giovedì 31 gennaio 2013

Mendocino mon amour/2: La strada



E per finire, come si arriva a Mendocino?
C'è la Highway 1, naturalmente. Se non l'avete mai fatta, fatela. È senz'altro una delle strade più belle del mondo (io non ne ho mai viste di più belle, ma siccome non ho visto tutte le strade del mondo non vi dirò che è la più bella di tutte). Se però l'avete già fatta, forse non avrete voglia di ripetere l'esperienza di tutte quelle curve, soprattutto se viaggiate col buio. E allora avete due alternative: prendere la 101 fino a Cloverdale e poi fare la 128, oppure prendere la 101 fino a Willits, poi la 20 fino a Fort Bragg (non fermatevi a Fort Bragg che fa schifo, è tutta un mall) e poi scendere per pochi chilometri fino a Mendocino. Noi le abbiamo provate entrambe, e la migliore è la seconda. Sia la 128 sia la 20 sono infatti piuttosto tortuose, ma almeno la 20 è più corta. E il paesaggio non sarà quello della costa, però si passa in mezzo a foreste di sequoie e a panorami come quello qui sotto. Tutta la zona, infatti, è quasi disabitata.
Ah, e al ritorno, tutti contenti di aver evitato buona parte delle curve, abbiamo sbagliato strada e da Point Reyes ci siamo beccati tutta la Highway 1 e le sue curve. Al buio.



Se poi vi sentite avventurosi potete spingervi fino a esplorare la Lost Coast. Come si vede dalla cartina qui di fianco, a un certo punto, all'altezza di Rockport, i costruttori della Highway 1 decisero che in quel punto la costa era troppo accidentata per costruirvi una strada, e così si spostarono nell'entroterra, lasciando un tratto di costa - quello che va da Rockport a Ferndale - praticamente scollegato da tutto. Se volete vedere qualche immagine, provate a dare un'occhiata al gruppo Lost Coast su Flickr. Posti come Petrolia e Shelter Cove sono raggiungibili sono attraverso stradine di montagna che fanno sembrare la Highway 1 dritta come la A1. E Mendocino affollata e caotica come New York. Mr. Keats non mi ci porterà mai, ma io so che un giorno li vedrò.

E per finire, se prendete la 101 a un certo punto passerete per la contea di Sonoma, e se vi venisse voglia di un bicchiere di spumante potete sempre prendere l'uscita segnalata dal cartello qui sotto.

mercoledì 30 gennaio 2013

Mendocino mon amour/2: Le case

L'Hotel McCallum al crepuscolo (nello stagno c'erano le rane)
Ed eccoci al terzo post di questa serie su Mendocino. Questa volta vi faccio vedere un po' di case. 

Qui sono tutte di legno e risalenti più o meno al 1880 (molte hanno un cartello con la data di costruzione, come il nostro Didjeridoo che vedete qui). Niente turba l'estetica di questo posto paradisiaco. Qua e là sorgono le vecchie torri dell'acqua, sempre in legno, alcune delle quali riadattate ad abitazione o a studio. Ne vedete una anche nel post che vi ho appena segnalato, oppure anche su Flickr, qui.

In genere hanno una vista niente male
Questa è per Elle e Mariantonietta
Io amo le torri dell'acqua
Qui le riutilizzano in modi bizzarri...
... e affascinanti

martedì 29 gennaio 2013

Mendocino mon amour/2: Hippyland

La zona di Mendocino, cioè tutta la Mendocino County e la Humboldt County (dove si trova per esempio il College of the Redwoods di cui parlavo in questo episodio), è tutta potland, ossia zona di coltivazione della marijuana. Coltivazione che qui è semilegale, nel senso che è legale per lo stato della California e illegale per il governo federale, cosa che naturalmente crea non pochi problemi ai coltivatori.

Mendocino, bella, selvaggia e difficile da raggiungere, è abitata da parecchi new-agers e ex (o non ex) hippy, che contribuiscono all'atmosfera rilassata e pacifica del luogo. Questa mattina, mentre ci serviva una delle sue spettacolari colazioni per cui è giustamente famoso (oggi uova strapazzate con salsa al mango e blue cheese, french toast all'arancia, salsicce con peperoni in brown sugar sauce, yogurt con mirtilli), il proprietario del Didjeridoo Dreamtime Inn ci raccontava del crab festival a cui ha partecipato sabato (sì, c'era il crab festival, ma era di giorno, e noi non eravamo ancora arrivati). Ognuno ha il suo metodo per mangiare il granchio, diceva: c'è chi tira fuori prima tutta la polpa e fa un bel mucchio sul piatto, per esempio; lui invece aveva portato un paio di cesoie di quelle che si usano per potare la marijuana (for pot-trimming), che vanno benissimo anche per mangiare il granchio.


lunedì 28 gennaio 2013

Mendocino mon amour/2: primo giorno

La spiaggia di Mendocino
Le previsioni hanno preso un granchio: il tempo è splendido.

