lunedì 25 luglio 2011

Il giocoliere della motosega, un racconto di Arthur Bradford

Da oggi fino alla fine di agosto il blog entra in modalità risparmio energetico, nella quale verranno pubblicati un paio di post alla settimana. Da settembre si riprenderà a ritmo normale.

Nel frattempo auguro buone vacanze a chi le farà, e vi offro una piccola lettura estiva.

Mentre scrivevo degli artisti della motosega, nel mio post precedente, mi sono ricordata di un libricino delizioso da me tradotto per Einaudi alcuni anni fa, Dogwalker, di Arthur Bradford. Si trattava di una raccolta di racconti assurdi e divertenti, tra i quali ce n'era uno intitolato Chainsaw Apple, che nella traduzione è diventato Il giocoliere della motosega.

Il racconto comincia così:

IL GIOCOLIERE DELLA MOTOSEGA

Arthur Bradford

Mi sembrava un giochino piuttosto semplice. Il mio amico Robert doveva tenere la mela in bocca mentre io, con mano ferma, intagliavo le sue iniziali nel frutto con una motosega. – Sembra pericoloso, ma non lo è, – dissi a Robert. – Non c'è proprio niente di cui preoccuparsi.
Prima feci un po’ di pratica, naturalmente. Infilzai una mela in cima a un bastone e poi misi in moto la sega. Ma il bastone non era un sostegno adeguato, e la mela schizzò via nel cortile non appena la sfiorai. Davvero un arnese eccellente, la motosega – potenza, velocità e grazia riunite in un unico oggetto. Una volta ho visto gente pratica di motoseghe ricavare un cigno maestoso da un blocco di ghiaccio. Ci ho provato anch’io, ma alla fine ho perso la pazienza. I cigni hanno il collo così delicato.
Il morsetto si rivelò un ottimo sostituto della bocca umana. Robert mi guardava da lontano mentre cominciavo a perfezionare la tecnica. Un leggero colpetto con la punta della lama era sufficiente per lasciare il segno. La sega fendeva la polpa della mela con estrema facilità. Ma la piccola curva della lettera R rappresentava un problema. Inoltre, per peggiorare la situazione, il cognome di Robert era Ulfburg, e la vera sfida consisteva nell’intagliare quella U senza farla sembrare una V.
– Vorrei che ti chiamassi Xavier Lewis, – gli dissi.

Il resto potete leggerlo QUI


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