domenica 30 settembre 2012

Meritocrazia per tutti?

Una scuola americana con sedi in vari paesi europei, fra cui l'Italia. La scuola risente un po' della crisi, deve fare dei tagli. Il direttore generale chiama il direttore di una sede italiana e gli dice che occorre licenziare un insegnante per ogni sede. Spetta a lui, in quanto direttore della sede locale, decidere chi. Il direttore della sede italiana gli risponde: "Va bene, allora licenziamo il prof. XYZ." "Ma come," gli risponde l'americano, "è il più bravo di tutti i vostri professori! Non potete licenziare proprio lui!" "È l'ultimo arrivato", risponde l'italiano, "e in più è giovane e senza figli. La legge mi impone di licenziare lui. Secondo lei cosa dovrei fare: licenziare il prof. WKJ, che lavora qui da dieci anni, non è più giovanissimo e ha tre figli?" 
Secondo l'americano sì. Secondo voi?

52 commenti:

  1. Quanto lontani siamo dall'America...

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  2. Sai quante storie ho sentito, di gente che non meritava di vincere concorsi -nel mio caso assegni di ricerca- ma che andava avanti per questi motivi? Io me ne sono andata anche perché ero stanca di sentir ripetere 'ste litanie. Siamo sicuri che ci sia una legge al riguardo (e sarebbe comunque ottusa...)?

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    1. Uhm... però hai mai pensato che un giorno potresti essere tu (cosa che non ti auguro di certo!!) quella non più giovanissima con tre figli licenziata senza paracadute per far posto all'ultimo arrivato?

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    2. (Non sono contraria alla meritocrazia, naturalmente, e capisco benissimo la tua frustrazione e quella di tantissimi altri come te. Ma vivendo nella terra dove tutto è solo bianco o solo nero ho cominciato davvero ad apprezzare il grigio.)

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    3. Sì, hai ragione, ma ad esempio nel mio caso la colpa è del tipo di contratti che girano, che non tutelano nulla, ma proprio nulla. In certi ambienti competitivi non si guarda in faccia a nessuno (vedi sistema americano), in altri si cerca di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, ma poi finisce che sono sempre gli stessi soliti ad andare avanti. La faccenda è complessa! E' vero, possiamo apprezzare anche il grigio, però quel giovane bravo come fa a costruirsi una vita se tutti la pensano così?

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    4. Infatti, la faccenda è complessa. Il sistema ideale sarebbe quello che tutela il merito ma anche i più deboli... esiste? Io ormai mitizzo gli stati del nord Europa, ma chissà, un tempo mitizzavo anche gli Usa...
      Quello che temo è che la crisi mondiale venga usata come pretesto per smantellare una serie di diritti conquistati dai lavoratori, facendo passare per ostacoli alla flessibilità e allo sviluppo quelle che invece sono garanzie necessarie perché un paese possa dirsi civile.

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  3. Anch'io penso che la via da percorrere dovrebbe essere quella grigia, con più meritocrazia nel senso vero del termine, ma anche un maggiore rispetto per la persona in generale. Non so bene se le due cose possano convivere nel mondo reale, ma ciò che credo è che i giovani meritevoli dovrebbero poter continuare il loro lavoro e il loro contribuito può migliorare il sistema a favore della comunità. I lavoratori con famiglia vanno salvaguardati, ma non protetti e difesi semplicemente perchè hanno una famiglia da mantenere: devono meritarsi anche loro il posto di lavoro e non perchè ce lo hanno da tanto tempo... questo non è un buon motivo per raggiungere l'eccellenza di cui tanto si parla

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  4. Il punto e' che se il piu' anziano con tre figli stesse in America troverebbe un nuovo lavoro in tre secondi netti; in Italia, e' un uomo finito. Credo che la considerazione del direttore italiano passi anche da questo.

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    1. Il vero abisso fra l'Italia e gli Usa riguarda la disoccupazione giovanile. Quanto al disoccupato quaranta-cinquantenne che trova lavoro in tre secondi netti, ci andrei molto cauta: i tempi delle vacche grasse sono finiti anche per gli americani. Un mio amico giornalista cinquantenne molto bravo e qualificato è rimasto un anno senza un lavoro fisso, dopo che il giornale per cui lavorava ha chiuso. Nessuno lo voleva assumere perché l'assicurazione sanitaria per un cinquantenne costa troppo.

