Vi presento l'incipit dell'ultimo libro che ho tradotto. Domani ve lo racconto di persona ;-)
Sono una brava ragazza, una ragazza gentile, diligente e
puritana, brava figlia e brava lavoratrice, non ho mai rubato un fidanzato e
non ho mai tradito un’amica, mi sono sciroppata i miei genitori e mio fratello,
e comunque non sono una ragazza, ho più di quaranta merdosissimi anni, e sono
brava nel mio lavoro e sono fantastica con i bambini e ho tenuto per mano mia
madre quando è morta, dopo quattro anni passati a tenerla per mano mentre
moriva, e parlo al telefono con mio padre tutti i giorni, tutti i giorni,
attenzione, e che tempo fa sulla tua sponda del fiume, perché qui è abbastanza
grigio e anche un po’ afoso? Sulla mia lapide doveva esserci scritto Grande
Artista, e invece se morissi ora ci scriverebbero brava
insegnante/figlia/amica; mentre quello che in realtà vorrei gridare, e che
vorrei anche vedere scritto a lettere cubitali su quella tomba, è andate tutti a fare in culo.
Non è quello che provano tutte le donne? L’unica differenza è
quanto siamo consapevoli di provarlo, quanto siamo in contatto con la nostra
furia. Siamo tutte furie, tranne quelle che sono completamente stupide, e
adesso ho paura che gli stiamo facendo il lavaggio del cervello fin dalla
culla, così alla fine anche quelle intelligenti diventeranno del tutto stupide.
A chi mi riferisco? Alle alunne di seconda della Appleton Elementary, a volte
anche a quelle di prima, che quando arrivano nella mia classe, in terza, ormai
sono bell’e che andate, piene di Lady Gaga e Katy Perry e manicure francesi e
bei vestitini, e si preoccupano della pettinatura! In terza elementare.
Sono più interessate alla pettinatura e alle scarpe che alle galassie, ai bruchi
e ai geroglifici. Com’è possibile che tutte quelle chiacchiere rivoluzionarie
degli anni Settanta ci abbiano portate in un posto dove essere femmine
significa fingersi tonte e farsi belle? Era bella, come iscrizione sulla
lapide, è ancora peggio di figlia obbediente: una volta lo sapevano
tutti. Ma oggi siamo persi in un mondo di apparenze.
Ecco perché sono così arrabbiata, in realtà: non per tutti i
lavori ingrati, le smancerie e i doveri che l’essere donna – o piuttosto,
l’essere me – comporta, perché questi, forse, sono gli inevitabili
fardelli dell’essere umano. In realtà sono arrabbiata perché ho cercato in
tutti i modi di uscire dalla Casa degli specchi, dall’inganno e dalla finzione
del mondo, o del mio mondo, sulla costa orientale degli Stati Uniti d’America
nel primo decennio del Ventunesimo secolo. Ma dietro ogni specchio c’è un altro
cazzo di specchio, in fondo a ogni corridoio c’è un altro cazzo di corridoio, e
il parco dei divertimenti non è poi così divertente, ma a quanto pare non esiste
una porta con la scritta uscita.
D’estate, quando ero bambina, andavamo al Luna Park e visitavamo
la Casa degli specchi, con quella sua faccia di gesso dal ghigno
raccapricciante alta due piani. Si entrava dalla bocca, tra due file di denti
enormi, camminando sulla lingua rosa acceso. Avrei dovuto capirlo subito,
guardando quella faccia. Doveva essere uno spasso, e invece mi terrorizzava. Il
pavimento cedeva sotto i piedi oppure ondeggiava da una parte all’altra, le
pareti erano storte e le stanze dipinte in modo da alterare la prospettiva.
Negli stretti corridoi vibranti, tra luci intermittenti e strombettii, gli
specchi ti ingrassavano, allungavano, rovesciavano e capovolgevano. A volte il
soffitto si abbassava o il pavimento si alzava, oppure succedevano entrambe le
cose contemporaneamente, e io temevo di rimanere schiacciata come un insetto.
