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giovedì 29 marzo 2012

Laboratorio di traduzione letteraria con Federica Aceto e Silvia Pareschi

Tradurre Letteratura

 

Laboratorio di traduzione letteraria

Tutti i professionisti, tutti i corsi e i laboratori di Langue&Parole formazione sono sempre stati concentrati sull’aspetto più concreto e pratico della traduzione. Ogni nostro sforzo è sempre stato dedicato all’artigianalità del tradurre: come in una bottega. I seminari, la revisione sui testi e gli incontri personalizzati sono la nostra normale pratica di lavoro.  Ora tutto questo è applicato alla parte più creativa: la letteratura. Laboratorio applicativo di traduzione letteraria, con la collaborazione di due esperte traduttrici, Federica Aceto e Silvia Pareschi. Ci avvicineremo a grandi romanzi di autori contemporanei.  Un laboratorio nel senso più vero della parola: un confronto con i testi e con i traduttori, esercizi di traduzione e testimonianze professionali. 
Informazioni: 0292888626 
Dal 10 aprile all'11 maggio 2012 
Iscrizioni aperte Euro 290,00 
Questo laboratorio vuole essere un esperimento creativo per chi ha voglia di affrontare la letteratura nella sua concretezza. Per chi ha voglia di aggiornarsi con le parole, attraverso le parole."
Struttura del Laboratorio:
Lingua di lavoro: inglese CORSO INTERAMENTE ONLINE/ELEARNING
Organizzazione: Cinque settimane di laboratorio, quattro romanzi da affrontare, quattro autori da capire, quattro incontri con chi ha lavorato sui testi, due esercitazioni di traduzione.
2 incontri con LANGUE&PAROLE: con noi sono previsti due incontri collettivi. Il primo appuntamento introduttivo agli argomenti e allo scopo del seminario; il secondo sarà invece alla fine del laboratorio come sintesi e conclusione.
4 incontri collettivi: (due con Federica Aceto e due con Silvia Pareschi) di confronto sulla traduzione dei romanzi, con esempi pratici. La storia personale di come si può capire un autore e restituire un testo

2 laboratori applicativi: degli autori proposti ogni partecipante potrà tradurre due brani (indicati a inizio del laboratorio). Dopo gli con incontri collettivi con le due traduttrici, seguirà una revisione personalizzata e un appuntamento di raffronto individuale sull’elaborato (con i revisori di Langue&Parole).
Materiale didattico e insegnanti: ogni partecipante riceverà una breve raccolta di appunti di presentazione degli autori e dei romanzi; una presentazione da parte delle due traduttrici sul loro lavoro e sulla loro esperienza legata ai testi del laboratorio.

FEDERICA ACETO
ALI SMITH, There but for the
STANLEY ELKIN, Searches&Seizures 

SILVIA PARESCHI
JONATHAN FRANZEN, The Corrections
AMY HEMPEL, At the Gates of the Animal Kingdom 
 