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  5. in riferimento alla meritocrazia (propedeutica a quello che poi succederà) e a chi occupa posti sbagliati per attitudini sbagliate ti invito a cogliere questo spunto dal blog di odifreddi di qualche giorno fa in merito alla nostro ibsneniana idea di sviluppo italico.. dimmi che ne pensi:
    ..enrico

    L’attenzione di questi giorni si concentra sul prossimo vertice tra Fiat e governo, con scambi di stilettate tra il duo Marchionne-Elkann e il trio Monti-Passera-Fornero. Le posizioni dei protagonisti sono dettate dai loro rispettivi ruoli, secondo la teoria enunciata nell’ormai lontano 1947, in un classico studio su Il comportamento amministrativo, da Herbert Simon, che nel 1978 vinse il premio Nobel per l’economia per questi suoi contributi.

    In sintesi, Simon notava che coloro che si trovano in posizioni di comando, assumono e difendono posizioni che sono più dettate dal ruolo che ricoprono, che non dalla loro personalità o dalla loro ideologia. E poiché in questa visione l’uomo ‘e solo una pedina al servizio del ruolo che ricopre, tanto varrebbe automatizzare le funzioni del ruolo e farle svolgere da un computer, invece che da esseri umani.

    Naturalmente, questa “automatizzazione” fa parte del progetto che oggi si chiama Intelligenza Artificiale. Progetto che allora non esisteva, ma che Simon contribuì appunto a lanciare nel famoso congresso di Darmouth del 1956, insieme a Marvin Minsky e John McCarthy. Ciascuno di loro aveva visioni diverse di come realizzare l’obiettivo, ma tutti e tre vinsero in seguito il Turing Award, l’analogo del premio Nobel per l’informatica: Minsky nel 1969, McCarthy nel 1971 e Simon nel 1975.

    Nel caso pratico della Fiat, la teoria di Simon si rispecchia appunto nelle posizioni della Fiat e del governo. La prima ricorda ovviamente che la politica dell’auto è dettata dalle leggi del mercato, le quali richiedono che si investano i soldi degli investitori nei luoghi e in modi che possano fruttare il massimo ritorno agli azionisti. E se questi luoghi e modi non sono la produzione di auto in Italia, tanto peggio per il paese e per i lavoratori italiani.

    Il secondo ricorda che il mercato non è libero, se non negli slogan, bensì protetto e drogato. In particolare, la Fiat ha beneficiato per un secolo di finanziamenti e incentivi statali, e su questi è prosperata. Dunque, oggi non dovrebbe scappare con la borsa, dopo aver sistematicamente intascato i profitti negli anni di auto grasse, e scaricato le perdite in quelli di auto magre.

    Da un lato, i manager privati si lamentano della flessione delle vendite dell’auto nel nostro paese. Dall’altro lato, i ministri pubblici insistono per un rilancio della produzione a casa nostra. Ma nessuno sembra preoccuparsi del vero problema: che non ‘e di continuare a promuovere la produzione, l’acquisto e l’uso di auto, come se ormai non ce ne fossero ormai troppe dovunque, bensì di smettere di considerare i lavoratori soltanto come robot impiegati in una catena di montaggio.

    Ma questo richiederebbe un ripensamento globale del modo di produzione, mentre tutto ciò che gli industriali e i politici sanno fare è di cercare di mettere le toppe a quello vecchio. E il ripensamento consisterebbe appunto nello scambiare gli atteggiamenti che si tengono nei confronti di manager e lavoratori. Finora i primi si comportano come essere umani che guardano e vedono i secondi solo come ingranaggi meccanici del sistema. Non sarebbe ora che si cominciasse finalmente a fare il contrario?

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    1. La teoria di Simon è interessantissima, non la conoscevo e ti ringrazio di averne parlato qui. Ho l'impressione che spieghi davvero molte cose. E anche l'idea di ribaltare la visione mi sembra ottima, ma non capisco come si potrebbe applicarla in concreto.

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    2. semplicissimo silvia la tua visione, o meglio il tuo algoritmo faberiano che vuoi applicare è simile al mio e proprio come dice va deandrè: «Preferisco aprire i cancelli alle tigri che cavalcarle. Ho sempre avuto delle idiosincrasie sia verso il comando che verso l'obbedienza»

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    3. "Ho sempre avuto delle idiosincrasie sia verso il comando che verso l'obbedienza" mi piace proprio tanto.

