venerdì 9 marzo 2012

Il linguaggio dei gesti


Quando insegno l'italiano cerco sempre di far divertire gli studenti. La grammatica li uccide, e in effetti, anche usando tutti i più moderni metodi d'insegnamento, bisogna ammettere che la grammatica rimane sempre un argomento ostico. Quella italiana in particolare.

E allora comincio con i gesti. Banale, direte voi. Certo, però loro nel frattempo si divertono e io mi rendo conto che non è sempre facile spiegare a parole un linguaggio così complesso. L'italiano è ricco sia di gesti mimici (quelli che vengono compiuti per accompagnare un termine o una frase durante una conversazione: per esempio il gesto di mostrare o indicare il polso quando si chiede l’ora) sia di gesti simbolici (quelli che sostituiscono la parola o ne  alterano il significato: si pensi al gesto delle corna mentre si parla della fedeltà di un uomo o di una donna).
Queste tavole le trovate QUI
A quanto mi è sembrato di notare, il vocabolario dei gesti degli americani, che naturalmente è molto più limitato del nostro, comprende in maggioranza gesti mimici, e così i gesti simbolici li divertono particolarmente. 

I gesti volgari cerco di evitarli, ovviamente, anche se a volte mi lascio andare a mostrare quello dell'ombrello, perché insomma, d'altronde lo faceva anche Sordi.

Uno dei più difficili e ricchi di sfumature è proprio il classico "che vuoi" della foto in alto, presa dalla copertina del delizioso libriccino di Bruno Munari Supplemento al dizionario italiano. Perché sì, vuol dire "che vuoi", ma non solo: è una specie di generico punto interrogativo indispettito/annoiato, che si può usare nel senso di "ma cosa stai dicendo", ma anche, per esempio, di "dove diavolo eri finito" quando qualcuno arriva tardi a un appuntamento. Eppure non è una generica domanda, e non si può usare, ad esempio, per chiedere "che ore sono"; e naturalmente non si applica a tutti i contesti, quindi meglio non usarlo, durante una cena, per chiedere "che vino vuoi?" (Tutte cose lapalissiane per un italiano, ma non per un americano.)
Importanti sono anche la posizione della mano (molti tendono a farlo tenendo il braccio allungato) e l'espressione del viso, che non può essere sorridente se non vogliamo vanificare l'effetto.

Un gesto difficile da padroneggiare, insomma, ed è per questo che ho provato una certa soddisfazione quando una mia studentessa mi ha racontato di averlo usato in un ristorante italiano con servizio pessimo, accogliendo così, con perfetta padronanza filologica, il cameriere che finalmente si era degnato di servirla.

56 commenti:

  1. bellissimo post, ricco di implicazioni fondamentali. grazie mille.

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    1. Non c'è di che, Daniele. E tra poco arriva la vendetta del traduttore!

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  2. Ehehe, quel gesto suscita ilarità ovunque, e, per quel che ho visto, è tra quelli più conosciuti all'estero, se non il più conosciuto. Capita che me lo rifacciano appena dico che sono italiana...
    Comunque è proprio un mondo, questo dei gesti! Anche qui ne fanno alcuni, ma non ai nostri livelli.
    A tal proposito, qualche mese fa girava questa parodia di due inglesi su un aereo per l'Italia. Dal minuto 0:59 a 3:45 si cimentano nell'apprendimento di alcuni "modi di dire" :)

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    1. :-DD Bellissimo! Vedi che tengono il braccio teso? E il gesto dell'ombrello è magnifico. "You have to say 'toe'. It means 'your sister'"! Bello anche l'applauso finale al pilota!

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    2. :D
      A proposito di "la grammatica uccide": al corso di portoghese che faccio io invece noi italiani siamo tra quelli che amano di più le lezioni di grammatica "serie": verbi, costrutti e quant'altro! sarà che siamo masochisti un bel po', sarà anche che, abituati alla nostra lingua complicata e magari anche con reminiscenze di latino e greco, ci sentiamo più a nostro agio con tante belle regole da studiare...per gli americani deve essere davvero un incubo, invece.