Federica Aceto: nata a Formia nel 1970, ha studiato Lingue e Letterature Straniere a Napoli, per poi conseguire un MA in Letteratura Anglo-Irlandese a Dublino e un Master in Mediazione Linguistica e Culturale a Roma. Ha vissuto per diversi anni in Irlanda, dove ha lavorato come lettrice presso il dipartimento di italianistica dello University College Dublin. Ha tradotto una quarantina di libri di narrativa. Tra gli autori da lei tradotti: Ali Smith, A.L. Kennedy, Stanley Elkin, J.G. Ballard, Martin Amis e Don DeLillo. Ha anche curato la revisione delle traduzioni in italiano di autori quali David Foster Wallace, Jonathan Franzen e Thomas Pynchon.
Silvia Pareschi: lavora come traduttrice letteraria da più di dieci anni. Fra gli autori da lei tradotti, oltre a Jonathan Franzen (tra i tanti titoli, citiamo Le correzioni, Einaudi 2002, e Libertà, Einaudi 2011), figurano Cormac McCarthy (Il guardiano del frutteto, Einaudi 2002), Don DeLillo (Cosmopolis, Einaudi 2003, Running Dog, Einaudi 2005), Amy Hempel (Ragioni per vivere. Tutti i racconti, Mondadori 2009), Nathan Englander (Il Ministero dei casi speciali, Mondadori 2009), Junot Díaz, E. L. Doctorow, Denis Johnson, Annie Proulx, David Means e T. C. Boyle. Attualmente sta traducendo Love in a Cold Climate di Nancy Mitford. Vive a metà fra l’Italia e San Francisco, insieme al marito, l’artista e scrittore Jonathon Keats, di cui ha tradotto in italiano una raccolta di racconti, Il libro dell’ignoto. Quando è negli Stati Uniti, oltre a tradurre, insegna italiano agli americani. Dopo la laurea in Lingue e Letterature Straniere, ha seguito il Master in Tecniche della narrazione alla scuola Holden di Torino. Durante un seminario sulla traduzione, è stata notata dalla docente, Anna Nadotti, che l’ha segnalata alla casa editrice Einaudi. È stata quindi “scoperta” da Marisa Caramella, l’editor che le ha affidato la sua prima traduzione in assoluto, Le correzioni di Jonathan Franzen. Il suo blog è  http://ninehoursofseparation.blogspot.com
Obiettivi del laboratorio: lo scopo di questo laboratorio di aggiornamento professionale è il confronto. Confronto con chi ha tradotto molto e autori impegnativi, con il testo, con le proprie capacità, con chi ha sempre voglia di crescere e migliorarsi. Questo laboratorio vuole essere un esperimento creativo per chi ha voglia di affrontare la letteratura nella sua concretezza. Per chi ha voglia di aggiornarsi con le parole, attraverso le parole.
A chi si rivolge: considerando la complessità dei brani affrontati, il lavoro è adatto soprattutto a chi ha già qualche esperienza di traduzione. Non è d’obbligo che questa esperienza sia in campo editoriale o letterario. La natura di questo laboratorio è puramente artigianale: la voglia di confrontarsi, in modo aperto e non accademico, con i testi, i traduttori e gli altri partecipanti è l’unico requisito indispensabile.

mercoledì 13 aprile 2011

Una grande scrittrice: Amy Hempel

Un'altra scrittrice che sono stata molto felice di tradurre (oltre che di conoscere, e lo dico solo perché è una persona davvero squisita) è Amy Hempel.
Tradurre Hempel, non lo nascondo, è stata un'impresa.
Paola Peroni, nella sua bella intervista pubblicata nell'ottobre 2009 sul Manifesto (in seguito all''uscita della raccolta Ragioni per vivere, da me tradotta per Mondadori e recensita, fra gli altri, da Antonio Monda su Repubblica, Mario Fortunato sull'Espresso, e Claudio Gorlier sulla Stampa, che scriveva: "Scelgo a caso un esempio davvero irresistibile nella sua apparente banalità, un racconto intitolato 'E non indurci in Penn-stazione': quattro pagine esemplari nel senso autentico della parola, ove circostanze e dialoghi occasionali lievitano quasi magicamente fino ad acquisire una valenza esemplare, capitoli degradati della Storia") descriveva così la scrittura di Amy Hempel: "la precisione del linguaggio, il ritmo della sintassi che rimandava a quello della poesia, la cesellata perfezione di ogni frase e l’introduzione di una forma narrativa frammentaria, capace di rompere con la linearità del racconto tradizionale". Tutti questi sono elementi che rendono il lavoro di traduzione molto interessante, ma anche molto complesso.

