domenica 30 settembre 2012

Meritocrazia per tutti?

Una scuola americana con sedi in vari paesi europei, fra cui l'Italia. La scuola risente un po' della crisi, deve fare dei tagli. Il direttore generale chiama il direttore di una sede italiana e gli dice che occorre licenziare un insegnante per ogni sede. Spetta a lui, in quanto direttore della sede locale, decidere chi. Il direttore della sede italiana gli risponde: "Va bene, allora licenziamo il prof. XYZ." "Ma come," gli risponde l'americano, "è il più bravo di tutti i vostri professori! Non potete licenziare proprio lui!" "È l'ultimo arrivato", risponde l'italiano, "e in più è giovane e senza figli. La legge mi impone di licenziare lui. Secondo lei cosa dovrei fare: licenziare il prof. WKJ, che lavora qui da dieci anni, non è più giovanissimo e ha tre figli?" 
Secondo l'americano sì. Secondo voi?

venerdì 28 settembre 2012

Quote of the day: Hunter S. Thompson



"We came out here to find the American Dream, and now that we're right in the vortex you want to quit ... You must realize that we've found the main nerve."
"I know," he said. "That's what gives me the Fear."

Hunter S. Thompson, Fear and Loathing in Las Vegas

giovedì 27 settembre 2012

Win a pre-paid cremation!

Qualche tempo fa abbiamo ricevuto per posta questa pubblicità:


Dentro c'era questo allegro volantino:



martedì 25 settembre 2012

Limonata al timo

Tutto è cominciato a San Francisco, mentre ero al bar con la mia amica Alessandra. Mentre io bevevo un orrido espresso, uno di quelli che sembrano fatti con la cicuta e che si possono bere solo strizzando gli occhi, scuotendo la testa e facendo smorfie di disgusto, lei si è avvicinata al tavolo con in mano un bicchierone pieno di un meraviglioso liquido rosa. Cos'è, le ho chiesto, mentre cercavo di buttar giù la mia tazzina di assafetida. Limonata alla lavanda, mi ha risposto lei. Vuoi provare? Ecco, mentre io bevevo la mia brodaglia imbevibile, lei aveva lì, nel suo bicchierone, il nettare del paradiso. Un lieve sottofondo di lavanda unito alla freschezza del limone, campi provenzali e luce della Sicilia, petali di rosa e... potevi anche dirmelo prima, Alessandra, invece di lasciarmi ordinare questo schifo di caffè.

Insomma, corro a casa e googlo "lavender lemonade". Ricetta facilissima, solo che non ho la lavanda. Però sul sito delle limonate ne ho trovate tante altre, tra cui una al timo che ho deciso di provare seduta stante. Ecco, è davvero squisita. Non tocca i sublimi vertici di bontà di quella alla lavanda, però ve la consiglio lo stesso.

 

Ingredienti (per circa tre bottiglie)

  • 1 1/2 tazze di zucchero di canna (per convertire le misure guardate qui)
  • 1 mazzetto di timo fresco
  • il succo di dieci limoni
  • gin o vodka (facoltativo)

Istruzioni  

In una pentola fate bollire una tazza di acqua con lo zucchero e il timo; mescolate finché lo zucchero non si scioglie, per circa 2 minuti. Aggiungete il succo di limone e 6 tazze di acqua fredda. Filtrate e imbottigliate. Tenete in frigo almeno un'ora prima di servire con ghiaccio e, se volete, una guarnizione di rametti di timo. Ottimo anche come aperitivo con l'aggiunta di gin o vodka. Si conserva in frigo fino a una settimana. 

lunedì 24 settembre 2012

"I love you" in Japanese

My dear friend, elegant writer and translator Mariko Nagai (whose new book, Instructions for the Living, will soon be published by Word Palace Press), recently wrote this facebook status that I want to share.
In translating the phrase, "I love you" into Japanese, Natsume Sōseki translated it as 「月が綺麗ですね」 ("The moon is beautiful tonight, isn't it."); Futabatei Shimei translated it as 「わたし、死んでもいいわ」 ("I could die (for you)")

domenica 23 settembre 2012

Un ricordo di Glauco Felici

Pochi giorni fa è mancato un grande traduttore, Glauco Felici. Tantissimi scrittori di lingua spagnola che amo hanno scritto in italiano con le sue parole.
Simone Barillari gli ha dedicato un bell'articolo sul manifesto, che ripubblico qui.

