A sud del confine, a ovest del sole |
Continuando le mie letture su Murakami e sulla traduzione dei suoi libri, mi sono imbattuta in questo ottimo articolo (consigliatomi da Licia), "The cult of Murakami", di Nicholas Blincoe, nel quale Kazuo Ishiguro, estimatore dichiarato di Murakami, afferma: "Haruki is one of the three or four most exciting and important writers working right now." E poi aggiunge: "Harder to explain just why." Ishiguro, parlando della fusione tra realtà e mito che è tipica di Murakami, dice che, per esempio, anche in un romanzo meno apertamente "fantastico" come A sud del confine, a ovest del sole, "the story blends images from Casablanca with the old Snow Woman legend, very well known to every Japanese person, but perhaps less obvious to Westerners". Poi aggiunge che questo mix accomuna l'autore a "the new Japanese animation, comics or 'Nintendo culture'", e cita lo scrittore Kobo Abe, che a sua volta "combined old Japanese folk tales and bizarre sci-fi".
Nel segno della pecora |
After Dark |
Questa "occidentalità", prosegue l'articolo, non può essere apprezzata da chi legge i romanzi di Murakami in traduzione. Eppure, sostiene Blincoe, "I am convinced that it remains both the filter and the horizon of his oeuvre: we know it is there, even if we can neither see it, nor judge its extent. This seems clear on the websites, where translation is always the hottest topic of debate." E poi passa a confrontare due dei traduttori in inglese di Murakami, Birnbaum e Rubin (quello che consigliava, come ho raccontato qui, di non leggere libri tradotti): "The movement from Birnbaum, an enthusiast, to Rubin, an academic, could not be more marked. Birnbaum's style is immediate, often catchy and occasionally prickly, with a clear American inflection. (...) Some readers have found a loss of verve in the transition from Birnbaum to Rubin. Certainly, Rubin's style is drier. It seems the truth is (and I am indebted to Rubin's excellent book Haruki Murakami and the Music of Words for airing this topic in detail) that Murakami is new and fresh because his style is unadorned and uninflected."
Underground |
Kafka sulla spiaggia |
Per finire, ho cercato online, nei forum dedicati a Murakami dai lettori italiani, un confronto tra le traduzioni di Antonietta Pastore e quelle di Giorgio Amitrano, e mi sembra che entrambi i traduttori siano amati dai lettori, chi per un motivo e chi per un altro. Voi avete qualche preferenza?
come sospettavo.. noi occidentali non riusciamo a cogliere pienamente gli elementi della tradizione giapponese che Murakami introduce nei suoi racconti.
RispondiEliminaBella l'interpretazione che la musica stessa, il jazz con isuoi ritmi particolari abbia influenzato il suo stile.
Tra i due traduttori italiani non saprei esprimere una preferenza.. forse molto dipende dal gradimento del libro, dalla storia in sé... Cmq Amitrano ho avuto il piacere di vederlo in conferenza all'istituto di Cultura Giapponese di Roma (dove in realtà si parlava di banana yoshimoto) e mi è sembrata una persona molto simpatica e così visceralmente dentro all'autore che traduce.
L'autrice del blog Biblioteca giapponese (http://www.bibliotecagiapponese.it/) mi scrive: "... un ragazzo amante dello scrittore giapponese mi disse che, secondo lui, la Pastore traduceva 'in modo femminile', facendo perdere qualcosa dell'allure o delle atmosfere del romanziere (che, se non sbaglio, oltre tutto utilizza non di rado un punto di vista maschile)."
RispondiEliminaSplendido post!
RispondiEliminaMi dicono che Murakami Haruki rivede tutte le sue traduzioni in inglese, lingua da cui traduce anche e che, dunque, conosce benissimo.
Il passaggio 'sorvegliato' dal giapponese all'inglese è interessante, secondo me, posto che l'autore decide egli stesso come e quanto allargare le maglie del filtro linguistico.
L'ho detto malissimo, ma spero di essermi spiegata:)
L'hai detto benissimo! Mi viene in mente Franzen che rivede le sue traduzioni in tedesco. Ho visto i suoi scambi di email con la traduttrice tedesca (le traduttrici, due, nel caso di Freedom), e ti dirò, non la invidio ;-)
RispondiEliminaho visto il post segnalato da giusi e devo dire che veramente merita.
RispondiEliminaAnch'io non ho preferenze tra Amitrano e la Pastore, non conoscendo la lingua di origine e avendo raramente in Italia la possibilità di confrontare due traduzioni dello stesso testo, non è facile dire quale sia migliore.
Per quanto riguarda Murakami ho sempre avuto la sensanzione di qualcosa che restava al di là del mio orizzonte. anche notanto la sua forte componente occidentalizzante si sente come un profumo esotico.
Grazie! Non vedo l'ora di avere un po' di tempo per tornare ad annusare il "profumo" di Murakami. Per cominciare il suo nuovo libro, infatti, dovrò aspettare di avere un momento di tranquillità, perché anch'io sono vittima dell'"effetto Murakami": quando comincio a leggerlo non riesco più a smettere!
RispondiEliminaIniziato 1Q84 ieri sera. Lo voglio leggere in giapponese. In italiano, personalmente, lo trovo sempre piu' affascinante, quasi "barasse" nella traduzione. Cosa che non avviene quasi mai nel caso di altri scrittori del Sol Levante. Per il momento mi piace!!! ^o^
RispondiEliminaAh, che invidia. Anch'io lo voglio leggere in giapponese! Tienimi informata, sono curiosa di sapere cosa ne pensi.
RispondiEliminaSilvia, grazie per tutti questi post su Murakami. Ti seguo anche se non sempre commento, per motivi di tempo. Tutti spunti interessanti. Ti dirò una cosa: anche io non saprei scegliere fra Antonietta Pastore e Giorgio Amitrano, sono entrambi bravi, ed è la prima volta mentre con Banana Yoshimoto e soprattutto con Abraham Yehoshua ho poi "scelto" i miei traduttori italiani che secondo la mia sensibilità rendevano meglio in italiano il colore originale, con loro due... è impossibile. Baci e buon weekend
RispondiEliminaGrazie Clara! Vorrei farne ancora un altro, di post su Murakami, ma non vorrei annoiare... il fatto è che, oltre a essere uno scrittore meraviglioso, si presta anche a molte interessanti riflessioni sulla traduzione. Mi piacerebbe, tempo permettendo, parlare un po' della sua intervista alla Paris Review. Vedremo, Intanto, buon weekend anche a te!
RispondiEliminaMa che meraviglia! Ecco, io a questo punto se fossi la sua traduttrice ascolterei jazz in continuazione mentre lavoro (peccato che Thelonious Monk, che lui cita come il suo musicista jazz preferito, non sia proprio in cima alla mia hit parade...). Chissà se i suoi traduttori lo fanno.
RispondiEliminaDi nuovo io con un'altra segnalazione... Se nel frattempo non l’hai già letto, credo ti piacerà questo articolo di Giorgio Amitrano, Il compito del traduttore. Murakami in italiano.
RispondiEliminaGrazie Licia! Sì, lo avevo letto, ma non sapevo che si trovasse online. Sembra che l'articolo di Amitrano, con la sua definizione di traduzione come "artigianato" anziché "arte", abbia suscitato il plauso di molti traduttori e la contrarietà di altri (come si vede anche nei commenti). A me queste, francamente, sembrano questioni secondarie, ma ciò non toglie che l'articolo sia molto interessante.
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