sabato 5 gennaio 2019

Suoni random a gogò e mariachi: una serata a San Francisco

Ieri sera sono uscita di casa praticamente per la prima volta da quando sono arrivata, il 28 dicembre. Il raffreddore-bronchite mi ha ammazzato la cena del 31 e la gita di Capodanno, e alla fine non avevo neanche più voglia di uscire. Mi stavo trasformando in uno di quei tizi giapponesi che se ne stanno sempre tappati in casa. Mr K, un tantino preoccupato per la mia nuova avversione all'aria aperta, ha insistito perché andassimo per il secondo anno di seguito all'esilarante Tape Music Festival, una roba d'avanguardissima in cui te ne stai seduto al buio e ascolti per un paio d'ore "suoni random a gogò", come dice il mio amico Vincenzo che è spesso l'artefice di queste mie uscite improbabili.


Ma poi l'autobus era in ritardo (peggio del solito), io avevo la tosse e pensavo al pubblico intellettualissimo del festival che si sciroppava i miei ragli da tisica, e così all'ultimo momento ho deciso di non andare. 
"Facciamo una passeggiata nella Mission", ho detto a Mr K. Passeggia passeggia, però, cominciavo ad annoiarmi, non avevo voglia di sentire musica in locali affollati, volevo - francamente - solo tornare a casa e infilarmi sotto le coperte con un libro. Finché, d'un tratto, l'illuminazione. Siamo passati davanti a un ristorante messicano dove suonava una band di mariachi. 
Mr K: "Vuoi andare sentire i mariachi?" Io: "Ma no... anzi, perché no?"
Un posto abbastanza modesto, con tre enormi schermi Tv che normalmente mi avrebbero tenuta lontana. Ma i mariachi: sublimi. Erano in sei, leggermente sgarrupati ma estremamente seri. Due violini, una tromba, due chitarrine e un chitarrone enorme. Si spostavano da un tavolo all'altro, dove tutti erano messicani (tranne ovviamente noi) e conoscevano le canzoni. C'era un tizio meraviglioso che assomigliava tantissimo a Jesus (aveva anche una camicia lilla) e cantava e faceva ballare le ragazze, c'era la barista, giovanissima e con l'apparecchio ai denti, che a un certo punto ha smesso di spillare birre e si è messa a cantare con un vocione da cantante lirica, c'era la padrona che rideva tantissimo e ogni tanto ballava e cantava pure lei, c'era il buttafuori con un sorriso stampato in faccia che sicuramente pensava "ma che figata di lavoro che mi sono trovato".  
Insomma, la prossima volta che mi viene la sindrome della reclusa, una bella band di mariachi e passa la paura.

19 commenti:

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    1. Purtroppo avevamo già mangiato a casa. Ma ci torneremo senz'altro, pare che facciano un ottimo ceviche.

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  2. che sia un 2019 allegro come una serata tra i mariachi!

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  3. Uh la migliore cura contro la bronchite cielito lindo!

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  4. Ma è vita vera o un film dei fratelli Coen? :)

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  5. Per fortuna Mr. K ti ha spronato ad uscire, diversamente non potremmo leggere altri tuoi post su quest'America così originale che descrivi. Un buon 2019, pieno di salute!

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    1. Ah, sì, speriamo in un anno senza acciacchi! Altrettanto a te!

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  6. Da quando ho visto il film Nebraska e ascoltato la sua bellissima colonna sonora, ogni volta che penso ai mariachi, mi viene in mente quel film anche se non tutti i pezzi sono in quello stile.

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  7. Che forte! sarebbe bello esserci ! Brava bel post.

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  8. Brava Silvia: cogli l'attimo ... messicano! Buon 2019 e buon tutto.

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  9. Per un attimo t'ho visto con una mascherina sulla bocca mentre saltellavi tra chitarrine e violini. Non posso che augurarti un anno in musica!

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  10. Sembra che alla fine sia stata una magnifica e spensierata serata!

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  11. Pareschi, batta un colpo che noi amiche blogger di vecchia data siano preoccupate.

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    1. Oh, cielo, ti rispondo dopo più di un mese! Quanto lo sto trascurando il mio povero blog, e anche le mie amiche blogger. Mi passerà questo blocco? Non lo so. Ma grazie per il messaggio, ora passo a salutarti da te.

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