Non meno che ai molti che lo hanno conosciuto e amato, Glauco Felici (1946-2012), uno dei più insigni traduttori e ispanisti italiani del secondo Novecento, mancherà all’editoria e alla letteratura di questo paese. Da oltre quarant’anni leggevamo le sue parole inconsapevolmente, credendo di leggere soltanto le parole di alcuni dei più grandi scrittori spagnoli e sudamericani del secolo: Javier Marías (di cui Felici ha tradotto quasi tutti i romanzi, da Domani nella battaglia pensa a me L’uomo sentimentale, da Tutte le anime alla trilogia di Il tuo volto domani), due fondamentali premi Nobel come Mario Vargas Llosa (Il Paradiso è altrove e La festa del Caprone tra gli altri) e Octavio Paz, di cui stava traducendo alcune delle maggiori opere per un Meridiano che deve ancora uscire, e che assume ora il senso di una duratura eredità, l’infinito Jorge Luis Borges (Elogio dell’ombraManuale di zoologia fantastica) e il suo amico e doppio Adolfo Bioy Casares (i racconti di Un leone nel parco di Palermo), un poeta della levatura di Federico García Lorca, di cui è stato uno dei più intimi conoscitori italiani, José Lezama Lima, questo tormentoso Gongora cubano con il suo lussureggiante Paradiso, qualcosa di Cabrera Infante e molto di Osvaldo Soriano (e in special modo un romanzo struggente e amato come Triste, solitario y final), l’incandescente Paco Ignacio Taibo e l’elegante Juan Goytisolo, e ancora altri classici, come Diego de Torres Villaroel e Miguel de Unamuno, e altri contemporanei, come Miquel de Palol, Quim Monzó, Antonio Skarmeta e Álvaro Pombo. Di alcuni di questi autori, poi, Felici fu non soltanto traduttore e curatore ma anche amico e importante interlocutore intellettuale, come testimoniano i ricchi carteggi intrattenuti con Mario Vargas Llosa, Osvaldo Soriano e Javier Marías, che gli conferì anche il fastoso titolo nobiliare di Visconte Foscolo – con eloquente riferimento a un poeta che fu traduttore – nell’ambìto e fantastico Regno di Redondo, dove Marías ha posto, con scherzosa serietà, alcuni dei più illustri uomini di lettere d’Europa.
Diceva un autore tradotto da lui, Octavio Paz, che un uomo di lettere “non ha biografia: la sua opera è la sua biografia”, e anche la vita pubblica di Glauco Felici, come quella degli autentici uomini di lettere, sembra lasciarsi ripetere solo attraverso il vertiginoso sfilare dei titoli a cui lavorò e le sue prestigiose collaborazioni con i giornali, primi fra tutti il manifesto e La Stampa. Nel suo caso, tuttavia, anche altro andrà ricordato che non dicono i libri e gli articoli e nemmeno i tanti premi vinti, dal Grinzane Cavour al Monselice, ed è la sua ininterrotta attività di consulenza per grandi realtà come Einaudi e il Saggiatore, che fa di lui uno degli alacri e oscuri artefici della storia editoriale della letteratura ispanica in Italia. Lo caratterizzò sempre, in questo ruolo, una tenacia senza compromessi nel promuovere autori e letterature distanti dagli umori dei mercati, nel cercare e talvolta faticosamente trovare spazio per prose nuove e difficili, per nomi ignoti e importanti.
Serve per essere traduttore, per essere il segreto scrittore di uno scrittore, una misura di umiltà e un’ugual misura di amor proprio, una mobile mescolanza di modestia e di orgoglio: non si può dare a un altro uomo nulla di più personale che le proprie parole, ed è questa una delle più alte abnegazioni di sé, ma pensare di poter restituire le parole di un altro uomo in qualsiasi altro modo che non siano le sue stesse parole, questo è un atto di suprema fierezza. L’una e l’altra sono state le prerogative essenziali ed esistenziali di Glauco Felici, e le contiene entrambe questa sua considerazione che descrive con disinvolta spietatezza l’arte di tradurre: “So di aver fatto una grande traduzione quando, rileggendola dopo molti anni, non riconosco che è mia”. È eccessivo, probabilmente, dire che muore, insieme a un traduttore, anche qualcosa di ogni scrittore che traduce, eppure, al tempo stesso, non si può forse immaginare nessun altro silenzio che sia vasto e profondo quanto quello che si ha quando, alla morte di un traduttore, sembrano tacere per un lungo momento, tutte insieme, alcune delle più grandi voci dell’umanità.

