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mercoledì 20 luglio 2011

Un'appendice alla Green Card Story: il Social Security Number

Una volta ottenuta la Green Card, tocca adesso al Social Security Number, quella specie di codice fiscale necessario per lavorare, sottoscrivere un'assicurazione e mille altre cose.

Capire cosa bisogna fare per ottenerlo non è stato semplice. I due diversi siti ufficiali della Social Security Administration non sono per niente chiari, e non si capisce se occorre portare, oltre ai soliti documenti e a un modulo compilato, anche il certificato di nascita originale (che non serve neppure per ottenere la Green Card). Uno dei due siti afferma che il certificato è necessario, mentre l'altro dice che "potrebbe essere richiesto". Cosa vuol dire "potrebbe"?
Ho provato a telefonare, ma quando telefoni per chiedere come ottenere il Social Security Number ti risponde la solita vocina meccanizzata che ti impedisce di accedere al servizio se prima non inserisci il tuo Social Security Number. 
Ho provato a chiedere all'avvocato, che però ne sapeva meno di me.
Poi finalmente ho avuto l'idea geniale di far telefonare mio marito, il quale, dotato di Social Security Number, ha potuto parlare con un impiegato vero e farsi spiegare che no, il certificato di nascita non è necessario. Bastano il passaporto, la Green Card e l'Advance Parole (in pratica, tutte le prove della propria identità che si possono portare).

Così questa mattina ho fatto una passeggiata fino all'ufficio della Social Security Administration in Kearny Street, dalle parti di Chinatown. Avevo sentito storie di code apocalittiche, e invece, come mi è capitato finora con tutte le pratiche burocratiche americane, è filato tutto liscio. Poca gente, come al solito tutti cinesi, e un'attesa di dieci minuti prima di andare allo sportello, consegnare i documenti e sentirmi dire che il tesserino mi arriverà per posta nel giro di un paio di settimane.

Nel frattempo ho ascoltato i dialoghi (quelli non in cinese, naturalmente), quelli sì un po' apocalittici,  fra un impiegato cinese e alcune persone in attesa. Argomento: licenziamenti e disoccupazione. E poi, per fortuna, anche questo:
Impiegato a una signora: - Quanti anni ha tua madre, centodieci?
Signora (ridendo come se avesse appena sentito un'assurdità): - NOOO!- E poi, in tono normale: - Centoquattro.

giovedì 7 luglio 2011

Ritorno a San Francisco

Durata del viaggio "da porta a porta": 24 ore e 30 minuti. Entità del jet lag: massima.

L'emozione di entrare per la prima volta negli Usa dalla fila per i "cittadini" all'aeroporto di New York? Completamente offuscata dal nervoso di aver dimenticato la stecca di sigarette del Duty Free sull'aereo. Quando viene il mio turno, l'agente dell'Immigrazione guarda la mia tessera dell'Advance Parole e gentilmente dice che lui quella roba non l'ha mai vista, non ci capisce niente e deve mandarmi nell'ufficio sul retro, dove sono più competenti e hanno computer migliori. Lì dentro, infatti, un altro agente, dopo aver guardato di nuovo la mia tessera scuotendo la testa e mormorando "What the fuck" con un'aria da Robert De Niro in Taxi Driver, mi chiede gentilmente quanto tempo sono stata via e se non ho ancora ricevuto la Green Card, perché il suo computer gli dice che è stata già rilasciata. Dopodiché, senza aggiungere altro, mi lascia andare.

All'interno, ormai in territorio statunitense, trovo un'impiegata della Delta con l'aspetto fisico e il carattere di uno dei vecchietti del Muppet Show, che nel giro di mezz'ora mi fa recuperare la stecca di sigarette, consentendomi un risparmio totale di 75 euro (i 35 della stecca più i 40 della medesima stecca comprata online a prezzo stracciato qui negli Usa) e rendendomi finalmente felice.

Ieri sera, arrivando finalmente a casa, ho trovato la Green Card nella buca delle lettere: spedita l'8 giugno, due giorni dopo la mia partenza per l'Italia! Eccola, con le doverose cancellazioni salva-privacy.