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  6. Quello che temo è che la crisi mondiale venga usata come pretesto per smantellare una serie di diritti conquistati dai lavoratori, facendo passare per ostacoli alla flessibilità e allo sviluppo quelle che invece sono garanzie necessarie perché un paese possa dirsi civile.

    Quoto le tue parole. In pieno.
    Non parliamo poi della crisi, e di come venga usata nell'editoria. Ahimè.
    Passando al tuo quesito... se fossi io quella scuola, terrei entrambi part-time, e magari incentiverei entrambi a cercarsi qualcos'altro. Non riesco a scegliere! Forse perché non sono più giovanissima?! O forse perché una parte di me licenzierebbe - se proprio costretta - il nuovo arrivato, giovane e senza figli? Perchè noi eternamente giovani (e non più anagraficamente) siamo ormai così abituati al precariato e al nomadismo?
    Ecco, mio malgrado, ti ho risposto.

    Fra l'altro ho vissuto da vicino una situazione simile. Multinazionale americana con sede italiana: due segretarie di direzione, entrambe sui 50anni ma con uno scarto di 3-4 anni, entrambe brave. Ne deve rimanere solo una, due ormai costano troppo. Una di queste, una mia cara amica. Per mesi le tengono sul filo del rasoio, poi i grandi capi americani decidono, e licenziano la più anziana delle due. La mia amica ha ringraziato di essere giusto quei 3 anni più giovane dell'altra. Funny things. Mah!

    Buona domenica.

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    1. Capisco bene cosa vuoi dire. E' sempre difficile, perché ogni caso è diverso dall'altro e le leggi per necessità sono tagliate con l'accetta. Però, sai, è un po' come la storia dei falsi invalidi. Tutti a parlare dei falsi invalidi, tutti a eliminare le pensioni di invalidità perché c'è gente che se ne approfitta. E quelli (la maggioranza) che sono invalidi per davvero?

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  7. In questo scenario si parla di una scuola in Italia. Io licenzierei l'insegnante piu' anziano con i tre figli. Penso agli studenti, e' meglio che imparino da una persona preparata piuttosto che da una "abbastanza" preparata, loro sono il futuro. Mi e' capitato di avere insegnanti di tutti i tipi, una era frustrata perche' lavorava con noi, ragazzini del liceo, mentre avrebbe preferito insegnare all'universita'. Ci trattava come adulti e non accettava scuse, durante l'anno con lei si studiava il programma di quell'anno e, una volta alla settimana, quello dell'ultimo anno, che a suo parere non si faceva mai in tempo a finire per via degli esami. Ho avuto altre insegnanti, di ruolo da decenni, che noi studenti correggevamo. Per questo motivo terrei il giovane insegnante.
    E poi si parla dell'Italia, io manco da moltissimo, pero' se non sbaglio esistono delle tutele per i lavoratori licenziati e le loro famiglie.

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    1. Uhm, così a naso ti direi di no (cioè, confesso di non sapere se esiste la cassa integrazione per gli insegnanti), però io di tutele non ne ho neanche una, quindi non faccio testo.

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  8. Io non licenzierei nessuno e abbasserei lo stipendio del direttore generale, che sarà sicuramente strapagato.
    Ma si sa, le cose più giuste non accadono mai.

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    1. Anche io ho pensato a questa soluzione. Se dovessi scegliere tra i due, sinceramente non saprei che cosa è più giusto, cosa meno. C'è da pensarci un bel po'. Mi chiedo però se in America un ragionamento così non stia alla base di una filosofia che spinge sempre a migliorarsi, pur a lavoro ottenuto, e se in Italia invece non ci si goda il privilegio di un lavoro "sicuro" troppo spesso senza più impegnarsi come un tempo, dandolo per scontato.

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    2. Tutto vero, tutto vero, ma ogni medaglia ha sempre il suo rovescio. Te ne accorgi quando cominci a pensare ai casi specifici, alle storie di persone vere. Non sempre è possibile migliorarsi, non sempre sei in un momento della tua vita in cui hai il tempo/l'energia/la salute/le risorse per farlo. Le tutele servono per i deboli più che per i forti, che magari se la cavano anche da soli. Il compito dello stato dovrebbe essere quello di garantire queste tutele e nello stesso tempo di combattere contro chi se ne approfitta.

