lunedì 5 marzo 2012

Traduttori: il Sole 24 Ore e il Corriere ne parlano

Il Sole 24 Ore online pubblica una bella rubrica che si chiama Faber Blog - La cultura raccontata da chi la fa, in cui ogni settimana un ospite parla del proprio lavoro nel campo, appunto, della cultura. La settimana scorsa l'ospite è stata Paola Mazzarelli, traduttrice, insegnante e coordinatrice didattica della Scuola di Specializzazione per Traduttori Editoriali di Torino, e una dei redattori della rivista online "Tradurre.Pratiche teorie strumenti". Se vi interessa capire come funziona questo mestiere, leggete i suoi post: sono illuminanti.

Ieri, poi, è uscito sul Corriere della Sera un articolo a firma di Ida Bozzi, in cui si parla della situazione dei traduttori italiani e si cita anche il caso della lettera a Baricco di qualche tempo fa. L'articolo non si trova online, perciò lo riporto qui per intero.



"Professione, traduttore, 12 euro a cartella. Anche meno, fino a 7 euro lordi. La media, tuttavia, è tra i 12 e i 15 euro per una cartella di 2.000 battute, con punte, rare, fino a 20 euro e oltre. Si parlerà anche di traduttori editoriali a «Libri come», venerdì 9 allo Spazio Risonanze (ore 20), in un incontro del ciclo dedicato al lavoro culturale e intitolato «0,60 a cartella». È poco: e non ci riferiamo alla cifra indicata, che comunque rappresenta le difficoltà dell’intero mondo dei lavoratori culturali (traduttori, ma anche collaboratori e revisori editoriali esterni), ci riferiamo al poco spazio che viene in genere dedicato ai traduttori. Co-autori troppo spesso invisibili – o quasi – nella confezione editoriale. Invece le rivendicazioni dei traduttori editoriali in Italia sono tante, economiche, professionali, su previdenza, scadenze di lavoro e così via, in un momento in cui si parla dell’importanza degli investimenti nella cultura. «Il problema è a monte: non è una professione regolamentata – spiega Sandra Bertolini, presidente nazionale di Aiti, Associazione italiana traduttori e interpreti –, l’authority ha vietato la pubblicazione di tariffari, e ora andiamo sempre più verso il libero mercato. In teoria il traduttore dovrebbe andare dall’editore e dire: queste sono le mie tariffe. Ma in pratica non è così, non ha la forza contrattuale per farlo».
Contratti ad personam e assenza di un contratto nazionale, dunque. Ma in quanto tempo si traduce la famosa cartella da 12-15 euro? «Proprio questo è un dato variabile continua Sandra Bertolini –: dipende dal libro. Quando io affronto un autore, prima devo documentarmi, familiarizzare con il suo ambiente o Paese. Sulla pagina devo fare un ulteriore lavoro: magari la storia è ambientata nel ghetto di Harlem ed è piena di termini gergali che devo conoscere. Oppure è un thriller della Cornwell e io devo studiare e rendere comprensibili termini di anatomopatologia. Ci sono giorni buoni in cui si traduce qualche cartella, altri in cui si passa la giornata su una parola».




«I problemi sono in parte specifici – continua Ilide Carmignani, che cura con Stefano Arduini le Giornate della traduzione letteraria di Urbino – in parte di tutto il lavoro culturale italiano, basta ricordare Bianciardi e la sua Vita agra. Oggi in Italia si è creata una nuova generazione di traduttori che esce da percorsi formativi specifici, questo non ha risolto i problemi ma ha aiutato a metterli a fuoco: il fatto che non ci siaun contratto nazionale, che sia una categoria divisa, con molti giovani con pochi strumenti, e con corsi universitari di cui alcuni eccellenti, altri con docenti di traduzione che non hanno mai tradotto…».
Premesso che il traduttore è un autore, sul sito di Aiti si spiega che «il diritto dell’autore non si caratterizza giuridicamente come un diritto “monolitico”, ma si articola in un complesso di facoltà patrimoniali distinte». In sostanza non c’è un diritto solo, ma diritti diversi, anche se i traduttori per lo più li cedono tutti in blocco. Lo spiega Marina Rullo, dirigente di STradE, il Sindacato Traduttori Editoriali nato a gennaio da un gruppo già attivo nella Sezione traduttori del Sindacato nazionale scrittori: «i diritti di un libro sono diversi: il diritto di pubblicazione in volume, i diritti d’autore, di riproduzione, di diffusione e così via. I traduttori italiani cedono di solito tutti i diritti, raramentene tengono per sé alcuni anche se in realtà ciò è possibile: ma i contratti per lo più non lo prevedono». Prassi che invece è usuale negli altri Paesi, ci illustra il traduttore Daniele Petruccioli: «Mentre in Italia c’è una consuetudine per cui il contratto vede coprire per 20 anni la vendita dei diritti, all’estero per lo più i diritti sono riconosciuti oltre, a parte. Se in media qui si ottengono 12-15 euro a cartella, e nient’altro, in altri Paesi la media è del 50 e talvolta del 100% di più di quella italiana. Più i diritti».
«Uno dei primi nodi da affrontare – spiega Rullo – è proprio la riforma della legge sul diritto d’autore, avvenuta in altri Paesi europei nel ’90. Altro nodo è quello delle tutele sociali: non abbiamo né previdenza né assistenza. Intanto STradE ha elaborato una polizza sanitaria integrativa. Ma non può essere una risposta definitiva».
A proposito di Europa, prosegue Rullo: «Con Biblit (forum online fondato dalla stessa Rullo nel 1999, ndr) abbiamo censito in Italia circa 25 realtà di formazione, peraltro non omogenee tra loro. Ogni anno decine di giovani escono da tali corsi e vanno a scontrarsi con un mercato saturo. In Europa, invece, abbiamo trovato poche scuole di formazione, 3 o 4, per ciascun Paese».
«Bisogna capire che quello del traduttore è un lavoro – afferma la traduttrice e scrittrice Gaja Cenciarelli – anzi un mestiere, fatto con passione. Ma che anche i traduttori pagano le bollette come tutti gli altri». Il mancato riconoscimento è questione non da poco, che tocca di riflesso un diritto morale e per legge «intrasferibile», il diritto di paternità. «Ora la situazione è migliorata per il lavoro di sensibilizzazione che è stato fatto – aggiunge Gaja Cenciarelli – ma capita che nelle recensioni non veniamo neppure citati, come se i libri degli autori stranieri si traducessero da soli. Non c’è il riconoscimento del fatto che siamo fondamentali per il lavoro editoriale».