Qui naturalmente c'è la nebbia e fa freddo, ma sarò così impegnata che me ne accorgerò appena.

Infatti sto traducendo questo.
E poi questo.
E presto comincerò a insegnare italiano qui.

Insomma, io ci proverò a non trascurare troppo il blog, ma non garantisco niente. E adesso vado a fare un po' di yoga perché la mia schiena urla.


giovedì 9 giugno 2011

Go celebrate!


I just got an email from the lawyer. It says...

"Congratulations!  You got your green card! Go celebrate!"

Well... we will!!! 

Total time from wedding to green card: 4 months
Wow, that was FAST!

domenica 5 giugno 2011

Dai colibrì alle cince: si parte!

Che traduttrice di Franzen sarei, se non fossi un'ornitofila? Ho impiegato parecchio tempo per convincere i colibrì a venire all'abbeveratoio che ho appeso alla finestra. Quattro parti di acqua, una parte di zucchero e molta pazienza, ma dopo un po' eccolo arrivare, con quelle ali che frullano velocissime (dai 40 agli 80 battiti per secondo) e ronzano come quelle di un calabrone. Rimane sospeso per qualche istante, poi infila il lungo becco nel foro, succhia, si tira indietro, succhia ancora un po' e poi vola via, così veloce che sembra scomparire nel nulla. 
È un Ruby-throated hummingbird (Archilocus colubris), una delle dodici specie di colibrì presenti in California. Insieme ai pappagalli viene davanti alla finestra ad allietare le mie ore lavorative.   
Domani parto all'alba, il solito viaggio massacrante di quasi 24 ore che mi riporterà in Italia. E lì  ritroverò le mie amiche cince. Molto meno poetiche dei colibrì nei loro gusti alimentari, le cince vanno matte per le palle di grasso. Questa volta non avrò il piacere di vederle mangiare, perché da noi gli uccelli vanno riforniti di cibo extra solo in inverno. Però sono sicura che verranno a salutarmi.

Cinciarella con palla di grasso

sabato 4 giugno 2011

La lunga marcia verso la Green Card/6: Il colloquio

Incontriamo l'avvocato da Starbucks un'oretta prima del colloquio, per le ultime raccomandazioni. Per distrarci, evidentemente, il nostro Clark Kent decide di raccontarci alcune orribili storie di perseguitati politici fuggiti da atroci dittature un istante prima di venire trucidati. Gli sono grata, perché in effetti solo un racconto così agghiacciante può distogliermi dall'ossessiva ripetizione del numero di telefono e del codice postale, che non riesco a ricordare neanche se mi prendo a martellate in testa.
All'ora prestabilita passiamo il metal detector ed entriamo nell'edificio. Dopo un'attesa non troppo lunga, durante la quale l'avvocato si informa - tra il divertito e lo scandalizzato - sulle ultime imprese di Berlusconi, vengo chiamata per l'interrog... pardon, il colloquio. Parto decisa, lasciando indietro i due uomini e pensando: "Tieni la testa alta, sorridi e fai la disinvolta con classe". Almeno non penso più al codice postale (ricordarsi un numero in un'altra lingua è molto più difficile, provare per credere).
La funzionaria non sorride per niente. Tanto per cominciare si incupisce appena vede che sul mio passaporto non c'è il form comesichiama verde, quello che di solito ti appiccicavano sul passaporto all'ingresso nel paese. Non sono sicura, ma mi sembra che da quando hanno introdotto l'ESTA il coso verde non lo appiccichino più, ma lei mi sembra che ignori l'esistenza dell'ESTA, e così decido di non insistere. 
Le domande vertono soprattutto su quando e dove ci siamo conosciuti, e sulle prove che possiamo portare a sostegno della nostra storia. Niente dentifricio né codice postale. Ben presto la scrivania della funzionaria si riempie di foto, biglietti di auguri per il matrimonio, libri, articoli, buste indirizzate a entrambi, assicurazioni e documenti vari. Nel frattempo Jonathon tenta disperatamente di far ridere la funzionaria, e alla fine, con una mossa a sorpresa, la invita al barbecue che la sua famiglia ha organizzato in agosto per festeggiare il matrimonio. Ce l'ha fatta: la funzionaria ride!
Poi mi dice che presto riceverò la green card per posta. Ma prima che io riesca a elaborare del tutto il significato della frase, e a gioirne adeguatamente, si corregge. Se la mia richiesta verrà approvata, cioè. E poi prende un foglio e mette una crocetta sulla casella "Further review" (subito sopra quella che dice "Your request has been approved"). E ribadisce che vuole dare un'altra occhiata alla documentazione prima di decidere. Però almeno nel frattempo posso tornare in Italia con il mio Advance Parole.
Fuori, l'avvocato ci assicura che siamo andati bene e che si tratta solo di una formalità. Però, (inserire imprecazione a piacere), la lunga marcia non è ancora finita!