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    3. Soprattutto perché loro la grammatica non la studiano neanche in inglese (questo vale specie per i più giovani), e così non capiscono bene neppure la terminologia.
      Il fatto è che io sono fermamente convinta che la cultura debba essere un piacere (un mio caro amico parla sempre di "masochismo culturale"), e se non lo è, meglio andare a farsi una bella passeggiata piuttosto che rompersi la testa su un libro noioso. E questo vale in particolare per l'apprendimento delle lingue: so per esperienza che se il mio apprendimento si associa - un po' pavlovianamente - a qualcosa di positivo (un'avventura romantica, una bella amicizia, una passione di qualsiasi tipo), la lingua la ricorderò molto meglio (e soprattutto avrò più voglia di parlarla, che è quello che conta per questi studenti) che non avendola studiata su aride tabelle.

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    4. Sì, concordo sulle associazioni. Infatti mi sorprende un po' il fatto che gli italiani vogliano la grammatica a tutti i costi, mentre la nostra prof tende a non appesantire troppo. Ci sarebbe tanto da dire, nel mio caso specialmente da sentire, ad esempio da te che sei del campo. Ma, parlando con alcuni compagni di corso, quello che ho capito è che gli sembra di non imparare nulla se non sono messi davanti a tante belle regole con relativi esercizi. Io credo sia anche un po' il retaggio delle impostazioni "vecchio stampo" delle scuole che abbiamo fatto in Italia.

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    5. No, è così anche qui, molti pensano di non imparare se non fanno fatica e non si annoiano. E' un segreto che non bisogna rivelare troppo in giro, quello che la cultura può anche essere divertente, perché altrimenti come farebbero i tromboni noiosi a sentirsi superiori agli altri?

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  3. È assolutamente vero, noi non ci pensiamo e lo troviamo naturale, ma per uno straniero deve essere un linguaggio difficile da contestualizzare. Purtroppo (per loro) è quasi fondamentale per comunicare con un italiano mirando alla comprensione totale: anche se a volte è scortese o ci impegnamo a evitare di gesticolare per non mettere in difficoltà un interlocutore straniero, appena ci lasciamo andare un attimo ecco che i gesti tornano fuori.
    Da un certo punto di vista la trovo anche una cosa positiva però, che ci dona una capacità espressiva maggiore rispetto a quella di chi usa solo le parole.

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    1. Oh, sì, ci adorano per questo. Commentano spesso i miei gesti e cercano di imitarli, con il risultato che sono diventata molto più consapevole di usarli di quanto non fossi prima di venire qui.

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  4. E al secondo livello, ampiezza e velocità del movimento!
    Un altro aspetto divertente dei gesti italiani è vedere cosa succede quando gli stranieri cercano di copiarli basandosi solo sulle proprie osservazioni, con risultati a volte esilaranti, ad es. ricordo un paio di giapponesi a un corso di lingue che avevano visto noi italiani fare le corna nelle foto di gruppo e qualche giorno più tardi avevano cercato di riprodurre la cosa, ma facendosi le corna da soli (mettendo entrambe le mani dietro la propria testa e chiudendo tutte le dita a parte i due indici che servivano per le corna).

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  5. che spassose le vignette !! una volta un amico mi ha fatto delle foto mentre parlavo e poi le ha pubblicate su facebook con un sottotitolo che specifivaca come sia espressivo parlare con le mani, perchè di solito chi non è italiano si stupisce di come condiamo ogni discorso, con una sinfonia di gesti, un pò come se le parole fossero maccheroni no ? io poi ho la pessima mani di condire anche le parole scritte con una punteggiatura fiorente

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    1. :-DDD Le parole come maccheroni! Questa la rivendo ai miei studenti!

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  6. Ecco, il che vuoi io lo uso ancora. Loro mi guardano. Spesso mi capita in macchina, rivolto a chi fa la classica cazzata.

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    1. Oh, sì. Io invece insulto in italiano quelli che non si fermano per farmi attraversare la strada. Lo faccio anche in Italia (più spesso, naturalmente).

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  7. Fantastiche le tavole, Silvia!
    E trovo bellissima l'idea di cominciare coi gesti, non è per nulla banale. Anzi!

