giovedì 29 agosto 2013

Here comes the Taser Tax!


Con una mossa che riesce al contempo a essere spregevole e grottesca, il governo italiano vara una nuova tassa, e la chiama Taser Tax.
Qualcuno poi sarà intervenuto per spiegare che forse, ecco, Taser no, non era proprio un nome azzeccato. E allora ecco che si cambia, la Taser che sostituisce la Tares diventa subito Service Tax, perché all'uso dell'inglese che fa tanto internescional non si rinuncia mai.


mercoledì 28 agosto 2013

Salvatore Settis e l'astratto modello americano/2. I musei

"E nel caso dei beni culturali? Anche in questo campo, il riferimento al modello americano, o meglio alla sua mitologia, sembra ineluttabile. È un riferimento che ha ottime ragioni: infatti, i musei americani spesso funzionano molto bene [non sempre, però], hanno molti visitatori, un attivo programma di mostre e di nuove acquisizioni (che talvolta, anche per le cifre in ballo, raggiungono le cronache), ottimi servizi per le scuole e le visite, una gestione dinamica, 'imprenditoriale'. Sarà questo il toccasana? Basterà trapiantare quel modello in Italia, e finalmente non saremo più 'arretrati'? [...] Per riformare le istituzioni del nostro Paese adottando modelli elaborati in un altro Paese (in un'altra realtà politica, in un'altra società, in un'altra cultura, con un'altra storia) occorre conoscere  ugualmente bene non solo la tradizione e la situazione italiana, ma anche quella del Paese-modello. [...] Che livello di compatibilità, di 'traducibilità' ha quel sistema con la nostra società, la nostra storia, le nostre istituzioni?
Ora, se 'studiamo' l'Italia, ci accorgiamo di quanto diversi siano i nostri musei rispetto a quelli degli Stati Uniti. Ricordiamo alcune differenze: là, con la sola eccezione dell'arte contemporanea, dei parchi nazionali e dei musei sulle culture degli Indiani d'America, le collezioni dei musei non hanno alcun nesso storico con il territorio che li accoglie. [...] Da noi al contrario [...], i musei sono incardinati nel territorio, formano un tutto unico con le città e le campagne che li circondano: fra il villaggio abitato e il museo, fra la chiesa e il paesaggio, fra la città, fra la campagna, la villa non c'è soluzione di continuità, ma un'unica tessitura concresciuta nel corso dei secoli. Perciò il 'modello Italia' di tutela prevede che il patrimonio culturale sia tutto di interesse pubblico, anche se solo in parte di proprietà pubblica; mentre nulla di simile prevedono le leggi americane. Perciò la normativa italiana impone allo stato la tutela dell'intero patrimonio culturale della Nazione, quella americana no. [...] Perciò se un museo americano dovesse vendere un quadro di Tiziano non toglierebbe nulla alla storia, poniamo, della California; se lo facesse l'Accademia di Venezia, mutilerebbe la storia di quella città e dell'Italia. [...]
Per ricordare solo un'altra differenza: i musei americani hanno, è vero, un'attiva politica di nuove acquisizioni, ma possono anche vendere le opere di loro proprietà. Per esempio nel 1972 il Metropolitan Museum, per comprare un prezioso vaso greco (il cratere di Eufronio) che era sul mercato per un milione di dollari, vendette la sua intera collezione numismatica; il Getty, dopo aver comprato in blocco una grande collezione di manoscritti medievali, ha deciso alcuni anni dopo di vendere tutti quelli senza miniature. Ci piace immaginare il Museo Nazionale Romano che vende tutte le sue monete per comprare, mettiamo, una statua 'piú importante'? La Biblioteca Laurenziana che vende alcuni manoscritti non miniati per comprarne altri da Sotheby's? Ma le monete del Museo Nazionale Romano sono state trovate nel suolo stesso di Roma, i manoscritti della Laurenziana furono per secoli e secoli raccolti e studiati (e in parte scritti) nella stessa Firenze: se il sistema italiano ne vieta (almeno finora) la vendita o lo smembramento, non è per via di norme arcaiche e obsolete, ma perché le nostre collezioni sono riflesso immediato e deposito memoriale della nostra storia. Ma, sebbene queste differenze siano evidenti, l'ossessione del modello americano è tale che buona parte del discorso sulla 'modernizzazione' del sistema italiano è puntato sui musei (anzi, sul museo-azienda), dimenticando il territorio in cui essi sono radicati (e le soprintendenze che vi hanno giurisdizione), col rischio gravissimo di spezzare il nesso museo-città-territorio che è il cuore della nostra cultura istituzionale e civile."