venerdì 3 giugno 2011

La lunga marcia verso la Green Card/5: Pronti per il colloquio



  • Foto di coppia (del matrimonio e precedenti)  
  • Scambi epistolari   
  • Buste indirizzate a me all'indirizzo coniugale  
  • Abbonamento a Netflix a nome di entrambi   

E speriamo che non mi chiedano che dentifricio usa... 
 

domenica 22 maggio 2011

La lunga marcia verso la Green Card/4: Il colloquio si avvicina

Come qualcuno di voi saprà (e chi volesse un riassunto può trovarlo nella serie di post con l'etichetta Green Card Story), la famosa interview matrimoniale è programmata per venerdì 3 giugno.

L'avvocato, per rincuorarci, ci ha anticipato alcune delle possibili domande (che però, ha detto, sono imprevedibili: "possono chiedervi qualsiasi cosa.")
  • Da che parte del letto dormite (Facile? Mah, non saprei. E se io rispondo guardando il letto di fronte e lui guardandolo di spalle?)?
  • Che macchina avete (non l'abbiamo)?
  • Qual è il programma Tv preferito di suo marito (non abbiamo la Tv)?
  • Qual è il suo autore preferito (e se io rispondo Bret Easton Ellis e lui risponde Tolstoj? Sono vere entrambe)?
  • Che marca di dentifricio/shampoo/bagnoschiuma usa (ma ti pare che mi ricordo la marca del dentifricio/shampoo/bagnoschiuma? Ma che cavolo di domanda è?)?
Per non parlare delle domande su quando/come/dove è stato consumato il matrimonio, che all'avvocato, malgrado dicesse di non voler sapere la risposta, sembravano piacere particolarmente. Ci ha persino raccontato di una coppia fasulla che venne scoperta perché alla domanda "quando?", lei rispose "la prima notte", e lui rispose "mai".

Insomma, qui tutti mi dicono di non preoccuparmi. E chi si preoccupa? Sono tranquillissima!

mercoledì 11 maggio 2011

A little update on the Green Card and a postcard from New York


How boring, how banal is it to say that New York is beautiful? One of the most boring and banal things in the world. But still, I will say it out loud.

This is the ultimate authoritative advice from a lawyer that settled the whole question (together with suggestions from friends and commments by readers of the blog, for which I was particularly happy): 
"Rescheduling is definitely possible but it creates potential problem if the lower-level government employee who will handle the rescheduling let it fall through the crack, then your application will take a long time (horrible stories went around that it may take months or even years). So if it is not absolutely necessary, do not reschedule." 

So, okay, I'll stay here and have the interview on June 3rd. Here is some advice from another website: "Dress neatly, professionally, and even conservatively. Don't wear T-shirts or jewelry with slogans or symbols that might make the officer wonder about your lifestyle or morals. However, don't overdo like wearing a tie covered with American flags or keep making comments about how great the USA is, how you would be a member of a great society." I'll remind Jonathon not to wear his American-flags covered bowtie...

Anyway, I'm having a great time here, meeting dear friends that I get to see only once a year or so, and I've just learned that a beloved friend of mine will come to the opening. (and I'll go to her reading). Life is good, as she likes to say.

