giovedì 30 agosto 2018

La vecchia San Francisco è ancora viva (e un libro per conoscerla meglio)

Per trovarla dovete magari allontanarvi un po' dalle rotte più battute, spingervi in un quartiere un po' periferico come il residenziale Glen Park, con la sua strada centrale deliziosa che sembra un piccolo paese, le case basse non ancora strappate ai vecchi residenti middle class dalla furia della gentrificazione, la magnifica libreria/jazz club, il grande parco ricavato da un canyon. Sì, un canyon in mezzo alla città, con i suoi coyote e la sua foresta e le case affacciate sulle colline. Così (la foto fa schifo, ma se seguite il link al sito del parco ne trovate di belle)


Dopo la passeggiata nel parco abbiamo continuato a gironzolare nelle strade del quartiere, da dove si vede questo panorama 


Mentre cercavamo di capire cosa fosse quel montarozzo lì a destra (risposta: Bernal Heights Summit), ci si è avvicinato un tizio sulla sessantina che ci ha chiesto se avessimo bisogno di informazioni. Ci siamo messi a chiacchierare, e in quel momento siamo entrati in una scena di un film di Jim Jarmusch. Lungo la strada, che il nostro nuovo amico ci stava descrivendo come la terza più ripida di San Francisco (il che significa praticamente a strapiombo. Non è quella della foto, che a San Francisco viene considerata una discesina da niente) è passato un altro signore anziano a bordo di una bella bici nuova fiammante. Ai nostri commenti ammirati il nostro amico risponde dicendo "pfui, quella è una bici elettrica, invece dovete sapere che c'era una donna molto vecchia che abitava in questa via e ogni giorno la vedevo venire su dalla salita in bici, due o tre volte al giorno, una cosa davvero incredibile. Però sono almeno due anni che non la vedo più, probabilmente sarà morta, era davvero vecchia..." In quel momento sentiamo avvicinarsi qualcuno, il nostro amico si interrompe, si gira e aggrotta le sopracciglia. "Ma... è lei?" dice. Davanti a noi passa una donna di età ragguardevole, tutta agghindata con una tuta da ciclista di lycra gialla e un casco professionale, che spinge una bicicletta da corsa fichissima e super tecnologica. Si ferma a chiacchierare con il nostro amico, che non conosce nonostante vivano nella stessa via e lui l'abbia vista passare due o tre volte al giorno per chissà quanti anni. La signora ha ottant'anni e si fa tranquillamente delle gite di tutta la giornata in bicicletta. Praticamente i due fanno amicizia lì, sotto i nostri occhi. Quando lei se ne va, il nostro amico resta lì incredulo a seguirla con lo sguardo. "Credevo che fosse morta..."

Dopo questo incontro surreale andiamo a goderci il concerto jazz alla fantastica libreria Bird & Beckett


 e poi da lì a cena in un ottimo ristorantino nepalese su Mission Street.

Mi sto riconciliando con la città? Be', con qualche suo aspetto - tipo le librerie, i parchi e la musica - non ho mai litigato. Ma al mio umore addolcito stanno contribuendo un progetto di cui non posso ancora parlare perché è in fase embrionale, e un bel libro che ho letto in questi giorni. Si chiama San Francisco - Ritratto di una città e lo ha scritto Elena Refraschini, che ha anche questo bel blog.

venerdì 17 agosto 2018

L'invidia e l'arte del tiro con l'arco


Sabato scorso sono andata alla Renaissance Faire di San Jose. Le fiere del Rinascimento sono eventi molto popolari, in cui la gente indossa costumi pseudo-rinascimentali e si ritrova in qualche parco a fare duelli con spade di gomma e mangiare cosce di tacchino, il tipico cibo di queste adunate.


Ovviamente si tratta di una pacchianata pazzesca, ma siccome queste cose assurde mi divertono, ho pensato bene di affrontare un paio d'ore di viaggio sul trenaccio antidiluviano che attraversa la Silicon Valley (sì, perché questi sono tanto ricchi ma hanno dei trasporti pubblici che fanno pietà) per arrivare in un parco pubblico della brutta San Jose e... imparare il tiro con l'arco.

Mentre infatti la signora che divora la coscia di tacchino qui a destra, sotto il castello di polistirolo, non sono certo io, qui sotto potete ammirarmi in tutto il mio splendore di amazzone (ma ahimè, nessun costume rinascimentale), con l'hotel Hilton sullo sfondo.



Il giorno dopo invece sono andata a trovare il mio amico Gary Kamiya, l'autore di questo bellissimo libro, che ogni tanto si ritira a scrivere in una casetta a Bolinas, il paese "nascosto" di cui parlavo in questo post. E qui arriva l'invidia. Io invidio molto quelli che possono dire "non sono una persona invidiosa". Io invece sono invidiosissima, per esempio dei vecchi hippy che si sono costruiti una casa qui tanti anni fa, quando ancora i terreni non costavano fantastiliardi.



E adesso hanno questa vista qui


Ma attenzione, perché prima o poi l'erosione (momento Schadenfreude) potrebbe mangiarsi la vostra bella casetta