Da: Salvatore Settis, Italia S.p.A. L’assalto al patrimonio culturale, Einaudi 2002

lunedì 26 agosto 2013

Una visita al San Francisco Armory/2. Il pubblico


Continua da QUI.

Arriviamo all’ultimo momento, trafelate, io e la mia amica V, dopo essere scese alla fermata sbagliata e aver superato un paio di isolati al piccolo trotto. Eppure lo avevamo visto centinaia di volte quel palazzo, perché l’autobus 49 che va a Mission si ferma proprio lì davanti, e io la prima volta che lo vidi domandai a Mr. K: “Cos’è questo strano edificio?” e lui rispose: “Il Palazzo del P***o”. Dopo quel momento ci furono alcuni anni di curiosità – una volta vidi il nostro vicino di casa tutto yoga e new age scendere proprio a quella fermata, e da allora lo associo sempre a immagini poco edificanti, persino peggiori di quella volta che lo trovammo che faceva yoga sul marciapiede davanti all’ingresso del nostro palazzo – fino alla scoperta che Kink.com, la società che gestisce con grande profitto il PdP, organizza visite guidate (e anche seminari, prevalentemente sul bon**ge). Il seminario magari un’altra volta, grazie, però la visita guidata mi attirava parecchio. E così eccoci qua, io e V, scese dall’autobus davanti a un edificio vagamente simile al PdP ma molto meno imponente; gli giriamo intorno senza trovare l’ingresso, solo cartelli con la scritta AT&T. Al terzo giro V estrae il suo telefono intelligente e scopre che non siamo davanti al PdP, bensì, guarda un po’, davanti al palazzo dell’AT&T. Per fortuna 14th & Mission, l’indirizzo della nostra meta, è poco lontano, e nei cinque minuti che ci restano raggiungiamo imprecando il PdP.


La nostra guida
All’ingresso sfodero il mio ID californiano nuovo di zecca, inaugurandolo a beneficio della guardia che ci introduce nel palazzo. Sono le otto in punto, il gruppo è già pronto per cominciare la visita. Io e V, vestite da intellettuali radical-chic tipo Diane Keaton in un film di Woody Allen, veniamo introdotte in una sala arredata con velluti rossi e opulenti divani, squisitamente decorata con quadri a olio a soggetto BDSM. A soggetto BDSM molto esplicito. Le prime persone che vediamo sono un paio di coppie: 1) Lui biondo con aria slava e taglio nazi/lei biondina pure slava, entrambi in nero da sera, che si strusciano – benché discretamente - in mezzo alla sala; 2) Lui alto, moro e muscoloso con viso da bravo ragazzo/lei bionda acqua e sapone con coda di cavallo e tuta da ginnastica. Io e V pensiamo contemporaneamente: “Oddio, ma questi sono attori”. Invece no, sono visitatori come noi.


Il nostro anfitrione ci aspetta seduto su un tavolo, coreograficamente collocato davanti a un paio di suggestivi panorami di corpi legati e ingabbiati. Come recita il sito degli Armory Studios, le guide del tour sono “impiegati” della Cybernet Entertainment, LLC, lo studio di produzione specializzato in “intrattenimento per adulti” che ha acquistato l’edificio nel 2006. Questo qui è un tizio bassetto e semicalvo, sui trentacinque, con un grosso anello al naso e un modo di fare molto ironicamente gay. Purtroppo parla ai denti stretti, e io capisco circa una parola su cinquanta di quello che dice. Ci fa accomodare sui divani di velluto, e mentre ci spiega incomprensibilmente le regole da seguire durante il tour (afferro qualche parola qua e là: red light, humiliation, slaves, models, dungeon. Capisco però con gioia che è permesso fotografare tutto quello che si vuole), mi guardo intorno per vedere chi sono gli altri compagni di tour. Io e V siamo l’unica coppia femminile. Il resto sono per metà giovani gay palestrati molto emozionati e zuzzurelloni, e per metà coppiette etero. Oltre agli slavi e ai bravi ragazzi noto un altro paio di coppie: 3) Lei orientale con scarpa tacco 14 tempestata di strass multicolor, scollatura ombelicale e ciuffo rosa shocking, lui giovane bianco ebreo ortodosso o cattolico seminarista, molto rosso in faccia; 4) Lei orientale giovane ma meno vistosa della n.3, lui sulla sessantina, magro, vestito con jeans, giacca, cravatta sbarazzina e occhiali da intellettuale, molto somigliante a Roman Polanski. In tutto saremo circa una trentina. Considerato che il tour costa $25 e si ripete tutti i giorni, a volte due o anche tre volte al giorno, si direbbe che gli affari vadano piuttosto bene per Kink.com.