And if I don't get to see my lake in May, well, I will see it in June!




martedì 10 maggio 2011

La lunga marcia verso la Green Card/3: Grande è la confusione sotto il cielo

Dopo la “cattura” dei dati biometrici (che ho raccontato qui) mi sono rimessa in attesa del famoso advance parole, ovvero il permesso di viaggio con il quale sarei potuta tornare in Italia. Secondo le statistiche ufficiali, in California il permesso di viaggio/permesso di lavoro viene rilasciato dopo circa tre mesi dall’inizio delle procedure per la richiesta della green card. Nel mio caso, quindi, sarebbe dovuto arrivare verso l’inizio di giugno. L’avvocato ci aveva avvisati (l’unico caso, finora, in cui ha dimostrato di sapere qualcosa) che era in corso una riforma della procedura, e che questo avrebbe potuto comportare un’accelerazione come anche un rallentamento nel disbrigo della mia pratica. Quale delle due, non gli era possibile saperlo (che strano).
Fatto sta che mercoledì scorso, meno di una settimana prima della partenza per New York (dove rimarrò dal 9 al 16 maggio), ho ricevuto per posta (niente raccomandate, tanto qui le poste funzionano) la convocazione per la famosa e temutissima interview (data: 3 giugno). Chi di voi ha visto il film Green Card (tutti tranne me, a quanto pare, e non ho certo intenzione di vederlo adesso) sa di cosa sto parlando. Quell’agghiacciante interrogatorio di coppia in cui l’Officer ti può chiedere di tutto, dal nome della nonna paterna di tuo marito alla marca delle sue mutande (del marito, ma se gli gira, perché no, anche della nonna), per poi decidere insindacabilmente (anzi, no, se la prima interview va male te ne fissano una seconda: qui c’è la lista delle centinaia di possibili domande di approfondimento per chi viene rimandato) se il vostro è un matrimonio vero oppure una truffa.
Ora, in teoria, secondo la procedura standard, le cose sarebbero dovute andare così: 1) avvio della procedura; 2) ricevimento del permesso di viaggio/lavoro dopo tre mesi; 3) convocazione per l’interview dopo circa un anno dall’inizio della procedura.
Invece a quanto pare è cambiato tutto, ed ecco che la convocazione per l’interview mi arriva dopo due mesi, addirittura prima del permesso di viaggio!
Confusione totale.
L’avvocato ovviamente cade dalle nuvole e dice che dev’essere per via di questa nuova procedura, e che adesso probabilmente il buon vecchio advance parole non lo riceverò neppure. Quello che devo fare, secondo lui, è presentarmi all’interview, superarla e farmi mettere un timbro che mi permetterà di viaggiare da quel momento stesso. Unico problema: se non passo l’interview al primo colpo e devo ripresentarmi una seconda volta, rimango di nuovo bloccata.
Tutto questo, dicevo, è successo mercoledì.
Venerdì pomeriggio ho ricevuto per posta l’advance parole.
Ora, non starò a spiegare la miriade di contrattempi a catena che tutti questi eventi inaspettati mi stanno provocando. Mi limiterò a dire che, fra tutte le possibilità prese in considerazione mentre tentavo di prendere una decisione alla cieca riguardo al mio incerto futuro prossimo, c’è stata per un momento anche quella di rimandare la terrificante interview. “It’s not a big deal”, diceva l’ineffabile avvocato: non è un problema, si può fare benissimo. Io, che ormai mi fido dell’avvocato come delle poste italiane, ovviamente sono andata a controllare. Ebbene, su internet si trova non solo una sfilza di forum giuridici che sconsigliano tassativamente di rimandare l’interview, ma anche un bel documento ufficiale del Department of Homeland Security che spiega che il richiedente deve dimostrare di avere una “good cause” per volerla rimandare. Insomma, cosa potrei raccontare all’Officer? Che ho nostalgia della mamma? E all’avvocato, soprattutto. Cosa gli dico, all’avvocato?