Questa è l'introduzione all'intervista rilasciata da Hempel a Tim Small per il Quinto Annuale di Narrativa della rivista Vice. 
"Innanzitutto, un breve curriculum vitae. Amy Hempel è autrice di quattro antologie di racconti, Reasons to Live (1985), At the Gates of the Animal Kingdom (1990), Tumble Home (1997), e The Dog of the Marriage (2005), le cui storie migliori sono raccolte in The Collected Stories of Amy Hempel, pubblicato nel 2006—e solo quest’anno in Italia, con il titolo Ragioni per vivere—con un’introduzione di Rick Moody che comincia, e finisce, in questo modo: “Sta tutto nelle frasi.” L’antologia—pubblicata in Italia come Ragioni per vivereTutti i racconti da Mondadori—è stata finalista al PEN/Faulkner Award, ha vinto l’Ambassador Book Award ed è stata salutata come uno dei migliori libri del 2006 da qualsiasi canale d’informazione che si occupi di letteratura.
Nel 2008 Amy ha vinto il Rea Award for the Short Story ed è stata insignita della Guggenheim Fellowship, e inoltre si è aggiudicata un Hobson Award. Insegna al Brooklyn College di Bennington e ad Harvard. Almeno due dei suoi racconti, 'Il raccolto' e 'Nel cimitero dov’è sepolto Al Jolson', sono tra i più antologizzati degli ultimi trent’anni e per le ragioni più valide: come il resto della sua produzione, sono emotivamente potenti senza avere il minimo accenno di sentimentalismo; sono pieni di balzi intuitivi ed esclusivamente composti di frasi assemblate al microscopio che trattano argomenti enormi come il lutto, la solitudine, gli incidenti, la morte, la fine delle relazioni, e riescono a strapparti una risata mentre ti spingono alle lacrime. Sono, semplicemente ed estremamente, dei bei racconti. Oltre a tutto questo, Amy è anche molto bella e ha la testa coperta da una luminosa chioma canuta.
Insieme a scrittori come Raymond Carver, Barry Hannah e Mary Robison, Amy Hempel è stata canonizzata tanto come parte dell’epoca d’oro della short story americana quanto come parte del cosiddetto 'minimalismo'. Che queste classificazioni siano corrette o meno, Amy è stata tra gli eletti ad aver lavorato con il leggendario editor editor Gordon Lish—che ha prestato servizio dal 1977 al 1995 alla Alfred A. Knopf, e di cui ancora oggi è possibile percepire il riverbero del suo gigantesco impatto sulla letteratura americana. Oltre a questo, Amy è anche fra i pochi autori—insieme a, forse, Carver e Grace Paley—ad essersi costruitauna reputazione letteraria inossidabile senza mai cimentarsi nel romanzo. Ma poi, a chi importa? Amy Hempel riesce a fare di più con 15 pagine di quanto altri autori non riescano a fare con 250."


Nello stesso numero della rivista si trova anche un bellissimo racconto inedito, Greed. Ecco come inizia:

La signora Greed era sposata da quarant’anni, suo marito l’uomo più cornuto della storia. Un uomo bruttino dal patrimonio ragguardevole, che l’accompagnava nelle sue commissioni nei dintorni. La signora Greed faceva un punto d’onore dell’affermare che non lo avrebbe mai lasciato. Poco importava se l’affetto per lui era superato dall’attaccamento ad altri. Tra cui, per esempio, mio marito. Se di notte lei rimaneva a casa, nel letto di suo marito, perché a lui doveva importare come passava le giornate?
Era a me che importava.
Protetta dagli uomini, dal denaro e dalla mancanza di vergogna, la signora Greed era sempre riuscita a evitare ciò che si meritava. Aveva quel genere di gaiezza per cui gli uomini non pensavano che se la facesse con tutti, bensì che avesse una certa joie de vivre; la consideravano una libertina, non una puttana.
Aveva i mezzi per potersi abbandonare ai propri istinti e dormire tutta la mattina dopo nottate che teneva nascoste agli amici. Girava il mondo, e si trasformava nella persona che poteva essere altrove con gente che non avrebbe mai più rivisto.
Aveva molti anni più di mio marito, e campava di rendita su una bellezza ormai sfiorita. Era stata una bellezza convenzionale, la sua, e io ero imbarazzata dall’omaggio che mio marito le rendeva. Un tema ricorrente dei loro incontri: il rammarico di non essersi conosciuti prima.
Lui le chiese se provasse sentimenti materni nei suoi confronti. Lei disse di non sapere che risposta lui si aspettasse. Gli raccontò che provava un’erotica miscela di passione e tenerezza. Se lui voleva considerare quella tenerezza come un sentimento materno, che facesse pure.
Quando si erano conosciuti, le disse, lui non le aveva nascosto che somigliava a sua madre, una donna piena di fascino che lo aveva trattato con crudeltà ed era morta quando lui era piccolo. Non lo aveva detto per sottolineare la sua età, né lei aveva pensato a un’ossessione. Aveva percepito quella frase come le sembrava fosse intesa: come un complimento, un’occasione in più per consolidare il loro legame. Avrebbe assunto volentieri il ruolo della brava madre, oltre a quello della persona dominata dalle proprie sensazioni. E avrebbe visto la sua ricerca di piacere procurare piacere a quelli che la circondavano!
Una cosa tutta loro: le mele verdi. Mai rosse, sempre verdi. Sapevo quando mio marito aveva ricevuto la signora Greed perché un trio di cestini in cucina si riempiva di lucide mele verdi. Mio marito sosteneva di trovarle belle; non l’ho mai visto mangiarne una. Quando cominciavano a diventare molli e marroni, le buttavo via. Ed ecco che in breve la cesta tornava a riempirsi.

Potete leggere il resto qui: GREED - Di Amy Hempel - Vice Magazine