Noi invece il granchio non l'abbiamo preso, perché il Crab & Wine Festival non era quello che pensavamo, ma non importa, perché questo posto è così bello che non c'è bisogno di nessun festival per goderselo. (A proposito: le foto più belle di Mendocino le trovate nel mio set California su Flickr).

Momenti migliori della giornata: il reading di Mr. Keats, naturalmente, che è andato bene e ha suscitato una bella discussione fra il pubblico. E io ci ho guadagnato due tazze della libreria in regalo.

Strane sculture sulla spiaggia

Prima del reading, mentre passeggiavamo lungo l'oceano, abbiamo sentito una musica in lontananza. Goran Bregović. Poi un'altra: kletzmer. Ma come, a Mendocino? La musica veniva dal paese. L'abbiamo seguita, attratti da quel pifferaio magico balcan-yiddish, e abbiamo trovato... la Church Marching Band! Un banda di musicisti giovanissimi che suonavano per le strade di Mendocino per pubblicizzare il loro concerto di quella sera al Caspar Inn. E così, dopo il reading e un paio di crab cakes (tanto per toglierci lo sfizio del granchio) nello storico Mendocino Hotel, ci siamo precipitati a Caspar. Quei ragazzi sono stati fantastici: mi sono divertita un sacco. E ho anche comprato la maglietta.

La Church Marching Band

Il reading
I souvenir

sabato 26 gennaio 2013

Mendocino, arriviamo!

Tra poco partiremo per la mia amata Mendocino, dove Mr. K leggerà dal suo nuovo libro alla Gallery Bookshop
Di tutto questo ho già parlato qui, ma nel frattempo ho scoperto un'altra cosa che mi rende felice di tornare al Didjeridoo Dreamtime Inn (malgrado il tempo, che si prevede schifoso).

Oltre ad andare a vedere il passaggio delle balene dallo splendido faro di Point Cabrillo (sperando di vederle anche con la pioggia e la nebbia che ci aspettano lassù), potremo partecipare al Crab & Wine Festival. Concerti, funghi, dungeness crab (in italiano granciporro. Sì, insomma, un grosso e saporito granchio) e vino. Il paradiso è a Mendocino.

Torniamo lunedì. Forse.


Il faro di Point Cabrillo

giovedì 24 gennaio 2013

Jorge Colombo e i dipinti su iPad

Il nostro amico Jorge Colombo, nativo di Lisbona trapiantato a New York, ce li aveva mostrati per la prima volta su un marciapiede dell'East Village. Poi un giorno i suoi dipinti su iPhone hanno cominciato a comparire sulle copertine del New Yorker. Quella qui accanto rimane la mia preferita (qui trovate il breve video che ne mostra la realizzazione. Qui un post che le avevo già dedicato tempo fa), di cui ho anche una stampa, regalo di nozze.

Adesso il vulcanico Jorge (qui trovate il suo blog, cioè, uno dei suoi blog) è passato a disegnare con l'iPad, e le sue copertine continuano a essere molto belle.
Ecco quella che ha fatto per il New Yorker di questa settimana.



mercoledì 23 gennaio 2013

"Vissi d'arte vissi d'amore non feci mai male ad anima viva": un aggiornamento su Tosca

Innanzitutto, grazie ad Amanda per il suggerimento del titolo. Perfetto.

Questa sera siamo stati da Coppola, dove mi capita spesso di andare dopo la scuola e sul quale da tempo vorrei scrivere un post perché mi piace tanto. Mentre discutevamo di dove andare dopo cena, in quale dei locali storici della zona, il cameriere ci ha sentiti e ha detto: "Go to Tosca, while it lasts". Ora, che un cameriere del locale di Coppola (che più tardi abbiamo visto da Tosca. Il cameriere, non Coppola) suoni così pessimista sul destino di Tosca, visto che Coppola è un habitué di Tosca, non mi fa sperare niente di buono. Il barman in smoking di Tosca che ci ha detto "we don't accept any plastic here, only green stuff" ha parlato di marzo. La proprietaria non è più nemmeno co-proprietaria, ha venduto tutto ai ricchi ristoratori newyorkesi da stella Michelin. Mi sono sentita un po' triste stasera, da Tosca. Questa è la volta che tolgo il saluto a Sean Penn.

