venerdì 27 novembre 2015

Cronache della tiroide/7 (e anche un po' d'arte)

Bene bene, la visita di controllo dopo la sospensione dei farmaci è andata bene, le analisi sono quasi ottime, per ora la mia tiroide si è rimessa al lavoro. In questi casi le recidive sono sempre in agguato, però, e così dovrò continuare a fare visite di controllo ogni sei mesi. E se c'è un ritorno dei sintomi, dice il medico, subito bollino verde. Eh, già, dove lo trovo il bollino verde nella terra del turbocapitalismo? Ah, lei passerà tre mesi negli Usa, mi dice il medico. Eh, mi dispiace, non so cosa dirle. L'assistente gentile, quella che conosce la mia situazione e legge Franzen, mi dice di portarmi dietro tutte le medicine e di fare subito le analisi al primo ripresentarsi dei sintomi. Con i risultati in mano, dall'Italia potranno prescrivermi le dosi dei farmaci. Annuisco, ripensando con orrore ai miei brevi contatti kafkiani con la sanità americana. Per farmi le analisi del sangue dovrò vendere un rene. Non sono sicura che ne valga la pena.

Comunque dopo la visita sono andata a Milano a vedere qualcosa di bello. Consiglio caldamente la Fondazione Prada, che questa volta ha una fantastica mostra di Gianni Piacentino e nuove opere un po' dappertutto. Dal corridoio che conduce nel salone Deposito (quello dove nel post precedente c'erano le macchine) si vede, oltre la porta, una porzione di una statua gigantesca che è palesemente un Giacometti. Prima ancora di pensare che Giacometti non ha fatto statue così grandi, la indico e dico: "Ehi, guarda, un Giacometti!" Poi varco la soglia e scoppio a ridere. L'effetto è davvero esilarante. L'opera è di John Baldessari e si chiama The Giacometti Variations. (Come mi ricorda Grazia in un commento qui sotto, quest'opera è costata un processo - secondo me del tutto assurdo - a Baldessari e alla Fondazione Prada. Andate a leggere il suo post, dove il caso è spiegato benissimo.)


D'altronde Baldessari è divertente e irriverente fin dagli anni '70. Guardatevelo nel fantastico video I Am Making Art.

sabato 21 novembre 2015

Addio Ebola: un video felice

Dalla Sierra Leone finalmente libera da Ebola, sulle note del brano Afrobeat Azonto suonato dai rapper Block Jones e Freetown Uncut, guardate la felicità di questa gente che è uscita da un incubo. A me ha rallegrato la giornata. 


martedì 17 novembre 2015

Ma perché i racconti no?

Allora, l'editore c'è. Devo solo scrivere l'ultimo racconto. Nel frattempo leggo tantissimi racconti e mi innamoro sempre di più di questo genere così sottovalutato, negli Usa ma più ancora in Italia.
Nella mia carriera di traduttrice ho tradotto splendide raccolte di racconti, da Dogwalker
Intanto, un po' di pubblicità
di Arthur Bradford a Infanticidi di T.C. Boyle, da Il pesce rosso segreto e Il punto di David Means, da Ragioni per vivere di Amy Hempel a Ho sempre amato questo posto di Annie Proulx, da Il libro dell'ignoto di Mr K (alias mio marito) a Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank di Nathan Englander, da È così che la perdi di Junot Díaz a Fine missione di Phil Klay, vincitore del National Book Award.
Eppure gli editori sono tutti concordi: i racconti non vendono. Qualche mese fa ho incontrato a una festa un agente che aveva in lettura i miei racconti. Si è presentato e mi ha detto: "Sì, abbiamo ricevuto i suoi racconti, li leggeremo. Ma mi dica: quando scriverà un romanzo?" La prima cosa che mi ha detto.
È una questione annosa, si sa. Ma neppure gli editori sanno il perché. È un cane che si morde la coda? Gli editori non spingono i racconti e quindi i lettori li considerano roba di serie B e quindi non li comprano e quindi gli editori non spingono i racconti? Prima la pensavo così. Ma ultimamente ho parlato con editori che hanno cercato invano di promuovere racconti bellissimi. E allora perché? Mah. Io intanto continuo a godermeli. Ultimamente, nella pila accanto al letto si sono avvicendati: Margaret Atwood, Alice Munro, Dino Buzzati, William Vollmann, Lydia Davis, e altri ne arriveranno ancora. E per adesso non ho nostalgia dei romanzi.