    Quando sono all'estero controllo molto il mio modo di gesticolare per non essere presa per "la classica italiana". Poi però mi rendo conto che è proprio il mio essere italiana a piacere ai colleghi.

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    1. No, dai, distinguiamo! Ci sono certe cose "da italiano" che sono atroci, ma il gesticolare è simpatico, i tuoi colleghi hanno ragione :-)

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  8. Quindi e' anche colpa tua se gli stranieri ci incontrano e urlano "Ittaaaaaaaliaaaaa" facendo il gesto con le mani a cucchiaio (fig. #1, prof).

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    1. Noo! Io cerco di estirpare queste brutte abitudini. Quelli che usano i gesti così alla cappero mi irritano. Certe cose o si fanno bene o non si fanno, no?

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  9. Anche io avevo sempre una sezione riguardante i gesti quando insegnavo italiano, ma non so se siano mai riusciti ad usarli :) In compenso, dopo la Danimarca e l'America, anche io ho perso l'uso dei gesti, muovo le mani molto molto meno di prima quando parlo, quando torno in Italia in vacanza mi sembro imbalsamata... per non parlare del volume della voce, nessuno riesce a sentirmi

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    1. Ah, sì, il volume della voce è un discorso a parte. In genere, in confronto agli americani, io sbraito come una forsennata, con l'eccezione di certe ragazze - quelle che qui chiamano "valley girl" - e ragazzi - spesso grossi e grezzi - che sembra sempre abbiano ingoiato un megafono.

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  10. Ad un mega concerto con una marea di gente, in Danimarca, da lontano arrivano due ragazzi: "Anche voi italiani?" Ci avevano riconosciuti immediatamente in mezzo alla quasi totalità degli stranieri perchè chiacchierando tra noi stavamo gesticolando...!

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    1. Be', direi che fra tutti i luoghi comuni per cui noi italiani "ci facciamo riconoscere" all'estero, quello dei gesti è senz'altro il più simpatico!

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  11. il "che vuoi" diverte tanto i miei amici americani, ma mi sembrano cosi' goffi quando lo usano :)

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  12. I gesti sì, li uso tantissimo anch'io durante le mie lezioni, soprattutto, come dice Silvia, per rompere quel velo di scoraggiamento post-grammatica. Mamma mia la grammatica!!!!
    Ho anch'io un breve storiella sui gesti e sui modi di dire.
    Un giorno sono andato con due di amici a San Josè, in Costarica. Il volo faceva scalo a Miami. Uno dei miei amici sedeva da solo, in fondo all'aereo. Per tutto il viaggio non ci siamo quasi mai visti né parlati (ognuno perso nelle sue cose immagino...). Poi, quando scendiamo, mi ritrovo a camminare in una di queste interminabili file e due americani di fianco a me cominciano di punto in bianco a parlare usando varie espressioni del dialetto della mia zona. Nello specifico, scusatemi il francesismo, dicevano "du' coion, du' coion!" (traduz: "che palle!")
    Salta fuori che il mio amico era seduto di fianco a questi due tizi e che per tutto il viaggio non aveva fatto altro che ripetere quelle due parole finché gli americani, incuriositi, gli avevano chiesto il significato e avevano adottato a loro volta l'espressione.
    Salutandoli mi è venuto il dubbio che un giorno, chissà quando nel futuro, qualcuno della mia città si ritroverà a Miami e sentirà le persone lamentarsi con un "du'coion".
    Ecco, se mai succederà, adesso sapete come tutto è cominciato.

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    1. E poi, fosse almeno razionale, 'sta grammatica! No, piena di eccezioni, con questi poveretti che mi chiedono "ma perché si dice 'in biblioteca' e 'a teatro'"? E poi quei concetti che hanno una regola e poi cinquecento casi particolari che ti spuntano fuori da tutte le parti? Il congiuntivo? La differenza tra l'uso del passato prossimo e dell'imperfetto? Du' coion!

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    2. Senti, io ancora devo capi' perche' mi riesce difficile usare il present perfect. They have been married for 20 ys. per me sono due che hanno divorziato.

