giovedì 13 giugno 2013

Una lettera dalla Turchia

Riporto questa bella lettera scritta da Gianluca D'Ottavio, che vive a Istanbul e tiene insieme a Özke il blog Scoprire Istanbul. Gianluca mi ha autorizzata a ripubblicare integralmente le sue riflessioni su quello che sta succedendo in Turchia in questi giorni. E mi è ritornato in mente quello che è successo nel 2011, quando, mentre in tutto il mondo si manifestava pacificamente, una banda di delinquenti devastava Roma
La foto l'ho trovata su feisbuc (mi giunge ora notizia che questa signora è attualmente in ospedale. Le auguro di guarire prestissimo).


"È da alcuni giorni che molte persone, parenti, amici, turisti, mi chiedono se sono preoccupato per ciò che sta accadendo in Turchia. La risposta è no. Non sono preoccupato, per niente. Anzi sono felice.
Sono orgoglioso di essere qui in questo momento, di essere stato a Gezi Park fin dal primo giorno, quando eravamo meno di mille. Non avrei mai immaginato che quei mille in due giorni sarebbero diventati milioni. Una partecipazione improvvisa, spontanea, coinvolgente.
Ho visto resistere con forza alle violenze della polizia, ho visto l’immensa solidarietà di un popolo, ho visto chi non scendeva direttamente in piazza aiutare chi lo faceva in ogni modo. Ho visto lasciare sui davanzali delle finestre limoni, latte e aceto per le persone che dovevano difendersi dai lacrimogeni. Ho visto hotel che lasciavano aperte le loro porte 24 ore su 24 per dare rifugio ai manifestanti, ho visto ristoranti offrire a loro pasti gratis.
Ho visto ragazzi con la mascherina sulla bocca per difendersi e con l’iPhone in mano per attaccare.
Ho visto le ragazze attiviste dei musulmani anticapitalisti pregare in Piazza Taksim con il velo in testa e con la sciarpa degli ultrà anarchici del Besiktas al collo. Ho visto i curdi ballare in cerchio mano nella mano con i kemalisti.
Ho visto intelligenza, creatività. Ho visto boicottaggi che in due giorni hanno avuto successi clamorosi, costringendo televisioni e banche a chiedere scusa pubblicamente. Ho visto un enorme coraggio.
Ho visto la città lampeggiare e risuonare all’unisono, luci e pentole diventare armi di coesione di massa.
Ho visto i ragazzi ripulire tutte le mattine il parco e le strade che avevano occupato di notte. Ho visto la vita andare avanti nonostante tutto, centinaia di persone cenare all’aperto al ristorante con le mascherine antigas e gli occhialini da nuoto.
Ho visto le barricate, simbolo supremo di difesa, di contrasto, di divisione fra ciò che si desidera e ciò che si ripudia. Quelle barricate non dureranno ancora per molti giorni, ma il loro significato rimarrà nella memoria di chi le ha viste.
Ho visto una polizia violenta e senza scrupoli, a cui è stato risposto con grande maturità e consapevolezza.
Ho visto una generazione piena di vita, che è scesa in piazza per decidere il proprio futuro, che non si rassegna, che vuole libertà, giustizia, e vera democrazia.
Per tutto quello che i miei occhi hanno visto, non sono preoccupato, al contrario sono fiducioso. Colmo di speranza.
Questa gente è fortissima, questa gente ha un’immensa dignità.
Ad essere sincero mi preoccupa una cosa: non aver visto e continuare a non vedere qualcosa del genere in Italia.
Mi preoccupa un Paese che si lamenta da venti anni, un Paese sull’orlo del baratro, che continua a tollerare e a votare gli stessi personaggi putridi che l’hanno rovinato.
Mi preoccupa un Paese narcotizzato dalle tv, un Paese passivo, vuoto, rassegnato, che ha perso qualsiasi speranza insieme alla sua dignità.
Mi preoccupa un Paese che riesce a riempire le piazze solo per andare ad ascoltare il guru di turno. Un Paese senza più nessun tipo di solidarietà, in cui l’egoismo è la regola, in cui i giovani sono più vecchi dei vecchi.
Mi preoccupa, più del fascismo che vedo in Turchia oggi con i miei occhi, il nichilismo che vedo in Italia.
Auguro al mio Paese di non continuare a farsi prendere in giro, di alzare la testa.
Lottate, cazzo."

40 commenti:

  1. è talmente bella e vera che fa male.
    grazie Silvia. buttala su feisbuc per favore, facciamola girare.
    Sandra

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    1. Fatto! L'ho vista proprio su feisbuc, e ho subito scritto a Gianluca per chiedergli se potevo ripubblicarla. Sono sicura che sta già girando parecchio.