lunedì 9 novembre 2015

Ritorno a Torino

Dopo ben quattro anni di assenza siamo finalmente tornati a Torino. E come l'altra volta siamo stati benissimo. Abbiamo apprezzato la gentilezza delle persone (il proverbio dice che la cortesia dei torinesi è falsa... bah. Non potete dire di aver visto un sorriso veramente falso finché non siete stati in California), le iniziative culturali, e naturalmente il cibo.
Siamo stati ad Artissima, che ho trovato noiosa come tutte le fiere d'arte, ma poi abbiamo visitato The Others, l'affollatissima fiera "alternativa" che da tre anni si tiene nella cornice spettacolare delle ex carceri Nuove. Qui gli espositori stanno nelle celle 

Foto da QUI
e le performance si tengono nell'inquietante sala centrale 

Foto da QUI
In questi due giorni e mezzo abbiamo mangiato ovviamente benissimo (consiglio anche a voi i ristoranti dove ci hanno portato i nostri amici: la mitica trattoria Valenza in via Borgo Dora e l'ottimo L'Angolo di Parin a San Salvario, dove non ho saputo resistere a un enorme piatto di cardi in bagna cauda). 

Abbiamo rivisto cari amici e ne abbiamo incontrata una nuova: Simona del blog Gattosandro viaggiatore, che ci ha accompagnati a The Others e ci ha raccontato che a Torino la gente va ancora al cinema durante tutta la settimana (lei lavora in un cinema, perciò lo sa bene). A volte in questa città sembra che il tempo si sia fermato, ed è una sensazione molto piacevole.

Infine sabato ho portato Mr K a vedere il Castello di Rivoli, facendo un viaggio un po' allucinante con l'autobus 36 che passa da zone non proprio bellissime, oltre a essere strapieno e a trasportare, proprio davanti a noi, un tizio inquietante che ascoltava musica orrida a tutto volume e la canticchiava accompagnandosi con mossette di danza. Però una volta arrivati a Rivoli tutta la bruttura viene compensata e si rimane proprio a bocca aperta.


The sun has no money, Olafur Eliasson, 2008


martedì 3 novembre 2015

Le more di plastica

Tornando al minicorso sulle erbe selvatiche che ho seguito una mattina al Golden Gate Park, mi è tornato in mente un aneddoto che ci ha raccontato Leda Meredith, l'esperta che teneva il corso.

Prima però vi faccio vedere un paio di altre cose fra quelle che abbiamo visto.
La prima è il wormwood, cioè il famoso assenzio, quello del liquore. Non sapevo che fosse così bello (e che si trovasse letteralmente dappertutto: l'ho visto un sacco di volte senza sapere cosa fosse)



La seconda è questa pianta che si chiama tetragonia, o spinacio della Nuova Zelanda. Si mangia cotta come gli spinaci o cruda in insalata; l'abbiamo assaggiata ed è buonissima! Ah, se trovate in giro questa o altre piante e volete portarvene un po' a casa da mangiare, ricordatevi di cogliere la parte in cima al gambo, perché così la pianta può rigenerarsi.



Poi c'è la lobularia, o alisso, che avrete visto un sacco di volte ma che forse non avete mai assaggiato. Provate i fiori in insalata: malgrado il profumo dolce, sanno di senape.



E per finire, queste le conoscete tutti, vero? Leda ci ha raccontato che spesso tiene giornate come questa per gli alunni delle scuole. Un giorno, mentre portava in giro una classe delle elementari insieme ad alcuni genitori, ha trovato un bel cespuglio di more. I genitori, malgrado lei fosse lì come esperta di erbe selvatiche pagata dalla scuola, si sono rifiutati di far assaggiare le more ai loro figli, temendo che fossero chissà quali frutti velenosi. Qualche ora dopo, Leda ha visto uno di quei genitori fare la spesa in un negozio e comprare more e lamponi dentro le loro belle scatoline di plastica.