mercoledì 5 settembre 2012

Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank, di Nathan Englander

Eccola, è appena uscita la mia ultima traduzione

Di Nathan Englander avevo già tradotto Il ministero dei casi speciali, e ora ho lavorato con grandissimo piacere a questa splendida raccolta di racconti.

QUI trovate lo speciale sul sito dell'Einaudi.

QUI l'articolo di Siegmund Ginzberg sulla Repubblica.

E qui sotto trovate un brano del primo racconto, quello che dà il titolo alla raccolta. 

– Mi ricordo che quando eravamo ragazze mi proponeva sempre, – dice Shoshana, girandosi verso Deb, – mi proponevi sempre questo tipo di giochi. Scegliere un nascondiglio. E quell’altro, ancora peggiore, ancora piú macabro…
– Zitta, – dice Deb.

– So cosa stai per dire, – intervengo, sinceramente emozionato.

– Il gioco, vero? L’ha fatto anche con te, quel gioco folle?

– No, – dice Deb. – Basta. Lascia perdere.

E Mark, che è completamente immerso nell’analisi delle certificazioni kosher, che sta strappando l’involucro di pacchi di merendine da cento calorie e ingozzandosi di noccioline tostate che prende a manciate da un barattolo, e che da quando siamo entrati nella dispensa ha pronunciato solo una frase, ora s’interrompe e dice: – Voglio giocare a questo gioco.

– Non è un gioco, – risponde Deb.

E sono contento di sentirglielo dire, perché è proprio quello che cerco di farle ammettere da anni. Che non è un gioco. Che è una cosa serissima, una specie di preparazione, e una vera e propria patologia che preferisco non assecondare.

– È il gioco di Anne Frank, – dice Shoshana. – Giusto?

Vedendo che mia moglie è molto turbata, faccio del mio meglio per difenderla. – No, non è un gioco, – dico. – È solo di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank.

– Come si gioca a questo non-gioco? – dice Mark. – Cosa dobbiamo fare?

– È il gioco del Gentile Giusto, – dice Shoshana.

– Altrimenti detto «Chi mi nasconderà?», – aggiungo.

– Nell’eventualità di un secondo Olocausto, – dice Deb in tono esitante, arrendendosi. – È una seria esplorazione, un esperimento di pensiero.

– Un gioco, – dice Shoshana.

– A volte ci chiediamo quali dei nostri amici cristiani ci nasconderebbero, nel caso di un Olocausto americano.

– Non capisco, – dice Mark.

– Come no, – dice Shoshana. – Certo che capisci. Funziona cosí. Se ci fosse un’altra Shoah, se succedesse di nuovo, se fossimo a Gerusalemme nel 1941 e l’avesse vinta il Gran Muftí, cosa farebbe il tuo amico Jebediah?

– Cosa potrebbe fare? – dice Mark.

– Potrebbe nasconderci. Potrebbe rischiare la sua vita, quella dei suoi famigliari e di tutti quelli che lo circondano. Il gioco è questo: farebbe questo per te, lo farebbe davvero?

35 commenti:

  1. Che gioco inquietante, chissà quante coscienze avrà smosso...
    PS Shoshana mi fa venire in mente Inglorious Basterds, che mi è piaciuto parecchio, soprattutto per la trovata della vendetta consumata nel cinema.

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  2. Ehm, spero di non aver fatto spoiler!! :)

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    1. Argh, sì, non l'ho ancora visto! Però posso contare sulla mia totale assenza di memoria: lo spoiler verrà prontamente dimenticato.

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  3. sembra interessante! tanto faccio presto un giro in libreria.

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  4. Non conoscevo questo giovane scrittore e grazie a te, sto scoprendo un nuovo mondo, soprattutto quello dei traduttori, Sai che ora guardo SEMPRE il nome del traduttore? Ho un quesito da porti: quando i traduttori sono più d'uno (tre nel caso della biografia di Steve Jobs - di Walter Isaacson - che sto leggendo: Paolo Canton, Laura Serra e Luca Vanni), come funziona? Ognuno fa, autonomamente, alcuni capitoli?

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    1. Sì. Io non ho mai lavorato in collaborazione con altri, però so che in genere ognuno traduce alcuni capitoli e poi o si lavora tutti insieme a rendere omogeneo lo stile, oppure ci pensa l'editor.

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  5. Bella la domanda su chi dei nostri amici metterebbe a repentaglio la vita per noi... La risposta, nella realtà, potrebbe stupirci, credo.
    In ogni caso, il brano è interessante e invoglia a leggere il libro. Me lo procurerò di sicuro, Silvia. :-)

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  6. Sono andata a leggere i links. Perchè non una parola sulla traduttrice?

    I LIBRI NON SI TRADUCONO DA SOLI!
    Citate il traduttore nelle recensioni.

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    1. Sai che avevo controllato anch'io? Ormai sono fobica :D
      Einaudi la cita in fondo (ci mancherebbe, perdindirindina!)

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    2. Cara Rose, tu sei una delle più fiere paladine della causa del traduttore negletto. :-)
      Hai ragione, però in questo caso ho citato la recensione solo perché ho visto l'edizione cartacea (grazie al servizio Media Library della biblioteca), che riporta il mio nome nel box a fianco. Altrimenti, giammai! Inoltre, questa è l'unica recensione uscita finora (che io sappia), che verrà prontamente sostituita qualora ne comparisse qualcuna in cui si parla anche della traduzione.