(2/Continua)

giovedì 22 agosto 2013

martedì 20 agosto 2013

American bamboccioni

Secondo questo articolo, oggi i giovani americani che vivono con i genitori hanno raggiunto un numero record: uno studio del Pew Research Center dimostra che il 36 per cento (21,6 milioni) dei Millennials in età dai 18 ai 31 anni continua a vivere con i genitori. Nel 2007 erano il 32 per cento (18,5 milioni). Motivo principale: il calo dell'occupazione. L'anno scorso solo il 63 per cento delle persone in quella fascia di età aveva un lavoro, rispetto al 70 per cento del 2007.
Differenze di genere? Sorpresa! G
li uomini che vivono con i genitori sono più delle donne:  40 per cento contro 32 per cento.
Crescere un figlio fino a 17 anni costa intorno ai 300.000 dollari, e più o meno altri 160.000 per mandarlo al college. Ma oggi, a quanto pare, le spese non finiscono con il college, e i figli sono diventati un "importante problema di pianificazione finanziaria". I Millennials preferiscono sposarsi tardi e rimanere disoccupati anziché accettare un lavoro sgradito, e così circa un terzo dei genitori si ritrova a fornire sostegno finanziario a un figlio adulto.
Vi suona familiare?

domenica 18 agosto 2013

Una visita al San Francisco Armory/1. La storia

All'incrocio di 14th e Mission c'è un edificio molto particolare.
The Armory è un enorme palazzo con la facciata di mattoni, costruito nel 1912 (per sostituire il precedente edificio che sorgeva nella Western Addition ed era stato distrutto dal terremoto del 1906) e usato come arsenale della National Guard fino al 1976. Fra gli anni '20 e gli anni '40 fu anche la principale sede degli eventi sportivi della città, tanto da venire soprannominato "il Madison Square Garden del West". Dopo il trasferimento della National Guard nel 1976, l'edificio rimase  inutilizzato per trent'anni, anche se nel 1978 venne inserito nel National Register of Historic Places (oltre che, dal 1980, in quello dei Designated Landmarks di San Francisco). Nell'enorme cortile interno, inoltre, George Lucas girò diverse scene di interni d'astronave della serie di Star Wars, e anche la San Francisco Opera utilizzò quello spazio per la costruzione di set. 

A metà degli anni '90 l'edificio era ormai in uno stato di profondo degrado. Tra il 1996 e il 2006 vennero avanzate diverse proposte per riutilizzarlo (unità di self storage, clinica di riabilitazione, palestra con parete di roccia, uffici per imprese dot-com, centro di telecomunicazioni, condominio di lusso, case popolari), che però si scontrarono sempre con l'opposizione della comunità locale, preoccupata per la gentrificazione o per l'impatto sociale e ambientale dei progetti.

Di queste divisioni approfittò Peter Acworth, il titolare di Kink.com, un sito di p****grafia specializzato in BDSM. Alla fine del 2006 Acworth acquistò The Armory per la ridicola somma di 14,5 milioni di dollari, e a dal 2007 l'edificio è utilizzato come studio cinematografico. La vendita ha provocato reazioni contrastanti nella comunità cittadina. Molti hanno accolto il nuovo uso dell'Armory come un modo per rivitalizzare l'edificio senza alterarne l'aspetto, un modo che oltretutto sarebbe stato in linea con la tradizione cittadina di tolleranza verso le minoranze sessuali. Altri, invece, si sono opposti con forza all'apertura degli "studios" nel bel mezzo di un quartiere residenziale.  

Gli Armory Studios offrono visite guidate e anche seminari a tema. Mentre i seminari non suscitano particolarmente il mio interesse, ho pensato che una visita guidata potesse fornire una prospettiva interessante su un mondo poco conosciuto. Non mi sbagliavo: la visita è stata molto interessante. Ne parlerò nei prossimi giorni, pubblicando anche qualche foto (le foto sono perfettamente tollerate durante la visita, durante la quale non succede assolutamente nulla di sconveniente). Cercherò solo di evitare termini e link che possano attirare sul blog visitatori non graditi.

(1/Continua)

mercoledì 14 agosto 2013

Quanti tipi di pasta conoscete?



È un poster delizioso che potete ingrandire QUI
Scoprirete le gasse, la lorighitta, i grattoni, gli sbrofadej, la struncatura, i donderet, i riucciutelli, i quadrefiore, le trottole, i paternoster, le pestazzule, gli schiaffettoni, i sorcetti, i pezzetelli, le fainelle, le avemarie, i mandala...


martedì 13 agosto 2013

Insolito americano/1: il MOBA

Ne avevo già parlato QUI, ma per inaugurare questa nuova serie dedicata ai luoghi più bizzarri degli Stati Uniti ho deciso di riproporre il mitico MOBA, ovvero il Museum of Bad Art di Somerville, vicino a Boston.