venerdì 15 aprile 2011

La lunga marcia verso la Green Card/2: La cattura dei dati biometrici

Innanzitutto un po' di terminologia.
Dopo aver cominciato le procedure per la Green Card (che se tutto va bene dovrebbe arrivare nel giro di un anno, dopo il famoso interrogatorio per decidere se gli sposi sono una coppia vera oppure una truffa), la prima cosa che si fa è prenotare una visita dal Civil Surgeon (della visita ho già parlato qui e qui).
Il termine "civil surgeon", ovvero "chirurgo civile", viene usato solo nel contesto delle procedure per l'immigrazione, e infatti nessun americano lo ha mai sentito. Se cercate su WikiAnswers, alla domanda "cosa si intende per chirurgo civile", la risposta è "potrebbe trattarsi di un chirurgo beneducato, oppure di un chirurgo che lavora per la popolazione civile invece che per quella militare". Fra l'altro in genere non si tratta neppure di un chirurgo, bensì di un medico autorizzato dal Department of Homeland Security (eh già, sono proprio loro che si occupano dell'immigrazione) a svolgere le analisi e le vaccinazioni necessarie per l'ottenimento della Green Card.
Prima della Green Card, però (sempre se tutto va bene) il candidato riceverà un permesso di lavoro e un permesso di viaggio temporanei. Il permesso di viaggio, quello che ti permette di uscire dal paese (cioè, volendo puoi uscire lo stesso, però quando rientri devi ricominciare tutta la procedura da capo. E quando sei in mezzo a questo tipo di procedure è sempre meglio tenere un profilo basso e non farti troppo notare) si chiama Advance Parole. Si tratta di un altro nome che gli americani non hanno mai sentito,  e quando lo sentono rimangono sbalorditi. Ecco infatti cosa riporta il dizionario per "parole": "libertà sulla parola, liberazione o scarcerazione sulla parola, liberazione condizionale; to be out on parole: essere in libertà sulla parola; periodo di libertà sulla parola". Insomma, quella che noi chiamiamo "libertà provvisoria". Che in questo caso è "advance", cioè anticipata. Bontà loro.
A questo punto, una volta affrontata la visita medica, dopo qualche settimana di attesa arriva un documento che ti convoca perché "you must have your biometrics captured". Ed è quello che ho fatto l'altro giorno, presentandomi alle nove del mattino allo USCIS Application Support Center di San Francisco per farmi catturare i dati biometrici.
Ebbene, è stata un'esperienza fantastica! La "cattura" delle mie impronte digitali e della mia foto ha richiesto in tutto una decina di minuti, durante i quali la gentilissima addetta ha fatto in tempo a chiedermi la ricetta della carbonara (però mi sono dimenticata di dirle che il bacon va tagliato a dadini. Temo che cucinerà una carbonara con il bacon a strisce), a portarmi la guida del telefono perché nell'ansia non riuscivo a ricordarmi il numero di casa mia, e a chiedermi due volte se ero proprio sicura che la foto andava bene (in effetti era orrenda, ma io non vedevo l'ora di finire e andarmene). Insomma, non mi sono mai trovata così bene in un ufficio pubblico! Dipenderà forse dal nome, visto che "centro di assistenza" suona molto più amichevole di chirurgo civile o libertà provvisoria, oppure da quei bigliettini gialli che ti fanno compilare all'uscita, dove ti chiedono di dare voti al servizio ricevuto (Excellent! Excellent! Excellent!), e come al solito ti ringraziano della collaborazione ("Thanks for Your Cooperation"), ma devo ammettere che mi sono addirittura commossa. Quasi quasi ci ritorno e mi faccio rifare la foto.