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    3. Vabbè, dai, allora me la tiro un po'. Ecco il testo di un recente tweet di Nathan Englander:

      23 Aug Nathan Englander ‏@NathanEnglander
      Glad if it worked. Though it can't come close to the amazing Silvia Pareschi, who translated the book.

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    4. Carino, il Nathan, sia nel riconoscere il tuo valore che... di fatto, anzi, di faccia. ;-)
      Ho scorso tutto il programma del festival della letteratura di Mantova e non ho trovato il libro. Dove avverrebbero gli incontri di cui parla Einaudi? Dice gli orari, il giorno, ma non il luogo.

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    5. Guarda qui.

      Uno nel cortile dell'Archivio di Stato, l'altro al Teatro Ariston. Vai a Mantova? Che bello, io sono qui bloccata ancora fino a metà mese :-(

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    6. Mi piacerebbe molto, devo vedere quanto mi massacra il dentista, venerdì pomeriggio :-(

      Comunque, io avevo visto una foto decisamente migliore:
      http://www.einaudi.it/libri/autore/nathan-englander/0001070

      Hai sempre in mente di andare a Torbole in Settembre?

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    7. Sì, Nathan è carino e molto molto simpatico.

      Quanto a Torbole, come dicevo a Titti temo proprio che non ce la farò: insegnerò per un trimestre all'università a Milano, e come al solito non mi resterà il tempo per fare nessuna vacanza. Le ho promesso (e mi sono promessa) che ci riuscirò in primavera.

      In bocca al lupo per il dentista. Come direbbe un personaggio di Junot Diaz: "I hear you sista!"

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    8. Ĕ stata una roba cruenta, ma grazie del sostegno psicologico. Sicuramente non posso muovermi nel finesettimana. Peccato, però. Già mi vedevo intervenire nell'intervista, per chiedere, innocentemente: "Who translated the book into Italian, Mr. Englander?" ;-)

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    9. Orpo, addirittura? Estrazione?

      A Mantova in genere sono attenti ai traduttori: durante il festival si tengono laboratori di traduzione letteraria, e dall'anno scorso c'è anche un "translation slam". Se ti fossi presentata con la spilletta avresti riscosso un gran successo. Chissà, magari potremmo darci appuntamento là per l'anno prossimo...

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  7. Me lo segno e lo leggerò sicuramente.
    Nel frattempo, sappi che sto leggendo - anzi, divorando- Libertà di Franzen. E' da tantissimo che non macinavo pagine a tale velocità, complimenti a lui e a te.

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  8. :-)
    ora mi incuriosisce sia in lingua originale sia la tua traduzione.
    Forse prendo 2 libri, così mi esercito un po'.

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    1. E poi arriverà anche l'aneddoto di traduzione che ti avevo promesso. Intanto però mi sono ricordata di averne già raccontato uno su questo libro, qui.

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  9. Che bel lavoro hai!
    Io ammiro fortemente i traduttori di libri; una frase tradotta troppo letteralmente, una virgola al posto sbagliato e si cambiano le atmosfere che l'autore voleva trasmettere.
    Quando, qualche anno fa, e' stato il mio turno di scegliere un libro per il book club al quale appartenevo, ho deciso di osare con Il Fu Mattia Pascal. Ho trovato una traduzione in inglese davvero fatta bene, seguiva perfettamente i ritmi pirandelliani. Unico problema? I lettori. Non tutti riuscivano a spiegarsi e comprendere la mentalita' italiana dei primi del novecento.

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    1. Sì, il lavoro è bello (zitta Silvia, non attaccare con le solite lamentele sulla paga).
      Me li immagino, gli americani perplessi davanti a Pirandello. Ti ricordi di chi era la traduzione?

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    2. Sono andata a cercarlo, la traduzione e' di William Weaver.

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    3. Grazie, in effetti dopo avertelo chiesto avevo immaginato che potesse essere Weaver. E' il più noto traduttore dall'italiano, praticamente li ha tradotti tutti lui. Se un giorno dovessi insegnare traduzione qui, credo che sarebbe interessante analizzare alcuni dei suoi lavori.

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  10. Complimenti, Silvia, per la traduzione del libro, per il mestiere che fai e per la capacità che hai di farceli condividere.

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    1. Grazie :-) Ho la grande fortuna di tradurre spesso (non sempre, ma spesso) libri belli, e questo rende non solo molto più piacevole il lavoro, ma anche più facile la condivisione.

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  11. Einaudi! Mica pizza e fichi. Adesso mi vergogno moltissimo dei miei posto scritti a caso e con una manciata di punteggiatura messa lì a caso...

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    1. :-DDD Non sto mica a guardare la punteggiatura dei commenti!

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  12. Penso che questa sarà la mia prossima lettura. Grazie per il suggerimento!

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  13. Complimenti Silvia! Come sempre, anche in poche righe, mi hai dato la riflessione per la serata.

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    1. La profondità è tutta di Nathan. Io la traghetto solo verso l'italiano.

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  14. Questo mondo è molto affascinante mi perdo anche solo a leggerne i commenti.
    Il problema è che mi smarrisco per la strada dell'investigazione a destra e a sinistra e quando guardo l'orologio mi rendo conto che ho trascurato molte cose.
    Anch'io ora vado sempre alla ricerca del nome del traduttore, non è che mi sono beccata una malattia?

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    1. Eh, a chi lo dici. Se solo mi pagassero per investigare...
      Quanto alla malattia, speriamo che sia molto contagiosa! ;-)

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