domenica 21 luglio 2013

Salvatore Settis e l'astratto modello americano

"Troppo spesso da noi si additano a modello le scuole americane, il cui disastroso fallimento è al contrario elemento ricorrente nel discorso politico e culturale americano. Troppo spesso sentiamo citare come un modello 'l'università americana', quasi che esistessero solo Harvard, Princeton o Yale; ma negli Stati Uniti esistono qualcosa come 3400 altre università il cui livello culturale e formativo medio è basso o bassissimo (se escludiamo le punte avanzate, certo meno di cento). Proprio chi meglio conosce, e magari ama, quel grande paese che sono gli Stati Uniti, dovrebbe invece dire a gran voce che dobbiamo imparare a 'pescarvi' non solo astratti e mitici 'modelli', ma anche, e soprattutto, quella capacità di autocritica che della società americana è uno dei tratti più positivi. Al contrario, mi sembra che la tendenza a mitizzare un astratto 'modello americano' sia di regola (e non solo in Italia) inversamente proporzionale alla reale conoscenza ed esperienza della società e delle istituzioni americane. Non si tratta solo di ignoranza: i modelli astratti fanno comodo perché nascondono le reali ragioni del mutamento, trasformando precise scelte politiche in direzioni di sviluppo spacciate per ineluttabili."

Da: Salvatore Settis, Italia S.p.A. L’assalto al patrimonio culturale, Einaudi 2002

18 commenti:

  1. Se i modelli astratti riuscissero a creare autocritica potrebbero essere utili. Da quello che so l'istruzione americana si basa molto su : "qualsiasi cosa fai: va bene! Nessuno è sbagliato, sia mai che venga lesa l'auto stima degli studenti"

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    1. Questo perché, secondo un modello che è stato (appunto) importato anche in Italia, gli studenti sono considerati clienti, e il cliente (pagante) ha sempre ragione.

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  2. Mi ha colpito molto il pensiero sui modelli astratti, Settis ha dato una forma concreta a un mio pensiero finora vago.
    Per quanto riguarda il resto, l'italiano medio è esterofilo, e coltiva in particolare una quasi viscerale adorazione del cosiddetto modello americano, pur conoscendone - sarebbe impossibile il contrario - i numerosi lati non solo negativi, ma secondo me semplicemente inapplicabili in Europa. Ma nulla cambia, non si riesce a trovare una via di mezzo fra una severa, ma ugualmente inutile, infruttuosa autocritica perché troppo generica e non volta al cambiamento, e lo scimmiottamento cieco e servile.

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    1. Da quando vivo qui questo concetto espresso da Settis mi salta agli occhi cento volte al giorno. Non solo è un modello inapplicabile in Europa, ma per molti versi è anche sciagurato qui (a meno che non guardiamo solo al luccichio esteriore e chiudiamo gli occhi davanti alla spaventosa povertà che è l'altra faccia della medaglia del sogno americano).

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  3. Una bella e interessante riflessione. Un numero così cospicuo di Università, effettivamente, non può coincidere con l'eccellenza. Immagino ci siano atenei di infimo ordine in US.
    A dire il vero pensavo, però, che l'eccellenza fosse un tantino maggiore di un centinaio.
    Sono meglio le nostre università, non ho dubbi!

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    1. Non so da dove Settis abbia preso queste cifre, e non sono neanche sicura che l'università italiana sia meglio tout court. Senz'altro ci sarebbe moltissimo da fare per migliorarla, ma non prendendo a modello quella americana.

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  4. Ottimo. Grazie della segnalazione libraria e delle riflessioni.

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  5. I modelli astratti -ha ragione Settis- fanno comodo. Il livello dell'università italiana non è altissimo ma bisognerebbe battersi per renderlo migliore senza confrontarlo ( e conformarlo) a modelli che non ci appartengono. Penso per esempio all'introduzione eccessiva dei test di valutazione.Una volta Enrico Berlinguer in visita all'Università di Firenze disse che occorreva solo che i professori insegnassero bene e che gli studenti fossero messi in grado di studiare al meglio. Ricetta semplicistica, se si vuole, ma per me rimane ancora valida.

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    1. Ho un'amica che sta scrivendo un libro sulle scuole pubbliche americane, concentrandosi su una scuola in particolare, la Mission High School di SF. E' un discorso molto lungo che riprenderò probabilmente quando uscirà il suo libro, però il succo è che i test di valutazione standardizzati e uguali per tutti sono un vero disastro, perché uniformano tutti a uno stesso modello senza tenere conto delle differenza individuali. Per farti un esempio: Mission High è una scuola pubblica frequentata prevalentemente da ragazzi neri e ispanici, molti di questi immigrati di prima generazione. Alcuni sono ragazzi molto svegli che vanno bene a scuola, ma la loro padronanza della lingua non è ancora perfetta. Questo significa che molto spesso, nonostante gli ottimi voti durante l'anno, falliscono i test finali, che sono studiati per i madrelingua. Quando una scuola ottiene punteggi bassi in questi test perde i finanziamenti pubblici, e dopo un po' deve chiudere. Ma naturalmente qui l'idea generale è che le scuole pubbliche sono una schifezza perché gratuite e frequentate da gentaglia di colore povera e pericolosa.

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  6. Da quando vivo qui non ho mai pensato alla scuola americana come ad un modello da seguire! Ci sono molte altre cose che secondo me varrebbe la pena di importare, quali il rispetto della legalità e personale, la cura e l'attenzione per il cliente, ecc...ma la scuola proprio no! Ho a che fare quotidianamente con biologi formati in America e sono anni luce indietro a noi come preparazione, capacità di pensiero logico, creatività.

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  7. "...i modelli astratti fanno comodo perché nascondono le reali ragioni del mutamento, trasformando precise scelte politiche in direzioni di sviluppo spacciate per ineluttabili". Quanto è vero!

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  8. miti e leggende, ormai tutto in Italia si basa su miti e leggende dalla mitizzazione degli Stati Uniti alla gestione della politica interna ed estera, più nebuloso è, meglio è

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    1. Già, sembra la gara a chi la spara (e la fa) più grossa.

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  9. Mitizzare è anche una forma patologica di pigrizia, anche italiana. Mitizzare è un modo per mascherare, ignorare, sognare.

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    1. Ricordo un'artista americana con cui stavo viaggiando per un tratto della nostra solita campagna devastata dai capannoni, e mentre le parlavo di questo triste fenomeno lei mi ha interrotto dicendo: "Non voglio vedere queste cose dell'Italia. Io sono qui in vacanza e per me questo è il paese più bello del mondo".

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  10. illuminante. sento il cervello contento come se avesse appena mangiato qualcosa di buono e sostanzioso. di solito lo nutro a idiozie quindi grazie!

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