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  2. Grazie Silvia, reportage commovente.
    Vorrei rispondere a Gianluca che l'Italia non è la Turchia, che qui ancora non siamo arrivati ad un leader fascista che strizza l'occhio al potere religioso che in Europa abbiamo buttato via con varie rivoluzioni dopo il medio evo.
    Il mio terrore è solo che possa avere ragione e niente possa risvegliarci dall'anestesia, ma ho ancora fiducia nei ventenni di oggi, confrontandoli con i miei vent'anni degli anni '80. I fatti di Istanbul dimostrano che le rivoluzioni covano sotto la cenere e una scintilla apparentemente piccola come il taglio di alcuni alberi, o la morte di un ragazzo per mano delle forze dell'ordine, può scatenare una rabbia inarrestabile. Io sono convinto che in Italia ci stiamo arrivando, ma c'è rimasta ancora qualche carta. Negli ultimi mesi però abbiamo avuto ancora delusioni. Se TUTTE le speranze dovessero essere deluse, resterebbe solo la rabbia e forse Gianluca si sorprenderebbe, ma io no.
    Marino

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    1. Grazie Marino. In realtà la mia paura è che qui non si riesca a manifestare in modo pacifico, come è successo appunto nel 2011. Ma d'altronde non si può dimenticare che nel 2001 anche chi manifestava pacificamente (o dormiva in una scuola) è stato picchiato brutalmente.

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  3. wow bellissimo, emozionante...purtroppo , con grande rammarico, nel nostro paese si scende in piazza solo quando vincono lo scudetto... complimenti a te per questo pezzo!

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  4. Grazie per aver condiviso con noi questa lettera e grazie a chi l'ha scritta.Mi chiedo spesso perchè in Italia non scoppi una rivoluzione,non so dare una risposta.Però vivendo qui,vedo e mi confronto ogni giorno con persone che attuano delle piccole,pacifiche rivoluzioni nelle loro vite,che si ribellano in tanti modi diversi e sono i gesti che compiono,le scelte che fanno a dirlo e le loro vite a gridarlo nel silenzio.Le loro vite ovviamente non fanno notizia.Non sono d'accordo con la parte finale della lettera,anche se nel complesso mi ha emozionata e va letta.Penso anch'io a quante persone in passato hanno protestato pacificamente e sono state massacrate...E' accaduto nel 2001 e anche prima.E c'erano miei amici o parenti di amici che ancora non si sono ripresi dalla violenza,dalle umiliazioni,dal dolore.Quindi non so se paragonare l'Italia ad altri paesi è giusto,se quello che va bene per un luogo va altrettanto bene per un altro.Ripeto, la gente che si sta dando una mossa qui c'è,io ho fiducia nella gente del mio Paese...certo qualche ipnotizzato dalla tv ci sarà pure,le piazze il guru di turno le riempie è vero.Ma c'è un fermento quasi sotterraneo e silenzioso e mi emoziona sapere della sua esistenza.

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    1. Grazie, mi fa molto piacere sentire una voce ottimista come la tua, che dà un po' di fiducia anche all'Italia.

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    2. Lettera emozionante e vibrante, ma convengo per la chiusa in toto con Chandana S.

      Anche io penso che la strada giusta sia quella delle piccole rivoluzioni silenziose, quotidiane, militanti nel concreto, fattive.
      La piazza mi spaventa e non penso affatto sia risolutiva, specie qui da noi.
      Un po' per quello che è successo a Genova ma anche altre volte lato polizia, inamissibilmente violenta, un po' per quello che è successo troppe volte un po' ovunque lato manifestanti, dove una minoranza di gente violenta ha sfogato la sua rabbia, distrutto a prescindere, anche e soprattutto il senso della protesta degli altri pacifici.
      La piazza non è quindi il mio elemento, ma non credo siamo tutti silenziosi e a capo chino. Molti sì, ma non tutti, rivoluzioni silenziose o che fanno rumore nell'ambiente di chi le fa si notano eccome. Anche io mi impegno nel mio piccolo. E tanti più di quanto possa sembrare fanno altettanto e molto di più.

      E non si possono mai paragonare Paesi e situazioni politiche, specie se tanto diversi. E forse qui siamo meno maturi, ma non tutti, e piano piano un vento di consapevolezze e maggior coscienza civica si diffonde.