Simone Barillari, Glauco Felici, scrittore segreto, il manifesto

giovedì 20 settembre 2012

Un video da premio

Un po' di tempo fa avevo parlato di questo concorso per videoartisti, sul tema della visibilità dei traduttori letterari. Un tema che, come sapete, mi sta molto a cuore. Ebbene, a pochi giorni dalla premiazione, che avverrà il 30 settembre, Stefania Da Pont, traduttrice e curatrice del blog Piano B, mi ha segnalato questo bel video che ha realizzato insieme al marito videomaker, Gianpiero Mendini. Il video sta girando parecchio su Facebook, e a noi traduttori piace molto. Se piace anche a voi e volete votarlo, potete farlo sulla pagina Fb del Ceatl (lo trovate nella colonna a destra della pagina, dove c'è scritto "Our entry for the contest, from Italy).

In bocca al lupo!



mercoledì 19 settembre 2012

Un viaggio, un libro

Il viaggio è stato lungo, come sempre, ma avevo una storia meravigliosa a tenermi compagnia. La storia di Patti e Robert.

"It was the summer Coltrane died. The summer of Crystal Ship. Flower children raised their empty arms and China exploded the H-bomb. Jimmy Hendrix set his guitar in flames in Monterey. AM radio played Old Billy Joe. There were riots in Newark, Milwaukee, and Detroit. It was the summer of Elvira Madigan, the summer of love. And in this shifting, inhospitable atmosphere, a chance encounter changed the course of my life. 
It was the summer I met Robert Mapplethorpe."



"There are many stories I could yet write about Robert, about us. But this is the story I have told. It is the one he wished me to tell and I have kept my promise. We were as Hansel and Gretel and we ventured out into the black forest of the world. There were temptations and witches and demons we never dreamed of and there was splendour we only partially imagined. No one could speak for these two young people nor tell with any truth of their days and nights together. Only Robert and I could tell it. Our story, as he called it. And, having gone, he left the task to me to tell it to you."


E poi, le Alpi. Casa.







domenica 16 settembre 2012

Il nome della traduttrice

Ah, che lagnosi questi traduttori, vogliono sempre che si citi il loro nome nelle recensioni. Adesso hanno persino aperto una pagina su Facebook per raccogliere le segnalazioni delle recensioni che escono senza il nome del traduttore. Qualcuno deve averli addirittura convinti che esista una legge che lo impone, una fantomatica "Legge n. 633 del 22 aprile 1941", che all'Art. 70, Comma 3 direbbe: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione debbono essere sempre accompagnati dalla menzione del titolo dell'opera, dei nomi dell'autore, dell'editore e, se si tratti di traduzione, del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull'opera riprodotta."

Se andate su quella pagina Facebook e magari cliccate su "mi piace" (grazie!), vedrete che da qualche parte c'è anche il mio nome, che è misteriosamente scomparso da svariate recensioni di Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank.

Per fortuna, però, qualcuno se lo è ricordato.


venerdì 14 settembre 2012

Perché abolire la pena di morte

Camera a gas a San Quentin, California
Nella progressista California, dove il 68% della popolazione è favorevole alla pena di morte, in novembre si voterà un referendum per abolirla: California Proposition 34, the End the Death Penalty Initiative.

Mentre gli europei si scandalizzano per questa barbara usanza, adducendo profonde argomentazioni filosofiche/religiose/giuridiche/morali/storiche/umanitarie per la sua abolizione, i californiani hanno trovato l'unico motivo che forse potrebbe funzionare: la pena di morte costa troppo.

Date un'occhiata al testo della Proposition 34: tra gli argomenti degli abolizionisti troviamo:

1) Repealing the death penalty will "save the state millions of dollars through layoffs of prosecutors and defense attorneys who handle death penalty cases, as well as savings from not having to maintain the nation's largest death row at San Quentin prison."
2) The death penalty is intrinsically wrong. (Questo sarebbe l'argomento filosofico/morale. Molto robusto e ben sviluppato, eh?)
3) "Our system is broken, expensive and it always will carry the grave risk of a mistake."
4) “SAFE California will provide public protection by keeping those truly guilty of death penalty crimes locked up for life, and in the meantime saving us millions of dollars that will be invested in crime-fighting measures leading to the apprehension of serious criminals.” -- John Van de Kamp, former Attorney General of California and former Los Angeles County District Attorney.
5) “[The death penalty] does not make our streets safer and it takes away resources from things that prevent violence, like keeping our kids in school and putting cops on the street. It also denies justice for thousands of grieving mothers who, like me, will never see their children’s murderer be held accountable for their crimes.” –Lorraine Taylor, Murder Victim Family
6) “We know that innocent people have been convicted of murder in California – three were released in 2011 after serving a total of 57 years – and that innocent people have been executed in other states. Nationwide, 140 inmates from death rows have been exonerated of the crimes for which they were wrongly convicted. In light of possible innocence, using the death penalty puts all Californians at risk of perpetrating the ultimate injustice of executing an innocent person[.]” – Bishop Cirilo Flores (ecco, almeno il vescovo parla del rischio di ammazzare qualche innocente).
7) “Life without parole protects public safety better than a death sentence. It's a lot cheaper, it keeps dangerous men and women locked up forever, and mistakes can be fixed.” -- Don Heller, SAFE California supporter and author of the 1978 initiative that reinstated the death penalty. 
8) A 2011 study by former prosecutor and federal judge Arthur Alarcón indicates that California has spent approximately $4 billion to execute 13 people since the death penalty was reinstated. The Alarcón report also indicates that implementing the death penalty in California costs $184 million dollars per year more than implementing sentences of life without the possibility of parole


giovedì 13 settembre 2012

Cose che non rimpiango dell'Italia/2


L'altro giorno un mio studente ha parcheggiato il suo scooter sul marciapiede. Quando è andato a riprenderlo, ha trovato una multa di $220. Ecco, magari così è un po' troppo (anche senza arrivare a dire, come Bill Vaughan, "A real patriot is the fellow who gets a parking ticket and rejoices that the system works"), però è senz'altro meglio del parcheggio selvaggio.

martedì 11 settembre 2012

Cose che non rimpiango dell'Italia/1


Una scuola per cui ho lavorato negli Stati Uniti: 
 - primo pagamento a metà trimestre e saldo finale prima ancora che il trimestre sia finito.

Una scuola per cui ho lavorato in Italia: 
 - pagamento a  180 giorni;
- uno "spiacevole contrattempo" costringe a rimandare il pagamento, che diventa a 270 giorni;
- un secondo "spiacevole contrattempo" costringe a rimandare il pagamento, che diventa  a 360 giorni.

Secondo voi dopo un anno mi pagheranno? 

(PS: Non sono tutti così, ovviamente. Anzi, in genere lavoro per committenti italiani molto corretti e puntuali. La differenza, forse, è che qui un committente che non paga non dura molto, mentre in Italia in qualche modo riesce più facilmente a cavarsela.)
 

giovedì 6 settembre 2012

Quote of the day: John Cage

"I can't understand why people are frightened of new ideas. I'm frightened of the old ones."  
John Cage, nato 100 anni fa ieri.
Si parla molto di John Cage in questo periodo, e visto che è uno dei principali ispiratori dell'arte di mio marito non potevo esimermi dal citarlo anch'io. E se per caso non avete ancora sentito la storia della partecipazione di Cage a Lascia o Raddoppia come esperto di funghi, la trovate qui.
"...Per la rubrica 'Rumori quotidiani', Cage ha messo su un complesso formato da un pianoforte, due radio, un frullatore, un innaffiatoio, un fischio, un gong, un bollitore". Foto da qui.
"L'americano John Cage, compositore di musiche avveniristiche e conoscitore di funghi, esegue un concerto intirolato a 'Rumori quotidiani' con strumenti e strani aggeggi." Foto da qui.

mercoledì 5 settembre 2012

Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank, di Nathan Englander

Eccola, è appena uscita la mia ultima traduzione

Di Nathan Englander avevo già tradotto Il ministero dei casi speciali, e ora ho lavorato con grandissimo piacere a questa splendida raccolta di racconti.

QUI trovate lo speciale sul sito dell'Einaudi.

QUI l'articolo di Siegmund Ginzberg sulla Repubblica.

E qui sotto trovate un brano del primo racconto, quello che dà il titolo alla raccolta. 

– Mi ricordo che quando eravamo ragazze mi proponeva sempre, – dice Shoshana, girandosi verso Deb, – mi proponevi sempre questo tipo di giochi. Scegliere un nascondiglio. E quell’altro, ancora peggiore, ancora piú macabro…
– Zitta, – dice Deb.