lunedì 7 marzo 2011

La lunga marcia verso la Green Card/1: L'avvocato

                                                                                 Oggi comincia il conto alla rovescia. Venerdì siamo stati dall'avvocato, abbiamo consegnato tutti i documenti, firmato tutto il firmabile, e oggi dovrebbe partire la procedura. Jeff, il mio immigration lawyer, è un tipo giovane, con una bella faccia pulita (sembra un po’ Clark Kent, intrappolato nei suoi panni “borghesi” dopo la sparizione delle cabine telefoniche – e di ogni tipo di telefono pubblico – in seguito all’avvento dei cellulari), che si occupa prevalentemente di rifugiati politici (dev'essere per questo che ha accettato di seguire il mio caso). È gentile e rilassato, in perfetto stile Berkeley. Mi ha spiegato che proprio in questi giorni il governo ha introdotto una nuova procedura per il rilascio del permesso di viaggio + lavoro, e questo potrebbe essere una fortuna oppure una sfortuna per quanto riguarda il tempo d'attesa (tutto dipende se la nuova procedura funziona bene da subito oppure no), che comunque, ha confermato, è in genere di tre mesi (durante i quali, lo ripeto per chi avesse perso le puntate precedenti, non potrò lasciare il paese, pena l'annullamento di tutte le pratiche svolte finora e l'obbligo di ricominciarle da capo). 
Questi sono i documenti che ho dovuto presentare (il marito, dichiarazione dei redditi alla mano, deve soprattutto dimostrare di poter mantenere la moglie. Immagino che valga anche l'opposto, quando la moglie è americana):
  1. Certificato di nascita (fotocopia da me tradotta, traduzione autenticata in loco dal mio amico Sandro che, in qualità di italiano, ha scritto in calce al documento che era tutto vero).
  2. Risultati della visita del Civil Surgeon consegnati in busta chiusa.
  3. Certificato di matrimonio.
  4. Svariate foto di coppia prima e durante le nozze.
  5. Email della coppia che testimonino l'esistenza di una relazione antecedente alle nozze.
  6. Altre prove miste della suddetta antecedenza (l'avvocato ha particolarmente gradito il libro di mio marito tradotto da me e a me dedicato).
C'è stata poi la solita serie di domande che vengono rivolte anche ai turisti, più altre ancora (se sono comunista, terrorista, prostituta, se ho mai ucciso qualcuno, se ho mai favorito l'immigrazione illegale...). L'avvocato mi ha anche chiesto se facessi parte di qualche organizzazione o associazione, e alla mia risposta negativa mi ha guardato perplesso. "Perché, non va bene?" gli ho chiesto. E lui: "Sembra un po' strano..." Allora mi sono ricordata di avere nel portafogli la tessera della Lipu: salvata dai miei amati uccellini!

Infine Jeff ha proceduto a terrorizzarmi spiegandomi che circa sei mesi dopo l'ottenimento della green card provvisoria verremo chiamati per l'agghiacciante interrogatorio (sì, come quello del film, che a quanto pare siamo gli unici a non aver visto), nel quale potranno venire poste anche domande molto intime. Non vedo l'ora.

venerdì 25 febbraio 2011

Visita medica per la green card - seconda parte

Dopo essere tornata al centro medico una seconda volta per controllare, dall’evoluzione della puntura sul braccio, che non avessi la tubercolosi (da quel che ho capito: normale livido = negativo; alone rosso = positivo), ieri ci sono tornata per la terza volta per ritirare gli esiti delle analisi del sangue, documento indispensabile per cominciare le pratiche per la green card, e soprattutto per ottenere, nel giro di circa tre mesi, il permesso di lasciare il paese (il famoso Advance Parole).
Dopo un altro rapidissimo interrogatorio da parte di un’altra infermiera, che questa volta mi chiede se fumo, bevo alcol, caffè o tè, il dottor Li entra nello studiolo, guarda le mie carte e dice con aria preoccupata che c’è un problema. Io, che ormai pensavo di poter andar via tutta contenta con la mia pratica firmata, lo guardo con orrore. Il problema, prosegue il dottor Li, è che non solo non sono risultata immune alla rosolia e al morbillo, ma soprattutto non sono ancora arrivati i risultati del test sulla sifilide. L’appuntamento per il ritiro delle analisi è stato preso “a little aggressively”, aggiunge, descrivendo così, in modo generosamente pittoresco, le mie furibonde insistenze per ricevere al più presto i risultati (e poter così finalmente dare inizio alla benedetta procedura). Non c’è niente da fare, oggi può vaccinarmi per le malattie infantili che non ho avuto da piccola (e che mai più avrei avuto in vita mia, penso io), ma dovrò tornare la settimana prossima per ritirare gli esiti finali, scoprire che non ho la sifilide, e soprattutto andarmene via con tutte le carte da lui compilate e firmate, che confluiranno nel pacchetto di documenti necessari all’avvio della pratica. Il dottor Li è gentile, si scusa quasi per il fatto che le vaccinazioni siano a pagamento, e d’altronde c’è ben poco da fare. Mentre l’infermiera mi punge il braccio, vedo tristemente la data del mio rientro in Italia slittare avanti ancora di qualche giorno.
Questa volta pago solo le vaccinazioni, perché le due visite mediche le avevo già pagate l’altra volta: centosette dollari e settanta centesimi.