      OT: ti ho scritto sull'email che indichi qui nel profilo di blogger, non so se presidi quell'account per cui ti avviso qui :)

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    3. A me le manifestazioni di piazza piacciono, quando sono pacifiche possono essere delle feste bellissime. Ricordo Firenze l'anno dopo Genova, e Roma contro la guerra nel 2003. Quei tre milioni di persone mi riempirono d'orgoglio per il mio paese, una volta tanto.
      Certo, oggi la situazione politica dell'Italia è molto diversa da quella della Turchia. Però anche qui ci sarebbe molto contro cui manifestare. E non parlo solo di grandi manifestazioni di piazza. Le proteste in Turchia sono cominciate per difendere un parco. Un parco! E noi viviamo in un paese dove la bellezza ci viene distrutta ogni giorno sotto gli occhi e la stragrande maggioranza se ne frega. Io provo un enorme, profondo rispetto per chi si ribella per difendere un parco.

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    4. Assolutamente anche io! Anni fa c'era stata una grande mobilitazione per difendere un parco milanese: niente da eccepire in casi così pacifici, però avendo studiato in Unimi alla facoltà di Scienze politiche ho visto lo scollamento tra realtà e teoria troppe volte e preferisco impegnarmi altrove. Poi ogni esperienza e a se'.

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  5. Condivido e apprezzo la lettera che hai pubblicato, tranne la generica esortazione finale alla "lotta" che non capisco cosa voglia dire.
    Vero è che in Italia ci siamo scordati cosa sia l'impegno personale che non ha bisogno solo di manifestazioni di piazza. Su certi certe questioni, come quelle culturali o ambientali, abbiamo delegato ad altri il compito di protestare. Invece che farlo direttamente ci limitiamo per lo più a mettere un link su facebook o su twitter o a cliccare" mi piace". Per difendere un parco o un'opera d'arte non si muoverebbe nessuno. Nel migliore(?) dei casi ci si organizzerebbe un convegno...

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    1. Guarda Grazia, in generale mi sembra che ci sia una gran confusione sul concetto di cittadinanza e di bene pubblico. E' sempre la solita annosa questione, ma è così, in un paese come la Germania (vedi sotto il commento di Elle) ciò che è pubblico viene difeso perché appartiene a tutti, mentre in altri paesi (non solo l'Italia) ciò che è pubblico viene disprezzato e sfregiato perché non è di nessuno.

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  6. Bellissima questa lettera, grazie a Gianluca per averla scritta, per averci descritto la situazione così bene, e grazie a te per averla riportata. Io non so.. credo che la rivoluzione sia l'unica cosa che ci resta, in Italia le voci piccole non contano, le richieste di pochi non vengono ascoltate, forse nemmeno le petizioni valgono, perché le si può accettare con tanti complimenti per averci pensato, e poi dimenticare. Per poi tirarle fuori alle successive elezioni e ripetere "ve l'avevamo promesso, non ci siamo dimenticati" fino alla chiusura dei seggi. Ma scendere in piazza, pacificamente, costantemente, potrebbe essere un bel modo per mostrare non solo che davvero il cambiamento lo vogliamo, ma che lo si può chiedere senza provocare danni, e con uno strumento del tutto personale: la nostra presenza lì, uniti in una sola richiesta che andrà a vantaggio di tutti, anche di chi non è potuto scendere in piazza e per le strade. Penso che molti italiani, però, abbiano paura di finire all'ospedale come la donna nella foto, non riescono ad immaginare una manifestazione di protesta separata dalla violenza. A Berlino si protesta ogni settimana per qualcosa: cambiano le bandiere, gli striscioni, i colori dipinti sui visi delle persone, a volte una voce urla qualcosa da un megafono, altre volte è la musica che li accompagna, ma sempre, sempre si muovono pacificamente per la strada, un misto tra una sfilata di carnevale e un corteo funebre - e la polizia è lì solo per controllare che tutto vada liscio, che nessuna testa calda indipendente prenda il sopravvento, e non ha paura della volontà di cambiamento delle persone.
    (ps. anche io oggi ho pubblicato una lettera scritta da un'altra persona, che parla dell'Italia: qui)

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    1. Io lo giuro, già in tempi non sospetti dicevo che volevo vivere in Germania. Poi ho semplicemente preso meglio la mira e mi sono innamorata di Berlino. Scherzi (?) a parte, è a questo che penso quando immagino un paese civile. Insomma, manifestare dovrebbe essere come discutere. Non ti prendo a sberle se non sono d'accordo con te, no? Tu mi dici il tuo parere, io ti dico il mio, magari gridiamo un po' ma poi cerchiamo di arrivare a un compromesso, no? Non cominciamo a menarci come due trogloditi, no? Sennò che cacchio di democrazia è?
      (Incredibilmente attuale la lettera che hai pubblicato!)