Questo è il suo juke-box. Di Tosca, non di Sean Penn.


The Jukebox @ Tosca's San Francisco

martedì 22 gennaio 2013

Tosca salvata da Sean Penn (forse)

Tosca fuori, con il suo raffinato vicino
Il Tosca Cafe è un'istituzione di San Francisco, il terzo bar più vecchio della città (di quella old San Francisco che scompare pian piano sotto i colpi della troppa ricchezza che sta snaturando la città), famoso per i suoi arredi d'epoca, i baristi in smoking, il jukebox che suona pezzi d'opera, gli ottimi cocktail e la clientela illustre, tra cui spiccano gli habitué Francis Ford Coppola (che ha i suoi uffici lì vicino) e Sean Penn.
Tosca dentro

Lo scorso agosto circolavano voci allarmanti, secondo cui la proprietaria del bar, Jeannette Etheredge, si era vista aumentare l'affitto in modo insostenibile dal padrone di casa, il proprietario di strip club Roger Forbes. L'obiettivo di Forbes era evidentemente quello di sfrattare Etheredge per mettere al posto della beneamata Tosca un altro di quei raffinati locali di lap dance che già deturpano una parte di North Beach. Ma che, scherziamo? Vuol dire che qualunque pappone può permettersi di tutto solo perché è pieno di soldi (uhm, questa non mi giunge nuova...)?! Certo che no, tutti gridavano allo scandalo e imploravano i ricchi e famosi clienti di fare qualcosa per fermare quell'atto criminale.

E così ecco arrivare il nostro eroe, il bel Sean Penn, che si impegna a salvare Tosca. E ci
riesce, portando in città un trio di newyorkesi esperti di ristorazione, compresa una famosa chef. Tosca sarà salva, ma prima dovrà subire una ristrutturazione che amplierà la parte dedicata al ristorante. Solo a me la parola "ristrutturazione" suona un po' minacciosa?
Sean, ti prego, non deludermi.

lunedì 21 gennaio 2013

Word of the month: To bogart

 

April 20, 2008 Urban Word of the Day
(slang verb) To keep something all for oneself, thus depriving anyone else of having any. A slang term derived from the last name of famous actor Humphrey Bogart because he often kept a cigarette in the corner of his mouth, seemingly never actually drawing on it or smoking it. Often used with weed or joints but can be applied to anything.
Hey, man, don't bogart that joint!

domenica 20 gennaio 2013

La festa delle armi


Ieri era il primo "Gun Appreciation Day". Al grido di slogan geniali come "Guns don't kill people, gun control does", i gundamentalist d'America hanno manifestato nelle capitali dei vari stati per rivendicare il loro diritto a portare armi come gli pare e piace. Cinque persone si sono sparate per errore durante la giornata.

sabato 19 gennaio 2013

Translating is cool!

La rivista litster per eccellenza, "McSweeney's", se ne esce con un eccezionale numero tutto dedicato alla traduzione. Si intitola Multiples.

"With the help of guest editor Adam Thirlwell (author of Kapow!, Visual Editions), Issue 42 is a monumental experiment in translated literature—twelve stories taken through six translators apiece, weaving into English and then back out again, gaining new twists and textures each time, just as you'd expect a Kierkegaard story brought into English by Clancy Martin and then sent into Dutch by Cees Nooteboom before being made into English again by J.M. Coetzee to do. With original texts by Kafka and Kharms and Kenji Miyazawa, and translations by Lydia Davis and David Mitchell and Zadie Smith (along with others by John Banville and Tom McCarthy and Javier Marías, and even more by Shteyngart and Eugenides and A.S. Byatt), this will be an issue unlike anything you've seen before—altered, echoing narratives in the hands of the finest writers of our time, brought to you in a book that looks like nothing else we’ve ever done."

Su The Believer Logger trovate un'intervista ad Adam Thirwell.

giovedì 17 gennaio 2013

Limonata alla lavanda 2: La ricetta



Ricetta facile facile rubata a Martha Stewart.