Il pezzo forte della collezione, quello che il fondatore Scott Wilson trovò nella spazzatura nel 1993 e che gli diede l'idea di aprire il museo è l'indimenticabile Lucy in the Field with Flowers (di artista anonimo).

Artista Ignoto
24" x 30", Olio su tela
"Il movimento, la sedia, l'oscillazione dei seni, le sottili sfumature del cielo, l'espressione del viso: ogni dettaglio contribuisce a creare questo ritratto eccelso e irresistibile, ogni dettaglio grida 'capolavoro'".

Fra i numerosi capolavori del museo vorrei ricordare anche

Sunday on the Pot with George (Artista Ignoto)
37" x 22", Acrilico su tela

No Visible Means of Support, by Elizabeth Angelozzi
17" x 19", Acrilico su lino



domenica 11 agosto 2013

Orgoglio genovese

Uno studente racconta.
"Ero in un caffè, mangiavo seduto al banco mentre facevo i compiti d'italiano. Entrano due turiste italiane che non sanno una parola d'inglese. Vedono il mio dizionario, il libro degli esercizi e mi chiedono se posso aiutarle con il menu. Quando arriviamo a un piatto a base di eggplants, le due signore sembrano perplesse. 'Ma come, questo non è un ristorante vegano? Perché c'è un piatto con le uova?' Io comincio a frugare nella memoria in cerca della parola italiana, ma non mi viene. No, non sono uova, sono verdure, sono... sono...
'Melanzane', dice forte e chiara una voce dal tavolo vicino.
Le due turiste si girano, sorprese. 'Ma lei è italiano!'
'No', risponde lui. 'Sono genovese'."

venerdì 9 agosto 2013

Pretty Saro, un nuovo video di Bob Dylan



Visto che su YouTube non si trova niente di Bob Dylan, sono stata molto contenta di scoprire questo bellissimo video di una sua canzone inedita. Come spiega questo articolo di "Rolling Stone", Pretty Saro è una canzone popolare inglese del '700 che Dylan provò a registrare nel 1970 per l'album Self Portrait, ma che poi rimase nel caveau della Columbia per 43 anni. Uscirà finalmente il 27 agosto in Another Self Portrait, una raccolta di 35 canzoni tagliate da Nashville Skyline, Self Portrait e New Morning.
Il video di Pretty Saro è stato girato da Jennifer Lebeau utilizzando le immagini della Farm Security Administration conservate nella Library of Congress. Lebeau ha esaminato circa 1.200 foto degli anni '40, '50 e '60 per selezionare la manciata di immagini da inserire nel montaggio finale del video. 
[Secondo me la canzone poteva anche restare nel caveau della Columbia - sacrilegio!-  però il video è molto bello.]

giovedì 8 agosto 2013

mercoledì 7 agosto 2013

Una famiglia italiana in omaggio

Molti di voi avranno già visto questa pubblicità americana della Fiat, ma è così  divertente che la ripubblico anch'io. Soprattutto per la scena del caffè.

lunedì 5 agosto 2013

Sondaggio




Non lo dico ironicamente, ve lo chiedo sul serio. Il sondaggio lo trovate qui a destra, sotto la foto del pappagallo. Per ora non c'è nessun libro in vista, però mi interessa sapere il vostro parere. Grazie.

domenica 4 agosto 2013

Word of the month: Glasshole

Glasshole, Noun
A person who constantly talks to their Google Glass, ignoring the outside world.

(See Gary Shteyngart, this week in The New Yorker)

giovedì 1 agosto 2013

Le Fornaci di Caldè e la distruzione della bellezza


Ne avevo parlato QUI.

Legambiente dice NO ("...appare evidente una riproposizione delle classiche lottizzazioni per seconde case che sciaguratamente costellano la sponda lombarda del lago Maggiore"), ma non servirà a niente. Non serve mai a niente. Finalmente avremo "nuovi borghi, lungolaghi, piazzette e altro ancora". Non vedevamo l'ora. 





Intanto, questo è quello che stanno facendo nel mio paese, Laveno, a pochi chilometri di distanza. Si chiama "riqualificazione". Alcuni preferiscono chiamarlo "ecomostro".



Però quando sarà finito sarà pieno di angolini affascinanti. Volete mettere? Un aperitivo nella Piazza delle Ombre, un gelato nel Giardino del Segreto e poi una bella passeggiata sulla Laveno Promenade?