martedì 11 novembre 2014

Sul tradurre/9. Daniele Del Giudice e la traduzione come atto dello scrivere

«La traduzione non è un servizio, né un trasferimento da una lingua all'altra. È un atto dello scrivere. La traduzione è una forma propria della scrittura. Nel caso della traduzione narrativa, si tratterà di scrivere un romanzo o un racconto. Che cos'ha di specifico questa scrittura: 1) il fatto che la storia esiste già; 2) il fatto che anche le parole esistono già; 3) il fatto che ogni traduzione è suscettibile di miglioramento, di adeguamento, di ulteriore traduzione, mentre il testo originale, salvo scoperte filologiche di varianti o versioni o parti mancanti o aggiunte, e di conseguenza di edizioni critiche, resta bloccato e definito nella sua forma ultima all'epoca in cui è stato scritto e come tale per sempre. Ma non basta: le prime due condizioni di fatto potrebbero appartenere a un'altra forma ancora, quella della "riscrittura". (...) Si tratta invece, nella forma della traduzione - e questo è veramente un compito difficile - di riscrivere un romanzo o un racconto come sono stati già scritti, parola dopo parola, evento dopo evento. Da un certo punto di vista è davvero una forma estrema la traduzione: anzi è l'estremo ed esatto contrario della "pagina bianca", la pagina vuota, incipit per ogni scrittore dell'originale; ma per lo scrittore della forma traduttiva il punto di partenza è invece la pagina nera, la "pagina piena" di caratteri, già stampata in ogni suo segno, in ogni suo rigo, e questo è l'incipit, il passo iniziale di ogni traduttore. Laddove, per lo scrittore dell'originale, l'incipit è appunto la pagina vuota.»

Daniele Del Giudice, da In questa luce
 © 2013 Einaudi Editore, Torino

11 commenti:

  1. Credo che in questo saggio Del Giudice dica tutto. E chi più di te può comprenderlo appieno. L'incipit della pagina nera... pensare alla traduzione parola per parola è non cogliere la straordinaria capacità di scrittore di un traduttore. Ma la risposta c'è nei pessimi testi tradotti e in quelli che si leggono avidamente. Tradurre è "rinnovare" la scrittura in un'altra lingua e questo richiede uno scrittore, non un mero "trascrittore" di parole. Grande Silvia!

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    1. "Rinnovare" la scrittura in un'altra lingua mi piace molto!

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  2. Dal pezzo di Del Giudice su capisce bene la grande fatica, ma anche la grande capacità che deve avere un traduttore. Brava, Silvia, fare un mestiere difficile e farlo bene non è da tutti!

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  3. la pagina bianca e la pagina nera .... e c'è un mondo che si apre
    Ciao Silvia

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  4. Sì, credo di capire, tradurre, come scrivere, è un giocare con le parole (il più bel giochetto dei nostri pc è infatti il programma di scrittura...).

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    1. Infatti, ora vado a usarlo un po', che c'è un puma che mi aspetta... ;-)

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  5. Non deve esser affatto facile, trasmettere le stesse cose in una lingua diversa! Complimenti!

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  6. Bellissimo articolo.

    Mi chiedo sempre se il traduttore possa cambiare un pochino il senso della storia, qui e la'... aggiungendo una frasetta o togliendo un gioco di parole.
    Io sarei terribile e cambierei pure i finali dei libri. :D

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  7. All'università un professore d'Inglese (ho seguito qualche lezione prima di optare per filosofia) affermava che dentro ogni lingua c'è un'anima. Chi padroneggia più lingue, è come se avesse più anime ... Un traduttore è capace di unire due universi paralleli e fare da ponte tra queste due dimensioni e il lettore. Fai un lavoro stupendo, Silvia. Complimenti.

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    1. Questo tuo commento mi fa venire in mente una cosa che noto spesso quando parlo in inglese, e cioè come cambia la mia personalità in un'altra lingua. Succede a tutti, credo, ed è una cosa piuttosto affascinante.

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