lunedì 25 luglio 2016

Pappagalli sul melo

Come sempre, d'estate lavoro più del resto dell'anno. La scuola si aggiunge alle traduzioni, e adesso ho anche una lunga recensione da scrivere, oltre a tre brevi racconti per Pordenonelegge dove andrò in settembre. Insomma, non vado molto in giro, però qualcosa di carino da fotografare lo trovo ugualmente, fuori dalla finestra. A quattro anni dal suo tentato omicidio, il melo del giardino accanto si è ripreso e ha fatto le mele, che ora stanno attirando gli adorati pappagalli di Telegraph Hill. Eccone qualcuno





giovedì 14 luglio 2016

Appunti di viaggio con scrittori

Una giornalista mi ha chiesto un'intervista, che forse verrà pubblicata e forse no. Una delle domande prevedeva una "rassegna aneddotica" sui "miei" autori. Ho buttato giù alcuni appunti, così, senza pensarci troppo. Ve li ripropongo qui, così come li ho scritti.

Che foto metto? Metto Gracie, anche se non l'ho tradotta io, perché l'amo
Franzen è noto per il suo bisogno di assoluto isolamento quando scrive. Dopo l’uscita delle Correzioni, nel 2001, raccontò di aver scritto il romanzo lavorando spesso al buio e con indosso un paio di quelle cuffie che cancellano ogni rumore esterno. Una volta gli ho raccontato che condividevo il suo odio per i rumori, e lui mi ha mandato un file mp3 contenente un’ora e venti minuti di “rumore rosa” un tipo di rumore statico usato per bloccare i suoni di sottofondo. Lo uso spesso, quando fuori ci sono i tosaerba.
Anche il personaggio di uno dei miei racconti, Misofonia, ha un serio problema con i rumori, ma lei per difendersi utilizza una macchina del rumore bianco. E parlando di rumore bianco viene subito in mente l’omonimo romanzo di Don DeLillo. Se Franzen, come i suoi lettori sanno, rifiuta enfaticamente qualunque distrazione proveniente da internet, e in particolare dai social network (uno dei suoi dieci consigli di scrittura pubblicati sul Guardian recita: “È improbabile che chiunque sia connesso a internet mentre lavora stia scrivendo qualcosa di buono”), Don DeLillo non usa l’e-mail, e mentre lavoravo a Cosmopolis e Running Dog, i due suoi romanzi che ho tradotto, rispondeva alle mie domande via fax.
All’estremo opposto di Franzen ci sono gli scrittori che amano lavorare nei caffè, circondati dal brusio e dall’andirivieni degli altri clienti. Come per esempio Julie Otsuka, autrice del bellissimo Venivamo tutte per mare, che ama lavorare all’Hungarian Pastry Shop, nell’Upper West Side di Manhattan. In questo locale, rigorosamente privo di wi-fi e sempre affollato di gente che legge e scrive, ogni tanto la incontro per un tè e scherzo con lei sul fatto che è rimasta una dei pochi scrittori che ancora vivono a Manhattan. Chi non se n’è andato lontano, come Franzen che ora vive in California, si è trasferito nella relativamente più economica Brooklyn. 
È il caso per esempio di Nathan Englander, amico di Julie e un tempo suo compagno di scrittura all’Hungarian Pastry Shop. La prima volta che l’ho incontrato, Nathan abitava ancora a Manhattan, e durante una passeggiata nel Village mi portò a vedere l’edificio che un tempo ospitava la Women’s House of Detention, un carcere femminile oggi trasformato in biblioteca, dove, oltre ad altre detenute famose come Ethel Rosenberg, Angela Davis e Valerie Solanas (la donna che sparò a Andy Warhol), era stata rinchiusa per sei giorni, per le sue proteste contro la guerra in Vietnam, la grandissima – e amatissima sia da me sia da lui – Grace Paley.

martedì 5 luglio 2016

Innamoramenti letterari





Ora invece mi sono presa una cotta per l'immensa Margaret Atwood. Chiudo bruscamente le telefonate via skype con Mr K dicendogli, ciao, scusa, devo andare a leggere Atwood. Dopo gli splendidi racconti della raccolta Stone Mattress, purtroppo non tradotto in Italia, sono passata alla trilogia di MaddAddam, che però, essendo un po' stordita, ho cominciato a leggere dal secondo volume (questa in italiano c'è, i tre libri li hanno chiamati L'ultimo degli uominiL'anno del Diluvio e L'altro inizio). Dopo aver letto il secondo volume e ordinato gli altri due che ora mi aspettano a San Francisco (almeno un incentivo a tornare, oltre a Mr K ovviamente, eh), ho recuperato dalla mia libreria The Handmaid's Tale (Il racconto dell'ancella), e adesso scusate, e sì, lo so, non ho citato i nomi dei traduttori, ma tanto questa non è una recensione, e poi ho fretta, devo andare a leggere Atwood.