La Casa degli specchi mi terrorizzava molto più della Casa stregata,
soprattutto perché in teoria avrei dovuto divertirmi. Invece volevo solo
scappar via. Ma le porte con la scritta uscita
si aprivano su altre stanze folli, su interminabili corridoi vibranti. C’era un
unico percorso attraverso la Casa degli Specchi, ed era obbligato, fino in
fondo.
Oggi ho finalmente capito che la Casa degli specchi è la vita
stessa. Noi vogliamo solo trovare la porta con la scritta uscita, la via di fuga verso un posto
dove esiste la Vita Vera; ma non la troveremo mai. No: mi correggo. Negli
ultimi anni c’è stata una porta, ci sono state diverse porte, e io le ho aperte
e varcate con slancio, e per un po’ ho creduto di avercela fatta a uscire
fuori, nella Realtà – mio Dio, la beatitudine e il terrore che ho provato,
l’intensità di quei momenti: sembrava tutto così diverso – finché d’un
tratto mi sono accorta di essere sempre rimasta dentro la Casa degli specchi.
Ero stata ingannata. La porta con la scritta uscita
non era affatto un’uscita."
Claire Messud, La donna del piano di sopra, traduzione mia
© 2013 Bollati Boringhieri Editore, Torino
© 2013 Bollati Boringhieri Editore, Torino
Ma dai! L'ho comprato l'altro giorno, finisco quello sul comodino ed inizio a leggerlo! Con molto più gusto visto che l'hai tradotto tu :)
RispondiEliminaGrazie Laura, poi fammi sapere se ti è piaciuto.
EliminaWow! Un incipit davvero scoppiettante. E' così anche il resto del romanzo?
RispondiEliminaTradurlo dev'essere stato faticoso...
Noo, ne ho tradotti di ben più faticosi. Se non sono difficili non mi piacciono! :-)
EliminaMi piace, parecchio!!!
RispondiEliminaMi sa che il mio commento non si è salvato. Comunque dicevo che già dall'introduzione mi sembra davvero un bel libro
RispondiEliminaAnch'io te ne ho lasciati due. Così, per compensare :-)
EliminaPerò :-) e brava Silvia!!!
RispondiEliminaGrazie!
EliminaEcco, ovviamente mi hai fatto venir voglia! Metto in lista per Natale :)
RispondiEliminaCiao! Complimenti per la traduzione :-)
RispondiEliminaDev'essere un libro davvero interessante e intenso e che fa riflettere, me lo segno!
Un abbraccio
Grazie Chiara!
EliminaMeraviglioso, Silvia. Davvero emozionante.
RispondiEliminal'incipit mi acchiappa assai
RispondiEliminaC'è anche un ottimo finale.
Eliminaallora lo farò mio
EliminaCiao ti ho scovata grazie al blog Le Recensioni di chiara! Chissà perchè (forse si chiama ignoranza) non penso mai alla traduttrice quando leggo un libro eppure dev'essere un mestiere molto complicato. Questo libro mi ha angosciato e mi è piaciuto moltissimo allo stesso tempo. Lo consiglio vivamente, Ma com'è stato tradurlo?
RispondiEliminaInsomma piacere di conoscerti anche se solo virtualmente e complimenti per quest'opera mozzafiato!
Un abbraccio
Silvia
Ciao Silvia, grazie mille sono sempre contenta quando riesco a risvegliare l'interesse per la figura del traduttore :-)
EliminaNon è stato difficilissimo tradurre questo. Ultimamente sto affrontando imprese ben più ardite!
Brava, Silvia! un'idea per una lettura pre- natalizia da gustare nella tua traduzione!
RispondiEliminaGrazie, un'ottima idea per un bel regalo natalizio!
RispondiEliminaChe bell'incipit! Cosa vuol dire che lo racconti di persona? Un video messaggio a reti unificate?
RispondiEliminaIndovinato! :-D
EliminaStupendo. Lo comprero'...
RispondiEliminami ispira :-)
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