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  9. Io nel mio piccolo sono passato da un contratto dirigente a tempo indeterminato... ad un contratto a tre anni.
    Non mi lamento certo, ma il mondo sta cambiando ovunque ormai.

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    1. Eh, sì, io non ho mai avuto niente, sono sempre stata una freelance totale senza pensione né ferie né malattia, quindi la differenza la sento poco. E' stata una mia scelta, certo, perché se proprio devo scegliere preferisco essere povera ma libera. Però c'è un limite di dignità umana sotto il quale nessuno dovrebbe essere costretto a scendere.

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  10. Scelta difficile e qui non c'è nessun giudizio di Salomone ad aiutarci. Se fosse possibile adotterei la stessa soluzione degli operai tedeschi (della Volkswagen, mi pare) qualche anni fa: meno ore per tutti, ma nessun licenziamento. Ritrovarsi a cinquant'anni in mezzo a una strada può essere più duro che a venti e, a volte, la meritocrazia va temperata con la solidarietà.

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    1. Grazie! Eccola, finalmente, la parola scomparsa. Solidarietà. Aspetta, che la scrivo un po' più in grande. SOLIDARIETÀ.

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  11. Gli stati moderni (cioè quelli nati dopo le innovazioni ideologiche culminate nelle rivoluzioni americana e francese di fine Settecento), dai quali in un modo o nell'altro discendono TUTTI gli stati attuali chiedono veramente tanto ai loro sudditi... pardon, "cittadini".
    Una volta nelle guerre morivano solo i soldati, mentre da duecento anni a questa parte muoiono in stragrande maggioranza popolazioni civili. Una volta avevi in tasca poche monete, ma d'oro, ora pezzi di carta che gli stati decidono quanto far valere e quando svalutare.
    Negli stati moderni i sudditi... pardon "cittadini", devono mantenere corpose spese militari (laddove è bastato spezzare il filo spinato tra Ungheria ed Austria nell'estate 1988 per far cadere quasi tutti i regimi oltre la cortina di ferro in meno di 5 mesi), devono mantenere un cospicuo sistema giudiziario (dove - non lo ricorda mai nessuno - in meno del 10% dei crimini i colpevoli vengono individuati ed in meno del 5% vengono condannati, sia in Italia che negli USA), devono mantenere un larghissimo stuolo di piramidi burocratiche (presidenti, parlamenti, deputati, senatori, amministrazioni locali, periodicamente rinnovati e con privilegi che gli antichi sovrani neanche si sognavano).
    Ecco, dopo questa lunga premessa, dico che in un'azienda che deve contrarre i conti per crisi economiche o targets mancati che siano, dovrebbero pagare i dirigenti. Invece, quando escono i numeri ufficiali per i quali poi vengono decisi i piani di risanamento ed i licenziamenti, in realtà già è stato deciso tutto dietro le quinte.
    Nella scuola citata nell'esempio, le persone dei vertici dirigenziali non dovrebbero arrivare a porsi la questione se licenziare i dipendenti della base giovani o anziani. Dovrebbero avere la dignità di mettersi loro stessi una corda intorno al proprio collo e togliere il disturbo.
    Non glielo ha mica prescritto il medico di impostare il loro lavoro su quello degli altri. Ed il fatto di vivere prevalentemente del lavoro altrui dovrebbe imporre loro l'obbligo di autoespellersi quando viene fuori che la base non è più in grado di sorreggere l'intera struttura.
    Poi arriveranno dirigenti nuovi, che decideranno piani di risanamento e criteri di licenziamento. Ed a questo punto la scelta sarebbe: licenziamo il professore giovane, che ha tanto entusiasmo e voglia di crescere e far crescere il suo corpo discente, oppure licenziamo il il professore anziano, che magari è un po' assuefatto dal solito trantran ma è più saggio e sa gestire con maggiore esperienza le varie problematiche? Vedete, i termini di scelta sono totalmente diversi e per le opzioni possono esistere risposte multiple.