Ingredienti 

  • 1/2 tazza di lavanda essiccata (per convertire le misure guardate qui)
  • 4 limoni bio
  • 1/2 tazza di miele


Istruzioni  

Sbucciate i limoni, conservando la buccia, e spremeteli. In una pentola grande fate bollire a fuoco alto 5 tazze e 1/2 di acqua con le bucce di limone. Unite la lavanda e mescolate. Coprite parzialmente, abbassate la fiamma e lasciate sobbollire per 10 minuti. Nel frattempo mettete un colino sopra un'altra pentola o recipiente a prova di calore. Filtrate l'infuso, schiacciando i fiori per estrarre tutto il liquido. Unite il miele e mescolate finché non si scioglie. Unite il succo di limone. Lasciate raffreddare completamente, per circa 45 minuti. Riempite i bicchieri di ghiaccio, versatevi sopra la limonata e servite immediatamente.

mercoledì 16 gennaio 2013

Limonata alla lavanda!

Un'altra cosa ho fatto, domenica. Sono tornata con la mia amica Alessandra nel bar della limonata alla lavanda, e questa volta l'ho presa anch'io.
Vinco la mia usuale riluttanza a pubblicare foto di me stessa sul web perché questa vale più di qualunque descrizione.



martedì 15 gennaio 2013

I Kabuki di San Francisco

No, niente a che vedere con il teatro. I kabuki di San Francisco, per quel che mi riguarda, sono due: la sauna giapponese e il cinema del circuito Sundance. Domenica li ho visitati entrambi.

La sauna kabuki è un posto molto zen, dove vige la regola del silenzio (c'è anche un piccolo gong che si può suonare per richiamare all'ordine chi fa rumore) e dove le donne (ci sono giorni per le donne e giorni per gli uomini) sono libere di girare nude, vestite o come preferiscono. Per la davvero modica cifra di $22 ($25 la domenica) si può accedere a sauna, bagno turco, vasca calda e vasca ghiacciata (quella che si vede nella foto). Naturalmente io le prime volte col cavolo che entravo nell'acqua ghiacciata, col risultato che poi tornavo a casa lessata come un cece e vitale come un'ameba. Finché un giorno, vedendo che tutte le altre si tuffavano nell'acqua polare senza battere ciglio, decisi che non potevo sfigurare così davanti a quelle americane, mi raccontai una storiella edificante su quanto sia bello sfidarsi a fare qualcosa di nuovo nella vita, a superare i propri limiti e blablabla e m'immersi in quella specie di lago ghiacciato dantesco. Tempo di immersione: un nanosecondo, seguito da un salto tipo personaggio dei cartoni animati con tanto di urletto stridulo. In Italia avrebbero riso tutte, a San Francisco la scena passò completamente inosservata. Dopodiché, piena di orgoglio per aver superato brillantemente quella prova esistenziale, mi rituffai nella vasca calda per rimanervi alcune ore. Dunque, la vasca dell'acqua calda, dove fingo meditazioni zen di cui sono totalmente incapace, è in realtà il mio punto d'osservazione preferito per seguire l'andirivieni di corpi femminili di ogni forma e dimensione. Mi piacciono tutti, indistintamente. O meglio, indistintamente fino al giorno in cui nella sauna entrò una specie di dea. Una ragazza sulla ventina, con un'aria molto cool, bracciali d'argento, qualche bel tatuaggio qua e là, una massa di capelli raccolti da cui sfuggiva qualche ricciolo sbarazzino. Mentre la guardavo colma di ammirazione, la dea si avvicinò alla vasca dell'acqua fredda, recente teatro del mio trionfo sui miei limiti e le mie paure. Poi, muovendosi con la grazia di una ninfa dei fiumi, si calò nella pozza di ghiaccio senza battere ciglio. Entrò fino al collo, appoggiò le mani eleganti sul bordo della vasca, il bel mento sopra le mani, e... restò lì. Cioè, dico, ci sarà rimasta per dieci minuti. Certa gente nasce proprio strafiga in tutto, porca miseria.