– So cosa stai per dire, – intervengo, sinceramente emozionato.

– Il gioco, vero? L’ha fatto anche con te, quel gioco folle?

– No, – dice Deb. – Basta. Lascia perdere.

E Mark, che è completamente immerso nell’analisi delle certificazioni kosher, che sta strappando l’involucro di pacchi di merendine da cento calorie e ingozzandosi di noccioline tostate che prende a manciate da un barattolo, e che da quando siamo entrati nella dispensa ha pronunciato solo una frase, ora s’interrompe e dice: – Voglio giocare a questo gioco.

– Non è un gioco, – risponde Deb.

E sono contento di sentirglielo dire, perché è proprio quello che cerco di farle ammettere da anni. Che non è un gioco. Che è una cosa serissima, una specie di preparazione, e una vera e propria patologia che preferisco non assecondare.

– È il gioco di Anne Frank, – dice Shoshana. – Giusto?

Vedendo che mia moglie è molto turbata, faccio del mio meglio per difenderla. – No, non è un gioco, – dico. – È solo di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank.

– Come si gioca a questo non-gioco? – dice Mark. – Cosa dobbiamo fare?

– È il gioco del Gentile Giusto, – dice Shoshana.

– Altrimenti detto «Chi mi nasconderà?», – aggiungo.

– Nell’eventualità di un secondo Olocausto, – dice Deb in tono esitante, arrendendosi. – È una seria esplorazione, un esperimento di pensiero.

– Un gioco, – dice Shoshana.

– A volte ci chiediamo quali dei nostri amici cristiani ci nasconderebbero, nel caso di un Olocausto americano.

– Non capisco, – dice Mark.

– Come no, – dice Shoshana. – Certo che capisci. Funziona cosí. Se ci fosse un’altra Shoah, se succedesse di nuovo, se fossimo a Gerusalemme nel 1941 e l’avesse vinta il Gran Muftí, cosa farebbe il tuo amico Jebediah?

– Cosa potrebbe fare? – dice Mark.

– Potrebbe nasconderci. Potrebbe rischiare la sua vita, quella dei suoi famigliari e di tutti quelli che lo circondano. Il gioco è questo: farebbe questo per te, lo farebbe davvero?

martedì 4 settembre 2012

Differenze culturali su facebook

Americani su facebook: 
"Buy my book"
Foto da qui
"Read my article"
"Come to my yoga class"
"Come to my concert" 
"Want to work while you sleep? There's an app for that"


Italiani su facebook:
"Anto', fa caldo"
"Che tristezza questa pioggia"
"E adesso non osate lamentarvi della pioggia"
"E adesso non dite che rimpiangete il caldo"
"Le vacanze sono finite, mi suicido"



lunedì 3 settembre 2012

Una gita al giardino botanico

Benvenuti al giardino botanico di San Francisco, dove le piante sono dotate di GPS.


Il tempo era bello quando siamo arrivati, ma occhio a quelle nuvolette apparentemente innocue...



Nel giardino botanico ci sono meraviglie come la rosa pigmea...


La quercia velenosa...


E san Francesco che addomestica i falchi (in basso a sinistra. Giuro che è un falco vero).




Poi naturalmente è arrivata la nebbia e siamo tornati a casa.

domenica 2 settembre 2012

Meet my husband/19: Jonathon Keats e i documentari di viaggio per piante

Foto da Wired
Di questo progetto avevo già parlato QUI, quando sul New Yorker era comparso un articolo che parlava di Strange Skies, il documentario di viaggio per piante girato in Italia da Jonathon Keats.

Il documentario è stato in seguito arricchito da una splendida colonna sonora composta da Theresa Wong, che l'ha eseguita dal vivo durante una proiezione al Berkeley Art Museum.

Quella volta non c'ero, ma l'altra sera ho finalmente potuto assistere, insieme a un pubblico di esseri umani e piante, a una proiezione di Strange Skies accompagnato da Xenoglossia, il brano scritto da Theresa per accompagnarlo. La serata si è svolta alla Royce Gallery, nell'ambito di un programma di musica da camera d'avanguardia organizzato dalla compositrice/performer Pamela Z

Purtroppo avevo dimenticato a casa la macchina fotografica, e così non posso offrirvi nessuna immagine della serata. Però posso mostrarvi Strange Skies, e anche farvi sentire Xenoglossia.