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    3. Ti riesce difficile perché è una costruzione completamente diversa da quella italiana, e infatti anche a loro riesce difficile capire la nostra. Non è solo un diverso costrutto grammaticale, è proprio un modo diverso di guardare al tempo (la stessa cosa che crea loro difficoltà nel capire quando si usa il passato prossimo o l'imperfetto).
      Il tuo esempio è azzeccatissimo. "Yod", uno dei racconti del "Libro dell'ignoto" cominciava così: "When the scholar Meir lost his wife of twenty years..." Qui non c'è present perfect, ma il concetto è simile: noi diciamo le cose in un modo diverso. Non "Quando Meir lo studioso perdette la moglie con cui era sposato da vent'anni", bensì: "Quando rimase vedovo dopo vent’anni di matrimonio, Meir lo studioso..."

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  13. :-) anche io gesticolo tantissimo... tanto che anche mio marito mi prende in giro! :-/
    [a volte ci capiamo a gesti senza parlare]

    cmq ricordo che tempo fa (tanto tempo fa) avevo visto un film svedese (non ricordo il titolo) e rimasi cosi' colpita da un paio di scene dove c'erano due ragazze che parlavano camminando e avevano le braccia completamente immobili, come se non appartenessero al loro corpo :-/ atroce!

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  14. bellissimo post!
    ma il cameriere era italiano?
    spero proprio di si!

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    1. Sì, pare che l'abbia presa bene e si sia messo a ridere!

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  15. Che spasso, Silvia! Grazie per questo post. Le vignette sono da sballo e ringrazio Elle per il video sui due inglesi in viaggio per l'Italia. Assolutamente da conservare e mandare agli amici :-)

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  16. Ho cercato di raccontare il video a mio marito, ma non sapeva cosa vuol dire "to'", e poi neanche il gesto in sette parti... insomma, un po' troppo faticosa per far ridere, però sì, per un italiano è molto divertente!

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    1. Prego Rose :)
      Ah, non c'avevo pensato che uno di lingua inglese ma non italiano potesse trovarlo ostico...certo, se si deve spiegarlo troppo perde in efficacia.

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  17. Bello questo post Silvia, e fantastico il video con i due piloti italiani. Hai fatto sorridere questo sabato mattina!

    Riru

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  18. Non so se sia così anche per le nuove generazioni, ma tempo fa un insegnante di un Goethe-Institut in Germania mi confermava che gli italiani in assoluto erano quelli che conoscevano meglio la grammatica ma anche quelli che avevano più problemi a esprimersi naturalmente. E la mia esperienza a un corso avanzato di tedesco fatto a Dublino è simile: irlandesi che avevano vissuto in Germania, con un vocabolario vastissimo, nessun problema a comunicare e un'ottima comprensione, ma che facevano errori davvero elementari e soprattutto erano incapaci di capire le spiegazioni dell'insegnante perché non avevano alcuna cognizione della grammatica della propria lingua.

    In ogni caso anch'io preferisco chi usa la seconda lingua perché ha voglia di comunicare, anche se fa errori di grammatica, a chi invece parla correttamente ma in modo del tutto asettico (ad es. a chi impara l'italiano per piacere ho sempre sconsigliato di perdere troppo tempo con le complicatissime ipotetiche dell'irrealtà: basta essere capaci di riconoscerle, per esprimerle è sufficiente l'imperfetto – se me lo dicevi, venivo).

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    1. Proprio così, c'è una netta differenza tra chi studia la lingua in modo "accademico" e poco pratico e chi invece ci si tuffa per imparare a comunicare prima possibile. Sempre basandomi sulla mia esperienza personale potrei dire che il modo migliore per imparare una lingua in tutti i suoi aspetti è forse quello di tuffarsi prima e raffinare con la grammatica poi, o almeno fare le due cose contemporaneamente. Il mio studio tutto accademico del russo non mi ha mai consentito di spiccicare neppure una parola di quella lingua difficilissima, mentre il mio studio dell'inglese cominciato ed effettuato per la maggior parte "sul campo" è stato senz'altro più efficace.

