giovedì 19 luglio 2018

Il materasso nuovo

Da anni insistevo con Mr K che era ora di cambiare materasso. Ormai si dormiva sulle molle, e quando lui si muoveva nel letto io rimbalzavo come su uno di quei tappeti elastici (su cui fra l'altro una volta, bambina già fantozza, per poco non mi mozzai la lingua).
Ma Mr K faceva lo gnorri, comportandosi in pratica come se andare a comprare un materasso fosse in cima alla scala delle rotture di coglioni del vicequestore Schiavone (perdonate, ma sto leggendo Pista nera con i miei studenti, che si divertono molto all'idea di un poliziotto che fuma le canne, ma forse si imbarazzano un po' quando gli spiego cosa vuol dire "A Milano c'è tanta figa", oppure quando per compito assegno di scrivere una loro personale lista delle rotture di coglioni).
Comunque, bando alle digressioni. Dovete sapere che gli americani hanno l'insana mania dei materassi. Quando camminate per strada trovate ovunque materassi abbandonati sui marciapiedi (qui si usa: quando una cosa non la usate più la mettete sul marciapiede e sperate che qualcuno la porti via), e quasi a ogni angolo di strada trovate enormi negozi pieni di materassi che fanno sinceramente sorgere il dubbio se questi cambiano il materasso ogni sei mesi.
Noi non apparteniamo a quella categoria, ovviamente, ma a questo punto la situazione si era fatta insostenibile, e così Mr K ha ceduto alle mie insistenze e si è convinto a comprare il materasso.

Il primo giorno sono andata da sola, in avanscoperta. La commessa messicana mi ha attaccato una pezza interminabile sulla storia del padre malato, e a un certo punto si è anche messa a piangere. Un'esperienza di acquisto piuttosto insolita, ma siccome a me le cose insolite piacciono, due giorni dopo ho trascinato Mr K nel negozione di materassi. La commessa lacrimosa mi aveva quasi convinta a comprare un colossale materasso di lusso con telecomando in offerta speciale a $1500 anziché tremila e rotti. Ma io contavo sulla... ehm... oculatezza di Mr K per individuare l'affare migliore. E infatti lui è stato più saggio, orientandomi (uso il pronome alla prima persona singolare perché a lui del materasso nuovo non gliene fregava niente, tanto dormirebbe anche sui sassi) su un materasso un po' meno costoso, il cui costo è comunque lievitato quando gli abbiamo dovuto aggiungere il trasporto (con prelievo del precedente materasso, mica siamo zozzoni, noi), il coprimaterasso speciale impermeabile in fibra polimerica antiparticellecosmiche, il box spring (cioè la base a molle, perché prima dormivamo su una base tipo bancali del mercato) e  svariate altre supercazzole.
Uscendo ci siamo congratulati con noi stessi perché abbiamo risparmiato (!) almeno sulle lenzuola, visto che il materasso col telecomando era alto tipo due metri e mezzo e le nostre vecchie lenzuola non sarebbero andate bene.

Ieri è arrivato il materasso nuovo. È comodissimo, per carità. Però io e Mr K ci siamo dimenticati di misurare quello vecchio prima di comprare quello nuovo. Io ero vagamente consapevole del fatto che negli Usa ci sono misure diverse, tipo twin, queen e king, ma escludendo il twin che è il letto singolo ero convinta che noi avessimo un queen. Invece ieri sono tornata dalla palestra dopo la consegna del materasso e ho trovato un affarone ciclopico che troneggia in mezzo alla nostra microstanza, non solo enorme ma anche altissimo, tipo che per salire ci vuole quasi una scaletta. I comodini sono tutti schiacciati tra il materasso e la parete, intorno al materasso resta solo un corridoio per passare, e quando sono a letto e voglio raccogliere qualcosa dal pavimento rischio di cadere e spaccarmi la testa. Questo non solo perché abbiamo sbagliato misura - il nostro vecchio letto era un full e non un queen - ma anche perché il nuovo materasso (con ulteriore aggiunta di box spring) è alto un po' meno di quello con il telecomando, certo, ma è comunque straordinariamente alto per un materasso, e così naturalmente le vecchie lenzuola, sconfitte sia in estensione che in altezza, sono tutte da buttare.

E così ho scoperto, in ritardo, il vasto mondo dei materassi americani, che possono essere Small Single o Cot; Single o Twin o Cot; Twin Extra Long; King Single o Super Single; Small Double o Three Quarter; Full o Double; Double Extra Long; Queen; Expanded o Super o Olympic Queen; King; California King o King Long; Grand King o Super King o Athletic King o Texas King.
E noi italiani, che oltre al singolo  e al matrimoniale arriviamo appena alla piazza e mezza, rimaniamo sempre i soliti poveracci.

martedì 10 luglio 2018

Il marchio del malinteso

Ho una felpetta nera con la cerniera, semplice semplice, il classico "capo jolly" come c'è scritto sulle riviste del parrucchiere. La metto spessissimo, soprattutto in questa città dove devi sempre prevedere un brusco calo della temperatura alla prima raffica di vento (del benedetto vento che tiene lontana la caldazza). La felpetta ha un piccolo marchio, in alto a sinistra dove di solito stanno i marchi. Un marchio comune, di quelli che nessuno ci fa caso.