Il cinema kabuki, invece, con la sua architettura eco-friendly, mi piace soprattutto perché si mangia. E si beve. Si può comprare da mangiare e da bere a prezzi assurdamente alti all'interno del cinema, oppure si può imboscare la roba nello zaino e portarsela da casa. E dentro la sala, anziché orrendi popcorn puzzolenti e rumorosi, potete gustarvi una bella cenetta e una bottiglia di vino. Può anche capitarvi di incontrare un addetto ai biglietti fanatico di cinema, che guarda il vostro documento e vi dice quali film sono usciti nell'anno in cui siete nati. Domenica al kabuki ho visto Lincoln, filmone patriottico alla Spielberg in cui l'abolizione della schiavitù viene fatta passare per una grande conquista dell'umanità quando gli americani erano praticamente gli unici ad averla. Però io ci ero andata per vedere Daniel Day-Lewis, che naturalmente non delude mai. Terzo oscar in arrivo, ci scommetto quello che volete. La sua bravura ha qualcosa di soprannaturale. Chissà quanto tempo resiste nell'acqua gelida.

lunedì 14 gennaio 2013

Quando l'imperatore era un dio: il nuovo romanzo di Julie Otsuka



Eccolo qui, fresco di stampa: l'ultimo (in realtà il primo) romanzo di Julie Otsuka, tradotto da me.

QUI un estratto. QUI una bella recensione.

Buona lettura.






sabato 12 gennaio 2013

Oggi sono su Nazione Indiana/3


Questa volta le rubriche "I miei articoli" e "Meet my husband" si sovrappongono, perché per Nazione Indiana ho intervistato Mr. Keats (ripreso nella foto durante il reading a City Lights dell'altra sera. Su NI ce n'è un'altra dove sembra un folle) sul suo nuovo libro. Trovate tutto QUI.

venerdì 11 gennaio 2013

La verità sul mondo della traduzione

C'è una petizione molto importante: "Tradurre significa far conoscere. Traducendo meno si conosce, e ci si conosce, meno. Il Sindacato Traduttori Editoriali STRADE promuove la creazione di un fondo di sostegno alla traduzione sul modello di altri paesi europei. Una firma può aiutarti a leggere meglio." La trovate QUI.

E poi c'è un podcast, da Fahrenheit, in cui quattro traduttrici spiegano molte cose sulla situazione dei traduttori in Italia che probabilmente i lettori non sanno, e che troveranno senz'altro interessanti. Lo trovate QUI.

Buon ascolto e buona firma a tutti.

mercoledì 9 gennaio 2013

Un'insolita veduta di San Francisco

Nei primi giorni post-arrivo non avevo nessuna voglia di andarmene a zonzo per la città. Le prime due uscite sono state per motivi puramente materialistici: una visita al nuovo Trader Joe's che ha finalmente aperto da queste parti, e una all'Ikea. Trader Joe's ha portato un po' cibo decente a prezzi decenti in una zona infestata da Whole Foods e, peggio ancora, dal supermercatino-gioielleria di quartiere, gestito da una banda di squinternati (tutti uomini tranne l'inquietante addetta alla verdura, sempre presa a spettegolare con l'altrettanto inquietante suo collega che passa il tempo a innaffiare l'insalata) che rivolgono la parola solo a Mr. Keats e mai a me. L'Ikea è stata invece necessaria perché quei due indispensabili cassettoni che vogliamo comprare da due anni non si potevano ordinare online. E così ci siamo spinti fino a Emeryville, subito ribattezzata da Mr. Keats "retail hell", e io mi sono finalmente divertita un po'. A volte lo shopping funziona anche per me.

Tutto questo per dire che in questi giorni non me ne importa un accidente del ponte, della nebbia e della magica luce di San Francisco. Fosse per me, rimarrei a letto tutto il giorno a guardare gli episodi di Twin Peaks che mi mancano. Però siccome magari vi aspettate qualche veduta di San Francisco, ecco, ho trovato questa che mi è piaciuta molto. Un uomo, 100.000 stuzzicadenti e 35 anni.

La foto viene da qui, dove ne trovate altre (e se vi chiedete dov'è il mulino a vento, è nel Golden Gate Park)

martedì 8 gennaio 2013

Meet my husband/23: Jonathon Keats reads at City Lights Bookstore

This is from the City Lights Books webpage, but stay tuned for the forthcoming interview to Mr. Keats by... me (in English and Italian).
Jonathon Keats discussing art forgeries throughout the ages
Wednesday, January 9, 2013, 7:00 P.M., City Lights Bookstore, San Francisco



Celebrating the new book Forged: Why Fakes are the Great Art of Our Age, from Oxford University Press.