      Le ipotetiche dell'irrealtà sono dei mostri! Ed è importante quello che dici sulla differenza tra saper usare e saper riconoscere. Se uno è arrivato al livello di poter studiare le ipotetiche, dovrebbe secondo me chiudere i libri di grammatica e mettersi a leggere giornali, narrativa, trovarsi amici con cui uscire a cena e chiacchierare e andare al cinema.

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  19. Bellissimo post, bellissimi commenti e bellissimi tuoi commenti dei commenti. Me' cojoni!

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    1. Io lo so, mia cara, quale sarà la prima cosa che ci diremo quando finalmente ci incontreremo di persona ;-)

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  20. Bé, Silvia, direi che sei allineata alle nuove tecniche di insegnamento di lingue straniere! Mi pare che ovunque ormai sia così. tranne che per quelli che non si aggiornano. Un'amica che insegna cinese al liceo, ad esempio, dice che i genitori si lamentano perché dopo un anno di cinese i ragazzi lo parlano molto meglio dell'inglese, che invece studiano da tre anni: perchè la loro insegnante di inglese non si è mai aggiornata e insegna loro grammatica e letteratura stopo. ma di capire un dialogo o magari un film non se ne parla!. Nel mio piccolo, studiando francese, pure io nessun cenno alla grammatica, il che per una di mezza età come me è spiazzante ma..efficace!!!! Continua così, falli divertire i tuoi studenti!!

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    1. Infatti, le lingue in genere si insegnano così, adesso. Il problema di chi continua imperterrito a insegnare solo grammatica non è solo la mancanza di aggiornamento, ma anche il fatto che insegnare le lingue così è più difficile per il docente, richiede inventiva, dinamismo e anche doti istrioniche che non tutti possiedono. Perciò molti preferiscono ancora sedersi in cattedra e spiegare le regole.

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  21. e a proposito un bellissimo video di Russel Peters sulla gestualità italiana....

    http://www.youtube.com/watch?v=83KEvIURe9M

    p.s. Complimenti per il tuo blog!

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    1. Insomma, io ho fatto tutto 'sto gran spiegone agli studenti, e poi bastava che dicessi che vuol dire "What the Fuck"! :-)

      (Grazie e benvenuta!)

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  22. bellissimo post :D
    e due aneddoti li ho anch'io.
    pare che qui ci sia una tipica battuta che recita: cos'è questo? (mimando il "what" con entrambe le mani, ma con le dita rivolte verso il basso) risposta: un italiano morto!
    poi, quando sono arrivata non parlavo una parola di portoghese, ma era aprile e volevo andare al mare, quindi mi sono buttata nella prima estetista che ho trovato e ho chiesto una ceretta...ma come si dice inguine??? ho fatto l'ultimo gesto nella seconda tabella! che vergogna, anche perché parlavo con un uomo!
    di certo non ci manca la capacità di arrangiarci :-/
    tutto il resto sull'argomento ceretta non si può raccontare perché è stato un trauma. forse un giorno romperò il tabù e ci scriverò un post :D

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  23. :-DDD un italiano morto!
    Ma come, sei andata da un estetista uomo?!

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    1. se avessi saputo che mi avrebbe accolto un uomo non ci sarei andata manco morta! era il proprietario...ormai ero lì...

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  24. bello questo post, me l'ero perso!
    e comunque, facile dire che bisogna buttarsi e parlare! qui i primi giorni non capiva niente nessuno di quelle due acche che riuscivo a dire, è demotivante... leggere per credere
    http://bighinshanghai.blogspot.com/2011/08/one-two-three.html

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  25. :-DD One Two Three è un nome bellissimo!

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  26. Bellissimo! Mi hanno raccontato che il gesto "che vuoi" italiano è diffusissimo in Israele ma significa altro (se ben ricordo è per far aspettare le persone che devono attraversare la strada). Mentre qui ho conosiciuto una ragazza svizzera (tedesca) che cercava di riprodurlo senza riuscirci (confermo quello che dice Elle!!), per cui il compagno italiano le diceva che aveva un accento anche facendo i gesti...

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