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  12. P.S. Silvia, posso dirti una cosa? Ma che bello poter postare sul Tuo blog senza bisogno di scrivere quel ridicolissimo ed illegibile codice captcha. Non cambiare mai :-)

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    1. Sì, a suo tempo ho seguito le istruzioni di chi lo aveva già tolto e mi sono liberata di quel coso orrendo.

      Quanto all'altro commento, ti ringrazio e concordo con quello che dici. Se si chiamano "posti di responsabilità" ci sarà pure un motivo, no? Non si chiamano mica "posti di scarico responsabilità". Eppure...

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  13. I vari commenti hanno esaminato la questione da ogni punto di vista. Li ho letti con molto interesse.
    Io diminuirei di molto gli stipendi dei manager. Nella scuola, probabilmente non farebbe molta differenza, ma nell'industria e nel pubblico impiego , sì.

    E manderei a casa tutti i politici corrotti, azzerando loro privilegi, rimborsi, pensioni e obbligandoli a restituire il mal tolto.
    Ĕ un'utopia, lo so. :-(

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    1. Hai ragione, Rose, sono contenta di aver ricevuto tanti commenti approfonditi e mai superficiali.
      Sui politici corrotti è stato detto e scritto tanto, ma sembra appunto un'utopia riuscire a venirne a capo. Forse sarebbe utile paragonare l'Italia ad altri paesi dove la corruzione è diffusa, per cominciare a vedere cos'hanno in comune tutti questi posti. Il cinismo? La scarsa fiducia nelle istituzioni? Cos'è che ci condanna sempre a questa vergogna?

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  14. A mente lucida (e cinicamente) terrei l'insegnante più bravo e licenzierei quello meno bravo.
    Non licenzierei, quindi, il padre di tre figli ma l'insegnante meno bravo. Se devo valutare il merito, questa è la soluzione. Se devo valutare le condizioni socioeconomiche, allora la questione cambia e cadrebbe la testa dell'ultimo arrivato.
    In ogni caso, non dormirei la notte, per qualsiasi decisione.
    PS Per postare i commenti sul mio blog, ho la barriera dell'odioso codice captcha? Spero di no, lo odio anch'io!!

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    1. Eh, già, non vorrei essere nei panni di chi deve decidere (anche se nel suo caso la legge ha deciso per lui).

      No, non ce l'hai il captcha! :-)

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  15. Tutti commenti interessanti. Però mi sembra che qui si dia per scontato che il più anziano sia meno bravo e per ciò necessariamente pessimo (pigro, demotivato, cialtrone, fate vobis). E chi lo dice che invece magari sarà meno bravo però ha più esperienza e capacità didattica? Meno bravo e più anziano è un giudizio troppo sintetico. Chi l'ha detto che giovane uguale sicuramente migliore? Ora, sono stata un po' provocatoria, me ne rendo conto. Il discorso di elle, su in alto, mi sembra che non sia esattamente pertinente: qui non si tratta di concorsi in cui il merito viene disconosciuto ma di due posti di lavoro già in essere, peraltro in una struttura privata. Le soluzioni salomoniche purtroppo non appartengono al mondo reale, se non in presenza di persone dirigenti estremamente sagge. Credo che se il giovane fosse una specie di supersupergenio imperdibile e bravissimo nella didattica (perchè io ho avuto dei professori supergeni all'università e al master, ma totalmente incapaci a insegnare a fronte di persone più modeste ma estremamente dotate per l'insegnamento) allora il superdirettore galattico dovrebbe fare carte false per tenerlo oppure licenziarlo e fornirgli solide e ricche referenze per altri posti (esistono le relazioni) insomma fornendogli una sorta di paracadute reputazionale, mentre al più anziano farei capire che lo tiene sì ma al primo sgarro e caduta di impegno è fuori. Comunque, se non si è già capito, per me viene prima la solidarietà e comunque ogni caso è a sé.
    Sulla coppia Elkann-Marchionne stendiamo un velo pietoso: il più ridicolo bluff degli ultimi dieci anni, peccato che ne paghino le conseguenze gli operai.

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    1. Grazie, ecco un'altra risposta saggia e assolutamente condivisibile. Già, chi l'ha detto che il più vecchio dev'essere per forza incapace e pigro?