Ieri sera, a cena, un amico mi chiede: "Perché hai sulla felpa la donna nuda dei paraspruzzi dei camion?" [In inglese "aletta paraspruzzi" è mud flap]
A seguito della mia reazione ovviamente perplessa, scopro che anche la moglie dell'amico e Mr K vedono sulla mia felpa una donna nuda di profilo. Mr K aggiunge che l'ha sempre trovata un po' strana, e tutti e tre confermano che farebbe lo stesso strano effetto a qualunque americano. Io spiego che non è così, si tratta di due persone sedute schiena contro schiena, ma loro dicono che no, la prima cosa che viene in mente guardandola è proprio la silhouette di una donnina nuda di profilo, di quelle che qui vengono sfoggiate da tanti camionisti sui loro mud flaps.

Ecco, adesso mi tocca andare in giro con la mia felpetta sapendo che faccio venire in mente a tutti il camionista di Thelma e Louise.




sabato 7 luglio 2018

Oggi ho incontrato un genio

Oggi ho passato una bellissima giornata nei parchi di San Francisco.
Prima sono stata nel mio posto preferito della città, Land's End, la fine della terra. Eccola 



Poi sono andata al Golden Gate Park dove c'era questa cosa meravigliosa, dodici pianoforti sparsi in giro per il giardino botanico, in posizioni scenograficamente perfette, con pianisti più o meno bravi che davano un concerto per chi passava di lì


Ad ascoltarli in quell'atmosfera fiabesca sembrava che il mondo fosse un posto bellissimo.

Poi siamo capitate in una radura che sembrava un po' Central Park, con una piccola scalinata e un gazebo in cima. La persona che stava suonando aveva finito, e al pianoforte si è messo un bambino. La prima cosa che ho detto è stata "no, il bambino no, ora si metterà a pestare sui tasti come un ossesso". 
Il bambino ha cominciato a suonare. Io e la mia amica ci siamo guardate a bocca aperta. Di rado ho sentito qualcuno suonare così, e sicuramente mai un bambino. Nel giro di quattro secondi ho capito che mi trovavo davanti a un genio. Non suonava una musica che conoscevo, ma qualcosa di malinconico e particolare, qualcosa che era veramente suo, ed era meraviglioso. Lo vedevi sulle facce di quelli che lo ascoltavano, non tanta gente, ma tutti rapiti. Ogni tanto i presenti si scambiavano delle occhiate, come a dire "ma cosa stiamo vivendo?"
Quando il bambino ha finito di suonare siamo tutti scoppiati in un applauso, e lui si è girato a guardarci con aria stupita, come a dire "ma voi cosa ci fate qui? Perché mi battete le mani?", con quegli occhiali da sole dalla montatura bianca che facevano un po' divo e un po' extraterrestre. Gli abbiamo chiesto il bis, e lui ha fatto un'altra magia. Mi sono commossa per la pura bellezza di quel momento.
Mentre uscivamo dal parco, abbiamo attaccato discorso con una signora che fa la volontaria per la manifestazione e ci suona anche. Le abbiamo chiesto del bambino, e lei ha detto: "Un bambino biondo, di cinque anni? Quello è Arthur. Era qui anche l'anno scorso." Anche a quattro anni Arthur suonava così, malgrado avesse le mani ancora troppo piccole per raggiungere i tasti neri.
Poi ci ha raccontato una storia su Arthur, perché a quanto pare le storie su Arthur stanno girando per il parco. Un giorno questa signora pianista è andata dalla mamma di Arthur, che gli siede accanto per terra mentre lui suona, e le ha chiesto se Arthur suona improvvisazioni. La mamma di Arthur le ha risposto di andare pure a chiederlo a lui. La signora ha chiesto ad Arthur: "Arthur, mi suoneresti per favore il vento?" Ma Arthur l'ha guardata come se non capisse cosa stesse dicendo. Allora la signora è tornata dalla madre e le ha detto: "Non credo che Arthur abbia voglia di improvvisare", e la madre le ha risposto: "Oh, ma ultimamente Arthur sta suonando elettroni". Allora la signora è tornata da lui e gli ha chiesto: "Arthur, potresti suonarmi degli elettroni nel vento?" E Arthur ha immediatamente cominciato a suonare una musica meravigliosa che sembrava proprio un volo di elettroni nel vento.

Signore e signori, ecco a voi Arthur. Sentiremo presto parlare di lui.