venerdì 24 febbraio 2012

Io sono un bombolone: traduzioni e leggende metropolitane

La protesta dei traduttori (di cui ho parlato qui, e che ha lasciato traccia anche nel bannerino artigianale che mi sono appiccicata qui di fianco) continua.

Oggi mi sono però imbattuta in un divertente post di Paolo Nori, che parla proprio di questa vicenda e si conclude così:

"Per esempio Kennedy, no?, il presidente, quello che era fidanzato con Marilyn Monroe, ma di nascosto, quando è andato a Berlino, che ha tradotto I am a citizen of Berlin, e l’ha tradotto con Ich bin ein Berliner, che, in realtà, sembra significhi Io sono un bombolone, come mi ha fatto notare, qualche settimana fa, Carlo Boccadoro; ecco, lui, non mi sembra che abbia tradotto molto bene, però quel discorso lì ha avuto successo, quindi, se si riduce la cosa al successo, avrebbe poi ragione Baricco, forse; dopo, però, quando gli han spiegato quel che aveva detto, Kennedy non lo so se ci è rimasto molto bene."

Conoscevo la storia di Kennedy-bombolone e l'ho sempre trovata spassosa, ma questa volta, guardando in giro per la rete, ho scoperto che si tratta di una leggenda metropolitana, smentita per esempio qui e qui:
"President Kennedy said the phrase absolutely correctly, although possibly with a thick American accent.  It seems that the German language is simply not that trivial — it has subtleties that very few non-native speakers grasp.  She said that if President Kennedy had said 'Ich bin Berliner,' he would have sounded silly because with his heavy accent he couldn't possibly have come from Berlin.  But by saying 'Ich bin ein Berliner,' he actually said 'I am one with the people of Berlin.'

Però è più divertente pensare che sia vera. Tutto sommato, JKF un po' ce l'aveva, l'aria da bombolone. 

Da wikipedia: Il biglietto di Kennedy con la pronuncia di : Ish bin ein Bearleener – kiwis Romanus sum – Lasd z nack Bearleen comen

19 commenti:

  1. Conoscevo la vicenda, però, sebbene sia divertente pensare al Kennedy-bombolone, c'è da dire che il Krapfen si chiama anche Berliner (-Ballen, palla di Berlino) solo in alcuni posti della Germania (e curiosamente anche qua -Bola de Berlim), quindi l'interpretazione "Io sono un bombolone" mi pare in verità un po' forzata.

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    1. Infatti, su Wikipedia si legge che la leggenda è diffusa soprattutto nel mondo anglosassone (Jonathon, per esempio, è rimasto molto deluso quando gli ho detto che non era vero), mentre in Germania, per ovvie ragioni, la ignorano.

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    2. Mi spiace contraddirvi ma ho vissuto per anni in Germania e posso confermare che la vicenda di JFK è conosciuta eccome! E i famosi Berliner vengono consumati quotidianamente in tutta la repubblica tedesca, e sono ottimi, tra l'altro :)

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    3. Mai fidarsi di Wikipedia, insomma!

      Cit:
      : "La leggenda deriva dal fatto che, in alcune parti della Germania, Berliner designa in effetti dei "bomboloni" del tutto simili a quelli che in Germania meridionale e Austria vengono chiamati "Krapfen".

      La leggenda può essere confutata per diversi motivi:

      Pur esistendo a Berlino un dolce del genere krapfen, in città e nelle regioni circostanti quest'ultimo è conosciuto solo col nome di Pfannkuchen. Il nome "Berliner" è diffuso in alcune zone della Germania settentrionale, in cui il nome originario Berliner Pfannkuchen (Pfannkuchen di Berlino) è stato accorciato in Berliner. Tuttavia negli anni sessanta il termine Berliner inteso come dolce sarebbe suonato strano alle orecchie dei berlinesi.

      Non c'è alcun errore grammaticale nell'affermazione di Kennedy; l'articolo indeterminativo non ne cambia il significato. In tedesco per esprimere la provenienza è anzi più comune dire "Ich bin ein Brandenburger" (io sono un brandeburghese), piuttosto che "Ich bin Brandenburger" (io sono brandeburghese), pur essendo ambedue le forme corrette. L'articolo "ein" può essere usato come enfasi: implica "proprio uno tra molti". Poiché Kennedy sottolineò "ein", secondo il linguista Jürgen Eichhoff [1] è "non solo corretto, ma l'unico e solo modo corretto di esprimere in tedesco quello che il Presidente voleva dire".

      La leggenda è comunque nota principalmente nel mondo anglosassone ed abbastanza sconosciuta in Germania, dove il discorso di Kennedy è considerato una pietra miliare nella storia post-bellica.

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    4. (Ok, hai ragione, ho generalizzato. Precisiamo:
      - "Tuttavia *negli anni sessanta* il termine Berliner inteso come dolce sarebbe suonato strano alle orecchie dei berlinesi."

      - La leggenda è comunque nota *principalmente* nel mondo anglosassone ed *abbastanza* sconosciuta in Germania.")