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  7. dopo l'ottavo "ho visto" ho capito come sarebbe finita la lettera. Un po' troppo retorica per i miei gusti.
    Sarebbe stato meglio parlare del popolo turco senza fare confronti inadeguati e "imboccare" alla fine e in modo un po' troppo semplicistico, i pensieri di quello italiano. "Lottate, cazzo" è il messaggio che si vuole dare per uscire dal nichilismo? Mi sembra che poco si scosti dalla filosofia dell'ultimo guru.
    Sinceramente preferisco la rivoluzione silenziosa fatta da gente invisibile che non ha bisogno di "alzare la testa" in piazza, né di fare attivismo su feisbuc.

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    1. Sono d'accordo con te sul finale della lettera. Non altrettanto sullo stile, perché le ripetizioni retoriche a volte possono essere efficaci, e qui a quanto pare Gianluca ha raggiunto il suo scopo, cioè far discutere e riflettere.
      Sulla rivoluzione silenziosa sono parzialmente d'accordo, invece. Il diritto di manifestare pacificamente è un diritto fondamentale di ogni democrazia, e un momento importante di coesione della cittadinanza. L'idea di rimanere invisibili e fare le cose nel proprio piccolo va bene, ma solo se non diventa una scusa per rifugiarsi nell'autocompiacimento e illudersi di poter cambiare il mondo da soli (non che sia facile neanche cambiarlo in tanti, eh). Se nella mia città vogliono distruggere uno dei pochi parchi rimasti per far posto a un centro commerciale, e io vedo che della gente sta manifestando per impedirlo, io non penserò "vabbè, tanto io posso piantare qualche albero nel mio giardino" (soprattutto se non ho la fortuna di averlo, un giardino, e quel parco è magari l'unico spazio verde di cui posso usufruire nel mio quartiere). Piuttosto vado a dare una mano a quelli che vogliono salvare quel parco che, essendo pubblico, è ANCHE MIO.

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    2. non sono contro le manifestazioni di piazza. L'invisibilità era intesa anche come manifestare il proprio dissenso senza usare un linguaggio violento. Mi sembra dimostrato che, spesso, la violenza fisica sia lo step successivo al linguaggio usato.
      Sono d'accordo su quanto dici della difesa dello spazio verde.. tuttavia la questione turca va oltre la tutela del parco, si tratta di salvare quella piazza, simbolo della protesta storica.

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    3. Certo, non c'è dubbio che il linguaggio del discorso pubblico sia tragicamente degenerato, che dalle parole ai fatti il passo sia purtroppo breve e che questo faccia venir voglia di allontanarsi dalla sfera pubblica e depurarsi le orecchie e lo spirito. Su questo sono d'accordo con te.

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  8. Bella questa lettera, la condividerò anch'io su fb. E contavo di fare un post in questi giorni sull'argomento.
    Non sono d'accordo invece con chi dice che non è giusto fare confronti o che in Italia qualcosa si stia facendo eccome: dove? le rivoluzioni che si sentono solo nell'ambiente in cui le si fa sono contraddizioni in termini, e spesso sanno solo di autocompiacimento e "pulitura di coscienza". Tutto quello che sta succedendo in Turchia è scoppiato per un parco, benchè credo che il malcontento sia molto più generale: noi popolo italiano cosa stiamo facendo contro la devastazione della Val di Susa? chi sta lottando con loro a parte i soliti movimenti e centri sociali? E nemmeno qui da noi sarebbe l'unico motivo di ribellione. Poi ok, non facciamo confronti...

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    1. Ecco, la val di Susa è un ottimo esempio. Mentre i suoi abitanti si oppongono allo scempio totalmente inutile del loro territorio, la loro giusta protesta è stata adottata dai contestatori di professione, con il risultato che ora si parla solo delle "violenze in val di Susa" e si fa passare tutta quella gente che protesta giustamente per una banda di violenti che si divertono a tirare sassate contro i poliziotti. Questo perché nessun altro li ha appoggiati, sono stati lasciati soli, facile preda di chi approfitta di ogni motivo per far casino e così rovina qualunque buona causa. Dall'indifferenza e dal menefreghismo per i guai altrui nascono queste situazioni, perché la val di Susa è lassù, lontana, non ci si passa neanche per andare in ferie, e quindi tutto sommato chissenefrega se la devastano.