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    2. Nessuno dice che l'anziano è pigro e cialtrone, ma dal caso "tipo" che Silvia ha postato si evince che quello che vogliono mandar via sia il più bravo di tutti i professori (immagino come professore, quindi per le sue capacità didattiche, altrimenti di che stiamo a parlà?) :)
      Il mio discorso non era esattamente pertinente al caso in questione, ma le problematiche sono le stesse che si riversano anche in altri ambiti lavorativi, e portavo l'esempio del mio, che è quello che ovviamente conosco meglio (forse non spiegandomi bene). Accade spessissimo nell'università italiana che, se vi sono 2 persone che fanno lo stesso lavoro, e uno di essi ha più anzianità (non solo anagrafica, ma anche di permanenza in una certa mansione) e famiglia, ma l'altro, pur essendo più giovane, è dichiaratamente più brillante, ha più pubblicazioni (metro a volte infame, ma tant'è), magari è anche più apprezzato come professore e riscuote maggior successo con gli studenti, allora spesso si tende, nel momento di rinnovare un contratto e dover scegliere tra i due, o di bandire un concorso, a scegliere il primo. Perché è come "uno di famiglia ormai", oltre che a doverne mantenere una. Non credo che sia assolutamente non pertinente come discorso :)
      Nel privato in teoria funziona diversamente, e allora potrei portare mille esempi di come lì non c'è anzianità e famiglia che tenga, se c'è di mezzo un raccomandato :D ma mi fermo qua, sennò allungo troppo il brodo e vado OT.

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    3. Tutto vero, tutto vero. Quello che cerco di fare, nel mio piccolo, è dimostrare che per tutti gli esempi negativi - che sono tantissimi - del "sistema-Italia" - se ne possono trovare altri (non so se altrettanti...) positivi, o esempi negativi di altri paesi che potrebbero aiutare a smitizzare un po' "l'altrove". I raccomandati ci sono anche nelle università americane (conosco persone che hanno partecipato a colloqui "finti", in cui apparentemente erano stati selezionati per competere con uno o due altri candidati, mentre in realtà il candidato da assumere era già stato scelto da un pezzo), e conosco aziende private italiane che si fanno scrupoli umanitari a licenziare persone che in altri paesi sarebbero già in mezzo alla strada (e in altri paesi finire in mezzo alla strada non è un'espressione metaforica).

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    4. Sí, ma se è per questo con me sfondi una porta aperta: non ho il mito dell'altrove, ho solo visto abbastanza in Italia da decidere di vivere altrove, cogliendo un'opportunità, per vedere come funziona in altri posti, anche per spirito di avventura :)
      Nel mio ambito il connubio con un paese come ad esempio gli USA risulta una cosa per me asfissiante, che mi fa quasi paura (potrei portare 10.000 esempi, ma credo si capisca cosa intendo).
      Non possiamo pensare che sia sostenibile un mondo dove vanno avanti solo i migliori, gli eccellenti ecc ecc, perché il mondo è fatto di persone medie e normodotate.
      Gli scrupoli di coscienza me li farei anch'io, prima di buttare in mezzo alla strada qualcuno.
      E'davvero difficile sintetizzare in poche righe dei pensieri ampi su una questione, ripeto, complicata, senza rischiare di apparire troppo parziali! Ma grazie per l'opportunità!

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    5. se blogspot s'e' magnato il mio ultimo commento potrei anche arrabbiarmi. ed e' lunedi' e preferirei evitare...

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    6. Bene, sono molto contenta della discussione che è venuta fuori!

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    7. No, stavolta non ha magnato niente :-D

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    8. Sì, tanti bei commentilli! E mi piace molto quanto dice elle "il mondo è fatto di tanti normodotati". Parole sante! Giusto per smitizzare un po' il totem dell'eccellenza. Se uno nasce con QI a 100 invece che a 160 mica è colpa sua, né peraltro è una colpa.

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    9. A me la parola "eccellenza" fa venire in mente un vescovo.

