domenica 14 gennaio 2018

Atti di razzismo quotidiano

Ieri sera a cena si discuteva di quanto sia assurdo che solo adesso, dopo l'ultima uscita di Trump sui "paesi di merda", molti americani stiano cominciando a rendersi conto che il loro presidente è razzista. Solo adesso. Ma stiamo scherzando? Purtroppo no. Dopo tutto quello che ha detto e fatto, doveva proprio dire una parolaccia perché certe mammolette arrivassero a fare due più due e capire che se l'ex Gran Maestro del KKK è tanto amico di Trump, qualcosa vorrà pur dire.

Lo sapevate che ai neri vengono prescritti meno antidolorifici che ai bianchi? Perché? Perché i medici (che sono in grandissima maggioranza bianchi) sono convinti che: 1) i neri sono più inclini a diventare dipendenti da sostanze; 2) i neri sentono meno il dolore dei bianchi (convinzione molto conveniente al tempo della schiavitù, quando si poteva frustare qualcuno pensando che tanto non soffriva, e che si è tramandata fino a oggi. Anche fra i medici).
Questo me lo ha raccontato ieri sera la mia amica Kristina, che ha un'amica afroamericana che si è trasferita da San Francisco a Columbus, Ohio, e ha sperimentato questo pregiudizio quando ha partorito sua figlia e si è accorta che i medici non volevano prescriverle antidolorifici. Ora la figlia ha due anni e dovrebbe andare all'asilo, ma sua madre non trova nessun asilo che la accetti. Quelli più vicini a casa sua sono frequentati solo da bianchi, e rifiutano di prendere la bambina perché "non si integrerebbe con gli altri" (gli asili per bambini di quell'età sono solo privati).
Un'altra cosa che ho scoperto è che, secondo uno studio del 2003, se mandi un curriculum è ti chiami Lakisha o Jamal (tipici nomi afroamericani), avrai il 50% di probabilità in meno di ottenere un colloquio di chi manda lo stesso curriculum e si chiama Emily o Greg. Sono passati 15 anni, ma non sono sicura che sia cambiato qualcosa.

Ma ecco l'aspetto che aveva ieri il San Francisco Federal Building. A volte San Francisco mi è proprio simpatica.




22 commenti:

  1. Non conosco S. F. Ma mi sta simpatica!
    Grazie

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    1. Sì, be', se proprio uno deve abitare negli Usa, questo è uno dei posti migliori.

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  2. Bella foto :)
    E sul razzismo della società, no, non credo che la situazione sia migliorata (purtroppo la Storia non è un lungo fiume tranquillo, ci sono dei corsi e ricorsi, degli arretramenti da paura ... come ora).

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    1. Un fiume carsico, che scompare sottoterra (nelle fogne a cui appartiene) e poi risale in superficie. E tutti a stupirsi e dire: "ma come, non l'avevamo prosciugato?"

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  3. Finché non lo proiettano sulla Trump tower o sulla Casa Bianca ci accontentiamo del Federal Building

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    1. L'hanno proiettato sulla facciata del Trump Hotel di Chicago!

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  4. Non conosco gli Stati Uniti ma, per quanto letto sui risultati elettorali nei differenti stati, temo che, purtroppo, il problema non sia solo che gli Americani si sono accorti di quanto lui sia razzista, ma di quanti Americani di stati tradizionalmente riconosciuti come razzisti abbiano quotidianamente la conferma che lui è come loro. Sbaglio?

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    1. Non sbagli affatto. Qui il razzismo è molto più radicato di quanto si pensi. Negli stati del sud in modo plateale, e in quelli progressisti come la California in modo più sottile e nascosto sotto una patina di correttezza politica.

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  5. Confermo entrambe le cose che dici: il trattamento medico cambia in relazione alla razza del paziente negli Usa. Il teodolindo che si occupa di ineguaglianze sociali mi dice da sempre che ci sono studi per cui i neri sono considerati piu' tolleranti al dolore, come gli asiatici (ma questi perche' culturalmente spesso esprimono il dolore in modo meno eclatante), e cio' vale anche per i pazienti pediatrici. E Confermo anche che il nome ha una rilevanza enorme sulle probabilita' di essere richiamati per un colloquio. Io stessa ho assistito a colloqui per selezionare studenti per un progetto di ricerca in cui la ricercatrice faceva un racial profiling sulla base del nome sul CV: questo e' ebreo, questo deve essere portoghese, questo e' un nome da neri...

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    1. Ma che cazzo di medici sono (pardon my French)? Cioè, scusa, ma il medico è uno scienziato, no? Come fa ad avere dei pregiudizi così idioti? Ma cosa gli insegnano a scuola, a questi?

