Tra i primi sette titoli della nuova collana einaudiana esclusivamente digitale, i "Quanti", c'è anche il bellissimo saggio di Jonathan Franzen Il cervello di mio padre, tratto dalla raccolta Come stare soli, uscita nel 2003 nella mia traduzione.
"Quando, esattamente, abbiamo perso la persona che abbiamo perso? E
quando la potremo incontrare di nuovo, se nemmeno il ricordo è un terreno saldo
su cui incontrarci? Perché la memoria, ci dice Franzen, non è l'archivio sicuro
in cui tutto si conserva, ma una lastra fragile e pericolosa come il ghiaccio
sopra un lago, in cui alcune cose rimangono imprigionate e altre, la maggior
parte, non fanno che affondare. Per tentare di dare un senso alla lotta del padre con l'Alzheimer, l'autore
delle Correzioni non smette di interrogarsi su ciò che ci definisce individui, sulla
natura dei legami familiari, sul funzionamento della memoria."
"Tutti
i ricordi, dicono i neuroscienziati, sono in realtà ricordi di ricordi, ma di
solito non sembrano tali. Questo invece sì. Mi ricordo di ricordare: mio padre a
letto, mia madre seduta accanto a lui, io in piedi vicino alla porta. Avevamo
appena avuto un’angosciosa conversazione famigliare, forse su dove avremmo
trasferito mio padre quando fosse uscito dall’ospedale. È una conversazione che
mio padre detesta, per quel poco che riesce a seguirla. Alla fine urla con
enfasi appassionata, come se ne avesse abbastanza di tutte quelle sciocchezze, 'Ho sempre amato tua madre. Sempre'. E mia madre si nasconde la
faccia tra le mani e scoppia in singhiozzi."