mercoledì 16 febbraio 2011

Visita medica per la green card - prima parte.

Foto da qui
Per richiedere la green card occorre un certificato rilasciato dal Civil Surgeon, termine antiquato che designa il medico autorizzato dal governo a fornire questo tipo di servizio. Dopo aver scoperto che il CS consigliato dall’avvocato era stato sospeso dall’incarico pochi giorni prima, in seguito all’accusa di malpractice (cioè di aver fatto fuori qualche paziente), abbiamo cercato il centro medico più economico della città e ieri siamo andati a fare la visita medica. Il centro, essendo economico, si trova ovviamente in una parte remotissima della città, che abbiamo raggiunto prendendo un autobus da Chinatown. Dopo un viaggio di mezz’ora in piedi, su un autobus pieno di cinesi (li ho guardati bene, i passeggeri: erano TUTTI cinesi) e con il solito autista folle convinto di essere a Indianapolis (anche lui cinese, ovviamente), arriviamo nel remotissimo quartiere (cinese) ed entriamo nel centro medico cinese. Qui l’infermiera mi fa entrare, mi misura peso e altezza, mi chiede se fumo e poi mi infila in uno stanzino e mi dice di aspettare. Dopo quarantacinque minuti di attesa arriva il dottor Li, che si scusa per il leggero ritardo e comincia a guardare il mio certificato delle vaccinazioni. Non va bene, mi dice. Manca il richiamo dell’antitetanica (ha ragione, mea culpa), ma quello me lo può fare subito. E poi devo fare il vaccino MMR: measles, mumps and rubella (morbillo, orecchioni e rosolia). E poi chickenpox, la varicella. Ah, no, quella almeno l’ho fatta, da piccola. È sicura? Certo che sono sicura, rispondo. E il MMR? Devo proprio vaccinarmi contro tutta quella roba, alla mia età? Eh, sì, non c’è niente da fare, quelli dell’Immigration sono molto severi. Intanto mi può prescrivere un test (a pagamento, of course) per vedere se sono immune a tutte quelle malattie infantili, e se non lo sono, la prossima volta mi dovrà vaccinare. (Nel frattempo mi par di sentire un rumore di suzione proveniente dal mio portafogli). Io gli dico che ho una certa fretta di ottenere i suoi certificati e cominciare le pratiche, visto che per ottenere l’Advance Parole (l’inquietante nome del permesso di viaggio) ci vogliono almeno tre mesi, e già temo che perderò il mio biglietto di ritorno per l’Italia. A quel punto il dottor Li mi consiglia di venderlo su eBay. Bene, penso. La mia pratica è nelle mani di uno che mi consiglia di vendere un biglietto aereo su eBay. Poi viene il momento della visita, cinque minuti in cui mi ausculta cuore e polmoni, mi fa stare in piedi a occhi chiusi con le mani in avanti e poi mi chiede se mi drogo, se sono depressa e se sono psicotica. Soddisfatto delle mie risposte, se ne va e manda dentro un’infermiera. Questa mi fa il test della tubercolosi e il richiamo dell’antitetanica. Devo tornare fra tre giorni, mi dice, altrimenti la prova della tubercolosi scade e la devo rifare. Se mi troveranno negativa bene, altrimenti… non ci voglio neanche pensare. Poi, esco, aspetto che mi richiamino di nuovo e vado in un altro stanzino a fare le analisi del sangue. Poi esco, imploro la receptionist di farmi avere tutti i risultati prima possibile e infine chiedo il conto. Duecentonovanta dollari. E non è ancora finita.