Per salutare un grande poeta.
Così siamo
Dicevano, a Padova, «anch'io»
gli amici «l'ho conosciuto».
E c'era il romorio d'un'acqua sporca
prossima, e d'una sporca fabbrica:
Perché era notte. «Anch'io
l'ho conosciuto.»
Vitalmente ho pensato
a te che ora
non sei né soggetto né oggetto
né lingua usuale né gergo
né quiete né movimento
neppure il né che negava
e che per quanto s'affondino
gli occhi miei dentro la sua cruna
mai ti nega abbastanza.
E così sia: ma io
credo con altrettanta
forza in tutto il mio nulla,
perciò non ti ho perduto
o, più ti perdo e più ti perdi,
più mi sei simile, più m'avvicini.
(Da IX Ecloghe, 1962)
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