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    5. Curioso, è la prima volta che sento questa storia! Quando frequentavo Berlino nei primi anni '80 ricordo di aver parlato con gli amici di lì della visita di Kennedy e della celebre frase, e nessuno mi ha mai detto che potesse avere un doppio senso. Ich bin ein Berliner era semplicemente un modo di dire "sono uno di voi".

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    6. Sempre su Wikipedia
      (la versione inglese, più completa e ricca di citazioni verificabili), si dice che le origini dell'equivoco sono oscure, ma vanno fatte probabilmente risalire a un romanzo di spionaggio di Len Deighton, "Berlin Game", pubblicato nel 1983, che contiene il seguente passaggio:

      'Ich bin ein Berliner,' I said. It was a joke. A Berliner is a doughnut. The day after President Kennedy made his famous proclamation, Berlin cartoonists had a field day with talking doughnuts.

      Nel romanzo, la persona che pronuncia questa frase è un narratore inaffidabile, eppure la recensione comparsa sul New York Times trattava la sua affermazione come reale:

      "Here is where President Kennedy announced, Ich bin ein Berliner, and thereby amused the city's populace because in the local parlance a Berliner is a doughnut."

      L'equivoco è stato poi ripreso nel 1988 da un altro articolo del NYT (sempre citato su Wikipedia) e da lì si è diffuso nel mondo anglosassone (ripreso dalla BBC, The Guardian, MSNBC,CNN, Time magazine, ecc.

      Tutto questo ha dunque origine all'inizio degli anni '80, e questo spiega perché in quel periodo i tuoi amici tedeschi non ne avessero sentito parlare (oltre all'ovvio motivo che la frase, come sottolinei tu, alle orecchie dei tedeschi non voleva dire altro che "sono uno di voi").

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    7. Nella versione italiana di Wikipedia forse avrebbero potuto spiegare con l'esempio Ich bin ein Hamburger e l'equivalente italiano Sono una svizzera?!? ;-)

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  2. Eheheh... Anni fa - naufragando in rete - trovai una biografia di un certo Ernest Mugnaio Hemingway!!!
    Comunque sono d'accordo con la "protesta dei traduttori". Tra l'altro secondo me c'è molto da scoprire, "inseguendo" la voce di un traduttore (voglio dire: i buoni traduttori non traducono libri a caso, ma seguono uno stile o un'estetica, costruendo negli anni una vera e propria "famiglia letteraria", e quindi - a modo loro - un'opera). e.

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    1. Ciao Aloysius, che bella l'idea del traduttore che costruisce una "famiglia letteraria". In effetti penso spesso ai libri che ho tradotto come mie "creature", magari adottive, ma pur sempre (anche) mie.

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  3. Non conoscevo questa storia. Sono d'accordo con te, molto meglio pensare che abbia detto "io sono un bombolone".

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    1. Ma infatti, una storia così bella e ce la vengono a rovinare con la noiosa realtà. Kennedy ci avrebbe anche guadagnato in simpatia!

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  4. io speravo tanto che si fosse dato del bombolone ;)

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  5. Sai Silvia che questa cosa deil nome del traduttore non dichiarato mi sta facendo arrabbiare seriamente? Si tratta di una legge, no? E allora perché non pensare a una querela collettiva? Repubblica non rispetta la legge, punto.

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    1. Uhm, una class-action dei traduttori? Non so, io in una questione del genere preferisco evitare un'azione "contro" (senza contare i problemi economici che si tirerebbe addosso un manipolo di freelance squattrinati mettendosi contro un gigante come Repubblica), per pensare piuttosto a qualcosa di più propositivo, che metta in luce l'importanza del lavoro dei traduttori tirandolo fuori dal ghetto che un po' si sono anche creati da soli. Per questo sono contraria a legare la protesta esclusivamente al nome di Baricco. La lettera di Andrea è stata un buon punto di partenza - o meglio, di ripartenza, visto che proteste del genere nascono periodicamente e poi muoiono inascoltate - ma ora secondo me (e so che in questo Andrea è d'accordo) andrebbe sganciata dal nome di Baricco e allargata a tutti quelli (e sono tanti: Wuz ne è un esempio, ma anche tanti siti di case editrici, e riviste, quotidiani - anche il compagno Manifesto, per esempio -, programmi radiofonici - persino l'amata Radio3 - e così via) che considerano il nome del traduttore come un dettaglio superfluo e quindi omissibile. Secondo me a questo punto occorre lasciar perdere lo scrittore famoso - dopo avergli esposto le nostre ragioni - se non vogliamo rischiare di alienarci le simpatie dei suoi numerosissimi lettori.

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  6. In diretta da Berlino e a poche centinaia di metri dal municipio di Schöneberg dove Kennedy tenne il famoso discorso!
    Wikipedia ha ragione! La frase di Kennedy è giusta e, perlomeno a berlino, non confondibile con i krapfen, che qui per l'appunto si chiamano Pfannkuchen (nome che nel resto della Germania indica i pancakes, qui chiamati Eierkuchen).

    Altra nota di costume: a Berlino ètradizione mangiare le Pfannkuchen (con la marmellata di prugne) a capodanno, si pensa porti bene.

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  7. Eccola, la germanista, ti aspettavo! Grazie, adesso però voglio venire a Berlino ad assaggiare le Pfannkuchen!

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