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    2. Sinceramente io credo che sia una cosa universale, non solo limitata agli USA. Ho ricordi dell'Italia, e parlo di grande ospedale milanese, in cui il trattamento cambiava radicalmente a seconda dell'origine etnica del paziente. A partire dal dialogo tra me e un'infermiera: "Dottoressa,e' arrivato il suo paziente cinese", "Quale? Come si chiama?" "Eh, vorra' mica che mi ricordi il suo nome?! E' impronunciabile. E' un cinese", "Torni di la', guardi sulla cartella e mi dica il nome, grazie! Come per tutti gli altri pazienti..."
      Capito?!

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    3. Uhm... non per difendere l'Italia a tutti i costi (che pure lei è piena di razzisti), però mi sembra che l'ignoranza dell'infermiera incapace di memorizzare un nome straniero (anch'io fatico di più a ricordare i nomi inglesi rispetto a quelli italiani) sia diversa da quella di un medico che pensa che la fisiologia di un nero sia diversa da quella di un bianco (tipo razza inferiore, insomma).

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  6. grazie Silvia: ci apri gli occhi su un paese che da lontano sembra solo un po' strano ma leggendoti sembra davvero incredibile che stiamo parlando di un paese ipermoderno del III millennio

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    1. Il fatto è che non è affatto ipermoderno: è solo ricco.

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  7. Ricordo che il mio medico di base a Columbus (afro americana) era spaventatissima dall'elezione di Trump, mi sa che stando in ospedale ne aveva viste gia' troppe!! Non so se l'amica di Kristina abbia risolto, ma nel nostro asilo, in Upper Arlington quindi zona molto buona di Columbus, la vicedirettrice era afro americana, come anche un paio di insegnanti, e fino ad agosto scorso c'erano diversi bimbi afro americani (e cinesi, indiani, messicani). Fammi sapere se le serve il nome e indirizzo, era costoso ma piu' o meno in linea con gli altri.

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    1. Grazie grazie! Ho subito scritto a Kristina per chiederle se la sua amica ha già trovato oppure sta ancora cercando. Poi ti faccio sapere.

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  8. Ma cos'altro deve succedere prima che sto pagliaccio nazista venga sbattuto fuori a calci nel sedere? Che spinga il bottone rosso? Fatico davvero a credere poi che ad oggi, in campi scientifici e culturali, i professionisti possano ancora essere guidati da queste credenze, perchè altro non sono. E a crederci (che è quello che faccio) mi viene la pelle d'oca.

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    1. E' tutto surreale. Ma questa cosa dei medici ha turbato anche me, che ormai qui ho visto di tutto. Uno pensa che la scienza sia imparziale, no? Però gli scienziati sono umani, e quindi anche loro possono essere stronzi.

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  9. Penso che quello che sta accadendo in America sia la realizzazione di un incubo distopico.

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    1. Infatti, ancora si fatica a credere che stia davvero succedendo.

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  10. Aggiungo alle tue storie la mia.
    Mio cugino è andato a vivere circa 20 anni fa negli Stati Uniti. Prima a NY, poi in Virginia. Lui e la compagna, anche lei italiana, hanno hanno adottato 12 anni fa un bambino -
    ancora in fasce - afroamericano.
    Il bambino, che poi si è dimostrato iperattivo, ha avuto grossi problemi d'integrazione sia all'asilo che alle elementari. Di regola le strutture scolastiche 'impongono' l'uso di psicofarmaci senza i quali il bambino non verrebbe accettato in classe. Mio cugino mi ha raccontato che gli episodi di razzismo erano 'quotidiani' e che in più di un'occasione ha provato a promuovere incontri con altri genitori e con le strutture scolastiche. Incontri che non hanno avuto successo e ai quali nessun genitore si presentava.
    Comunque... sono tornati a vivere in Italia 4 anni fa, a Marina di Carrara. Non per scadere nella solita odiosa manfrina degli "italiani brava gente", ma da quando sono tornati il bambino, pur rimanendo iperattivo, si è ambientato molto bene a scuola, ha smesso di prendere psicofarmaci e non ha subito (non ancora, immagino) alcun episodio di razzismo.
    Immagino che nessuno di noi possa davvero immaginare le difficoltà che si incontrano nella vita in seguito al colore della propria pelle.


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    1. No, infatti. Noi non possiamo sapere cosa significhi perché a noi non succede mai di essere discriminati per il colore della pelle, ma per chi non è bianco il pregiudizio altrui è una condizione costante, un ostacolo con cui devono fare i conti in ogni momento.

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