa mi ha racontato di averlo usato in un ristorante italiano con servizio pessimo, accogliendo così, con perfetta padronanza filologica, il cameriere che finalmente si era degnato di servirla.

mercoledì 16 novembre 2011

Quarta e ultima chiacchierata alla Scuola Holden: Amy Hempel & Jonathon Keats

Domani alle 14.30 la Scuola Holden ospiterà la mia ultima chiacchierata sulla traduzione. Questa volta toccherà a Amy Hempel, di cui nel 2009 ho tradotto le Collected Stories (uscite con in Italia con il titolo Ragioni per vivere). Di Amy Hempel ho parlato QUI.


E per finire non poteva mancare una chiacchierata dal vivo con Jonathon Keats, autore de Il libro dell'ignoto nonché mio consorte


Sul libro di Jonathon, visto che le lodi da parte mia potrebbero sembrare, ehm, interessate, vi rimando a questo articolo di Benedetta Tobagi, a questa intervista di Giusi Meister, a questa recensione di Maria Sepa e ad altre recensioni che potete trovare qui

mercoledì 9 novembre 2011

La mia terza chiacchierata alla Scuola Holden: Denis Johnson e Junot Díaz

Oggi con gli allievi della Scuola Holden di Torino parleremo di slang, del gergo dei soldati nel Vietnam di Albero di fumo e dello Spanglish del "ghetto-nerd" Oscar Wao.

Di Albero di fumo e Denis Johnson ho parlato QUI, QUI e QUI.

Di Junot Díaz e di La breve e favolosa vita di Oscar Wao ho parlato QUI. Per chi volesse leggere qualcos'altro su questo libro straordinario, QUI trovate la rassegna stampa di Oblique.

Buona lettura!

venerdì 21 ottobre 2011

Una chiacchierata su "Le correzioni"

Come piccola "coda" alla chiacchierata che ho tenuto ieri alla scuola Holden, ecco un piccolo brano da Le correzioni. Venerdì 28 tornerò a Torino a parlare di Libertà.

“La razza umana aveva ricevuto il dominio della terra e aveva colto l’occasione per sterminare le altre specie, per riscaldare l’atmosfera e in genere per rovinare le cose a propria immagine e somiglianza, ma aveva pagato un prezzo per i suoi privilegi: il corpo animale limitato e specifico di questa specie conteneva un cervello capace di concepire l’infinito e di voler essere infinito a sua volta.”
(Jonathan Franzen, Le correzioni, Einaudi 2002, pag. 490)


lunedì 3 ottobre 2011

Vado in Italia a parlare un po' di traduzione

È arrivato il momento di ripartire. Martedì mi imbarcherò (nel tardo pomeriggio: urrà! Stavolta niente trauma da risveglio precoce!) per il lunghissimo, interminabile viaggio verso l'Italia. Il giorno in cui potrò permettermi un biglietto di business class, smentirò lo stupido proverbio secondo cui il denaro non darebbe la felicità. 

Saluto San Francisco, che rivedrò fra poco meno di tre mesi.
 


 















E saluto i miei amici pappagalli (di cui ho parlato qui), che proprio in questi giorni sono tornati sul melo di fronte alla mia finestra.

 


In questi mesi andrò alla Scuola Holden a parlare di traduzione. Parlerò di autori americani, che sono quelli che traduco più spesso. Di Jonathan Franzen, prima di tutto. Ma anche di  Don DeLillo, Junot Díaz, Denis Johnson e Amy Hempel. E poi magari anche di altri.

Sarò a Torino il 20 e il 28 ottobre, e poi il 10 e il 17 novembre. Se passate di lì, venite a salutarmi.

giovedì 1 settembre 2011

Eros italiano

Gli americani, si sa, amano l'Italia. Qui a San Francisco c'è una passione smodata per tutto ciò che è italiano (seconda solo alla passione per tutto ciò che è francese), e ogni volta che dico "sono italiana" la reazione dell'interlocutore è un profondo sospiro, accompagnato da uno sberluccicare d'occhi e dalla frase di rito: "Ah, Italy! Florence, Rome, Venice..." Ogni tanto, ma di rado, trovi qualcuno che è stato addirittura a Torino o a Genova, e allora capisci che quelli sono i veri intenditori (tipo un italiano che va a visitare Kansas City o Seattle).

Le mie brave e simpatiche allieve del corso elementare di italiano sono naturalmente fanatiche dell'Italia. Una ha un fidanzato italiano, un'altra vuole andare in pensione in Italia, un'altra sta per comprare una casa in Emilia Romagna (che pare essere l'ultima frontiera, dopo la Toscana, l'Umbria e le Marche). La futura proprietaria di una casa in Emilia è anche appassionata di musica italiana (un po' tutte, a dire la verità. Trovo strano che, nella gamma dei beniamini, da Pavarotti a Ramazzotti, da Pausini a Nannini, persino Paolo Conte per le più raffinate, non rientri mai Fabrizio De André), e di Eros Ramazzotti* in particolare. L'altro giorno ne parlava tutta infervorata, e alla fine ha esclamato: "Holy Guacamole, Italian men are HOT!

La prossima volta vorrei farle notare che "holy cannoli" sarebbe più appropriato. 

*E comunque non ho capito perché il traduttore automatico di Google mi scrive "Kylie Minogue" al posto di "Eros Ramazzotti". [La seconda volta che ho provato, ha scritto giusto "Eros Ramazzotti", però ha messo "Elvis" al posto di "Paolo Conte". Forse è un gioco...]

martedì 12 luglio 2011

Primo giorno di scuola (con una vignetta d'eccezione)


La vignetta è - udite, udite - di Flannery O'Connor. Il libro che raccoglie tutta la sua produzione a fumetti, intitolato Flannery O'Connor: The Cartoons, verrà pubblicato in dicembre da Fantagraphics. Ne parla il Guardian qui. 

Le allieve del corso intensivo Elementare 1 sono brave. Hanno capito subito le concordanze nome-aggettivo e il verbo essere. Con le c e le g dure e dolci ci azzeccano che è un piacere. Nessuna legge OGAI anziché oggi, come pare che facciano alcuni. Insomma, speriamo che almeno il corso serale mi regali qualcosa da raccontare!