venerdì 20 febbraio 2015

Dillo in italiano: una petizione contro l'itanglese



Da qualche giorno circola una petizione, lanciata da Annamaria Testa su Internazionale: "in favore di un uso più accorto della lingua italiana da parte di chi ha ruoli e responsabilità pubbliche. Non è una battaglia di retroguardia, e non è un tema marginale. Non è neanche una battaglia contro l’inglese ma va, anzi, in favore di un reale bilinguismo.
" 

In pochi giorni sono state superate le 35.000 firme, che lunedì verranno consegnate all'Accademia della Crusca con la richiesta di farsi "portavoce e autorevole testimone di questa istanza presso il Governo, le amministrazioni pubbliche, i media, le imprese".

Io naturalmente ho firmato. Se volete farlo anche voi, andate QUI.

29 commenti:

  1. Anche io ho firmato e invitato altri via mail :D
    Dopo aver letto tanto sull'argomento, ed essermi trovata d'accordo che l'uso dell'inglese quando si parla in italiano è più che altro uno sfoggio inopportuno e fuorviante di conoscenze che in realtà non si hanno, scoprire che Annamaria Testa si è mossa verso una soluzione concreta mi ha fatto molto piacere, non potevo non unirmi alla richiesta!

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  2. Ops, non so se e' partito il mio commento... Nel dubbio riscrivo:
    Anch'io ho firmato e inoltrato via e-mail a ex-colleghi italiani, gli stessi che dicono: "I criteri diagnostici non fittano" o "ho applicato per dei fondi di ricerca". Lì ci sarebbe da fare un lavorone, altro che petizione!

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    1. Lo so, io dubito che la petizione serva a qualcosa, francamente, però se almeno il buon esempio venisse da chi ci governa... hahaha cosa ho scritto?!?

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    2. Nooo, questa e' bellissima! :D :D :D

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  3. Sono tra i primi firmatari ... vabbe', me l'ha detto un'amica :)

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  4. Grazie per aver diffuso la notizia e la petizione! Ho firmato di buon grado, e anche condiviso con Facebook. Dopo due mesi in Italia ho davvero le scatole piene dell' esibizione assurda, tragicomica di parole inglesi o pseudo tali, a discapito della nostra lingua bellissima e ricca di vocaboli propri. Se poi ci metti che gli Italiani sono per la maggioranza fallimentari nello studio delle lingue straniere e si ostinano a doppiare i film, la contraddizione diventa patetica.

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    1. E' tutto molto patetico. In questi giorni riflettevo sull'orrido "Jobs Act" e pensavo che secondo me l'errore grammaticale (sarebbe semmai "Job Act") è paradossalmente sia involontario, perché non sanno l'inglese, sia voluto, perché temo che abbiano pensato "sì, dai, chiamiamolo Jobs Act, così fa venire in mente Steve Jobs".

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  5. E dire che quando ho terminato la laurea triennale (orami dieci...10!!!! anni fa... oddio ma sono decrepita) uno dei titoli di lavori finali più gettonati era "uso e abuso dell'inglese nella lingua italiana".

    Dieci anni, e la situazione è solo peggiorata. Che tristezza.

    Comunque ho firmato, eh!

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    1. La lingua è un organismo vivente che si sviluppa in modo indipendente dalla nostra volontà, e l'inglese, così come altre lingue, è sempre entrato nell'italiano sotto forma di prestiti lessicali. Ma negli ultimi anni si può decisamente parlare di abuso, non solo fastidioso ma anche nocivo (chi non sa l'inglese può trovarsi in difficoltà a seguirei discorsi dei politicanti, per esempio). Quindi sì, sono d'accordo, la situazione è solo peggiorata.

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  6. Dagli esempi fatti nell'articolo mi viene in mente che alcuni politici manco conoscano il corrispettivo in italiano di alcune parole e che le usino solo per riempirsi la bocca con risultati tutt'altro che trasparenti e democratici.

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  7. Ciao, Silvia, ti lascio un saluto e ti ringrazio della segnalazione! Da linguista, ho firmato al volo!
    A presto!

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  8. Condivido... ("Nando Mericoni" potrebbe essermi fratello: Uoz English?) ;)

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  9. Come sai gli anglicismi sono uno dei miei argomenti preferiti e quindi mi fa un gran piacere che questa petizione stia ricevendo così tanto interesse. Credo sia importante non tanto per il formato in sé, che dubito possa portare a risultati concreti, quanto per aver portato la questione al centro dell’attenzione. Ho però l’impressione che per ora il coinvolgimento sia soprattutto chi è costretto a subire l’itanglese ma non lo usa attivamente, e che l’hashtag #dilloinitaliano sia usato quasi esclusivamente per invitare a firmare la petizione ma non abbia portato molti contributi concreti alla discussione.

    Chissà che non esca qualche idea o proposta interessante dal convegno del 23 e 24 febbraio a Firenze, che avrà come conclusione “prospettive per una neologia consapevole”. Mi sembra che consapevolezza sia la parola chiave, e bisognerebbe aumentarla proprio tra chi ha responsabilità pubbliche o comunque la capacità di influenzare l’introduzione dei neologismi della lingua (i potenziali futuri anglicismi).

    Temo però che sia una strada in salita: prova a dare un’occhiata allo scambio su Twitter che ho avuto qualche ora fa con il Capo della Segreteria Tecnica del Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca dopo aver visto l’ennesimo esempio di uso disinvolto di itanglese in un tweet di uno dei responsabili di La buona scuola.

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    1. Ma io non capisco: perché le persone in posti di responsabilità non sono capaci di avere un dialogo civile, e devono rispondere sempre in modo sgradevole come bambini dell'asilo? "Thanks a lot"?!? Mo va a cagher!

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  10. si mi sembra giusto! grazie per la segnalazione :)

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  11. Firmato! Ma il mio 'copioso' commento è sparito. Ohibò!

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  12. Firmato anch'io che non conosco l'inglese. ..proprio per quello! Sinceramente vorrei sentire parlare un buon italiano a tutti i livelli: in particolare in quelli più bassi il che significherebbe che quelli più alti danno il buon esempio.

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    1. Infatti! Sarebbe meglio concentrarsi sulla diffusione di un buon italiano, anziché riempirsi la bocca di anglicismi a sproposito.

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  13. Avevo firmato anch'io e mi erano anche venute in mente le tue "lezioni" di itanglese ;-)

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