According to Vasari, the young Michelangelo often borrowed drawings of past masters, which he copied, returning his imitations to the owners and keeping originals. Half a millennium later, Andy Warhol made a game of "forging" the Mona Lisa, questioning the entire concept of originality.
Forged explores art forgery from ancient times to the present. In chapters combining lively biography with insightful art criticism, Jonathon Keats profiles individual art forgers and connects their stories to broader themes about the role of forgeries in society. From the Renaissance master Andrea del Sarto who faked a Raphael masterpiece at the request of his Medici patrons, to the Vermeer counterfeiter Han van Meegeren who duped the avaricious Hermann Göring, to the frustrated British artist Eric Hebborn, who began forging to expose the ignorance of experts, art forgers have challenged "legitimate" art in their own time, breaching accepted practices and upsetting the status quo. They have also provocatively confronted many of the present-day cultural anxieties that are major themes in the arts. Keats uncovers what forgeries--and our reactions to them--reveal about changing conceptions of creativity, identity, authorship, integrity, authenticity, success, and how we assign value to works of art. The book concludes by looking at how artists today have appropriated many aspects of forgery through such practices as street-art stenciling and share-and-share-alike licensing, and how these open-source "copyleft" strategies have the potential to make legitimate art meaningful again.
Forgery has been much discussed--and decried--as a crime. Forged is the first book to assess great forgeries as high art in their own right.


Jonathon Keats is a critic, journalist and artist. He is the art critic for San Francisco Magazine, and has contributed art criticism to Art & Antiques, Art + Auction, Art in America, ARTnews, Artweek, and Salon.com. His arts writing has also appeared in Wired Magazine, ForbesLife Magazine, The Washington Post, and The Christian Science Monitor. He is most recently the author of Virtual Words: Language on the Edge of Science and Technology (OUP). His conceptual art has been exhibited at venues including the Berkeley Art Museum, the Hammer Museum, and the Wellcome Collection. He is represented by the Modernism Gallery in San Francisco. Visit www.modernisminc.com

sabato 5 gennaio 2013

Arrivata

I hate connecting through Roswell (from The New Yorker)
Qualità del viaggio: molto bassa. Certo, essere arrivata a Malpensa alle 8.30 per un volo intercontinentale delle 10 perché convinta che il suddetto volo fosse alle 10.30 non ha facilitato le cose. E poi il 4 gennaio, sappiatelo, il mondo va in vacanza o torna dalla vacanza. E gli addetti al check-in dell'American Airlines sono ancora storditi dal cenone. L'unico sveglio di tutto l'aeoporto era l'uomo che, quando ormai mancava un quarto d'ora all'imbarco, mi ha fatto saltare la coda di una settimana per i controlli permettendomi così di non perdere l'aereo.
Nota per me stessa: MAI - se possibile - fare scalo a New York. Soprattutto il 4 gennaio. Dopo aver fatto una settimana di coda per l'immigration (come ha detto un altro italiano munito di green card che aspettava davanti a me mentre la cafonissima addetta alla fila faceva passare decine di citizens prima di noi, "questi sono dei robbot". Sì, e sono pure stronzi), sono passata dall'altra parte, dove ho rischiato di perdere la coincidenza mentre cercavo affannosamente la mia valigia (piena di indispensabili medicine e altrettanto indispensabili pezzi di parmigiano), che quando fai scalo a New York ti tocca pure reimbarcare. Dopo che la cafonissima addetta alle valigie mi ha annunciato che la mia valigia era andata smarrita, mi sono diretta con grande allegria verso l'imbarco per il secondo volo, quello che dopo un altro devastante numero di ore mi avrebbe finalmente portata a San Francisco. Dove un addetto alle valigie un po' più gentile mi ha promesso che la mia valigia arriverà oggi qui a casa. Speriamo.

Note positive del viaggio: 
1) Il cibo. Infatti ormai da anni mi porto la roba da casa.
2) La lettura. Limonov. Strepitoso.

giovedì 3 gennaio 2013

Pronta per partire

Cincia narcisa
Lucherino

Ho finito e consegnato la traduzione a cui ho lavorato in questi mesi. Ho messo un mazzetto di elicriso delle Cinque Terre e uno di lavanda nelle tasche dei jeans. Ho salutato i miei amici pennuti. Ho scelto con attenzione la musica da ascoltare mentre facevo le valigie, perché Tori Amos mi faceva venire un groppo allo stomaco, e allora meglio l'inossidabile Patti che almeno dà un po' di energia.
E poi ho salutato il lago.


mercoledì 2 gennaio 2013

Fiori d'inverno


Peccato non poterne fotografare il profumo. Quello del calicanto è il profumo della fine dell'inverno.