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    10. scusate se intervengo nella discussione, è che io credo che la questione di fondo non sia il fatto che il mondo sia pieno di normodotati che non hanno colpa di questo e che comunque devono campare come i più intelligenti.
      il problema è quando il normodotato occupa un posto che dovrebbe spettare, per capacità e merito, a chi ha un q.i. o una preparazione superiore.
      non si può piazzare un idiota a gestire cose che non capisce, o a far male un lavoro, togliendo il posto a chi è più bravo.
      e viceversa non è giusto nè utile per nessuno mortificare personalità di un certo tipo, relegandole a rivestire posti e ruoli non confacenti alle proprie capacità.
      è una questione di misura, oltre che di equità e di buon senso.
      l'assistenzialismo non è compito di chi offre posti di lavoro, ma eventualmente dello stato.
      e se lo stato è carente, sotto questo profilo, non si può pretendere che altri, a fronte di notevoli costi, se ne facciano carico.

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    11. Non ti devi scusare! Comunque certo, non si può pretendere che il privato faccia assistenzialismo, quello è compito dello stato, che dovrebbe ridistribuire i soldi delle tasse sotto forma di servizi ai cittadini.

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  16. Milioni e milioni di persone soffrono a causa di sistemi economici e politici corrotti, viviamo tra persone avide e senza scrupoli. Purtroppo a nessuna età si può avere un po' di sollievo. Mentre aspettiamo un po' di sollievo si lotta per pagare le bollette, allevare i figli e fare tantissime altre cose necessarie per tirare avanti.
    In una certa misura un po' tutti noi (normali) siamo stati oggetto di scelte da parte di qualcuno. Quanti lavoratori diligenti hanno paura di perdere il posto? Licenziamenti, chiusura delle fabbriche, non può che accrescere la competizione sul posto di lavoro e aumentano le pretese da parte del datore di lavoro. Tutto questo ha generato questo clima di insicurezza. A 50anni dobbiamo pensare come persone senza esperienza, e questo è tragico se pensiamo che si deve sempre ricominciare.
    Comunque ci stiamo accontentando anche del più umile dei lavori e lo consideriamo dignitoso e importante.
    Nello specifico lascio tutto in mano al "non senso", in ogni caso sarà quello a vincere. Giustizia e solidarietà per entrambe le categorie? oggi come oggi è impensabile! Una a discapito dell'altra, come sempre!
    Ciao Silvia.



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    1. Ciao Carla. Che dire? Il sistema perfetto non esiste, però sì, essere oggetto delle scelte di qualcun altro, anche quando si svolge il proprio lavoro con impegno e competenza, è terribilmente ingiusto.

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  17. Il fatto e' che quando si tratta di economia gli americani perdono la loro proverbiale pragmaticita' e diventano dogmatici all'ennesima potenza. Per loro l'azienda deve pensare a massimizzare il proprio interesse, perché da quello discende logicamente l'esistenza di un mercato sano, in cui anche il padre di tre figli non tarderà a ritrovare qualcosa. Gira e rigira siamo sempre fermi a Smith e alla sua mano invisibile. Del resto anche Alan Greenspan era un fermo sostenitore dei mercati autoregolati, per cui sotto di lui la fed si occupava prettamente di politica monetaria, senza preoccuparsi minimamente di porre un freno alle banche. Abbiamo visto come e' finita.
    D'altra parte l'approccio Italiano non ha prodotto niente di meglio: i nostri genitori hanno avuto quasi sempre lavori ipergarantiti, ma oggi pagano lo scotto vedendo i nipotini in cartolina, dal momento che siamo tornati a dover emigrare per lavoro.

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  18. Silvia! Oggi a pranzo ho letto con molto interesse il post e i commenti. visto che sono tutti seri e pertinenti io ne approfitto per abbassare il tono - rebel! -, ho appena trovato questo link e mi sei venuta in mente tu, qualcuno nei comments cita il captcha e allora:

    http://www.zerocalcare.it/2012/10/01/captcha/#comment-5926

    A me ha fatto ridere :)

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    1. :-DDD E' bellissimo!!! D'ora in poi scriverò scopacani su tutti i captcha!

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  19. io credo che se in Italia funzionassero gli ammortizzatori sociali e il mercato del lavoro fosse meno ancorato, nel pubblico come nel privato, ad un diffuso e tollerato sistema di raccomandazioni, forse la meritocrazia troverebbe maggiore spazio.
    una delle soluzioni possibili dovrebbe passare(ma questa è solo la mia opinione) per una riforma di sana pianta del diritto del lavoro.
    comunque la questione è complessa, e più che un grigio, ci vorrebbe una scala di grigi...
    resta il fatto che la meritocrazia, in questo paese, rimanga un'utopia.

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