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    2. (Detto questo, sono d'accordo che fare confronti con l'Italia è spesso un po' gratuito. Io stessa cerco di non farli, o quanto meno di evitare il facile giochetto solo-in-Italia-si-sta-male-slo-all'estero-si-sta-bene. Io che passo molto tempo all'estero so bene che non è così, è che l'Italia per molte cose importanti è ancora un posto invidiabile. Però quando ci vuole ci vuole.)

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  9. Cose che da noi non succederanno mai. Perchè siamo solo buoni a lamentarci ma quando c'è da far qualcosa: armiamoci e partite.

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    1. Sono successe in passato. E francamente adesso la situazione è così tesa, il clima politico così incandescente, che avrei paura di vederle succedere di nuovo, per via delle possibili conseguenze.
      Sul fatto che siamo buoni solo a lamentarci però sono d'accordissimo. E su questo il confronto si può fare eccome: ce l'ho soto gli occhi tutti i giorni, e la stessa cosa potranno dirti tutti gli italiani che vivono all'estero. La lamentela è lo sport nazionale.

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  10. Lamentarsi garantisce lo sfogo momentaneo e perpetuo, e il sonno della coscienza, con la pancia bene o male piena. Finché avremo la pancia piena e il cervello intasato... ci limiteremo a guardare.

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    1. Già, le rivoluzioni non si fanno con la pancia piena. Il problema è che non bisognerebbe arrivare a fare la rivoluzione perché si ha la pancia vuota, perché a quel punto la rabbia prevale e sfocia in violenza. Se solo ci si potesse indignare un po' prima, pacificamente e costruttivamente...

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  11. Non so se sia fuori tema, ma leggendo questi commenti, mi viene a mente che Giorgio Gaber, come sempre, aveva ragione:
    "La libertà non star sopra un albero, non è neanche è un gesto o un'invenzione, la libertà non è uno spazio libero,la libertà è partecipazione..:

    http://www.youtube.com/watch?v=j3vowbyQBiQ

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  12. Quando sono avvenute le manifestazioni in Grecia e qualcuno mi ha detto che la nostra situazione italiana era simile, ho risposto che non era vero perché non eravamo "disperati" abbastanza.
    Ora, questa situazione turca è da pelle d'oca.
    Nel senso positivo intendo. Il popolo turco non manifesta per un'economia morente (come accade in Italia) né per gli enormi sacrifici richiesti dalla troika (come hanno fatto in Grecia), manifesta per degli ideali. Ecco, prendiamo lezione da questi due popoli e che ci venga finalmente il "coraggio" di gridare "buffone" al nostro Primo Ministro, che nemmeno è capace di descrivere nel giusto modo la scena di un cartone animato di Walt Disney. Non ho detto quella di un film di Pasolini o Bergman, ma di un film di Walt Disney! Con tutto il rispetto per il cartone animato, of course!

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    1. Pensa che ieri ho espresso un po' di delusione su feisbuc perché dopo qualche giorno dalla pubblicazione dell'appello, le firme per salvare la libreria (vedi post di ieri) erano appena 2800 o giù di lì. In una città di 800000 abitanti! E mi hanno risposto che di questi tempi sono già tante :-(

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  13. A proposito di tutto quello che si è detto sopra, come racconta qui Elif Batuman, "Un recente sodaggio condotto su più di 4000 dimostranti ha rivelato che solo il 15% protestava contro la distruzione degli alberi, mentre il 49% protestava contro le violenze della polizia su coloro che protestavano per la distruzione degli alberi". Chapeau.

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  14. La mia amica turca mi ha scritto che spera le cose cambieranno in Turchia e che queste manifestazioni porteranno giorni migliori.
    Mi piace sentire persone positive che non si piangono addosso.

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    1. Che non si piangono addosso. Ecco la chiave. Io ormai quelli che si lamentano sempre non li reggo più.

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  15. Mi sono commossa, cavolo... Grazie a te e a Gianluca. Forza Turchia! E che anche in Italia, prima o poi, ci sia un nuovo Rinascimento etico, solidale, ecologista.

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    1. Ecco, sì, un Rinascimento. Uno l'abbiamo già avuto, forse ce la facciamo ad averne un altro.

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  16. Ho letto tutto nei giorni passati ma non avevo tempo di commentare, comunque trovo che scrivendo la situazione ogni giorno sul blog e su FB stiano facendo un grosso servizio. Poi: ognuno vede le realtà come vuole e decide da che parte stare, ma questo rende senz'altro di più che un quotidiano vecchio di giorni.

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