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A proposito di sensibilizzazione, alcune iniziative partono dalla Rete: l’8 febbraio, sul sito cadoinpiedi.it, la traduttrice Andrea Rényi ha pubblicato, con 175 cofirmatari, una lettera indirizzata ad Alessandro Baricco in cui si segnalava allo scrittore che la sua rubrica su «Repubblica» era «priva di un dato essenziale, quello del nome della voce italiana degli autori stranieri da Lei tanto apprezzati». «Come ben saprà – continua la lettera – i libri non si traducono da soli e la traduzione, che per il traduttore significa spesso molti mesi di impegno, determina il successo (e, purtroppo, qualche volta anche l’insuccesso) di un autore e di un’opera nella lingua di arrivo». Proprio per mostrare che cosa sarebbe la letteratura straniera senza i traduttori, è stato creato su Facebook un gruppo che, in segno di solidarietà con l’iniziativa della Rényi, ha scelto una viralizzazione curiosa: sulle bacheche di molti traduttori sono apparsi post che propongono ironicamente la versione fornita dai traduttori automatici per incipit celebri, da Proust a Bolaño. L’incipit della Recherche diventa, refusi compresi: «Molto tempo, sono andato a letto presto. A volte solo la mia candela, i miei occhi si chiudevano così in fretta che non ho avuto il tempo di dirmi: “mi addormento”. E mezz’ora più tardi il pensiero che era tempo di andare a dormire mi risveglio e ho voluto mettere giù il libro che pensavo di avere nelle mie mani e colpo di luce… » Versione Babel Fish, insomma."

32 commenti:

  1. Comunque sia, tradurre è un bel mestiere.

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    1. Oh, sì, certo, e io in genere non amo lamentarmi, ma quando ci vuole ci vuole!

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  2. Speriamo che prima o poi la situazione cambi. Anche la mia è una categoria non protetta, non abbiamo un sindacato e nemmeno un'inquadratura (io ero sotto lavoratori del legno e boschivi per quanto riguarda dipinti...), ma almeno ci danno il riconoscimento del lavoro svolto (ai proprietari della ditta, non a chi fa materialmente il lavoro eh!), che è quello che conta... anche se un po' più di 5 euro all'ora schifo non ci farebbero. Comunque, ancora una volta, Italia in coda a tutte le classifiche europee per trattamento "umano" del lavoratore.

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    1. Scusa, forse non ho capito bene. 5 euro all'ora? Lavoratori del legno e boschivi? Poi uno si domanda perché la gente emigra in America (no, anzi, mi sa che non se lo domanda nessuno)!

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    2. pensa che 5 all'ora è quello che guadagni come restauratrice "finita". Prima ci sono 5 anni di tirocinio in cui ti pagano 3 euro all'ora. No comment.

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    3. Scusa se sono indiscreta, ma negli Usa quanto si può prendere all'ora, per lo stesso lavoro?

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    4. In California prendevo 20, ma ero independent contractor, qui prendo 16.50 ma sono dipendente, quindi alla fine viene più o meno lo stesso come stipendio. quando inizi sono sui 15 lordi, se lavori in stati che pagano bene, quando sei a capo di un laboratorio, pigli 25 sempre lordi. In LA gli stipendi sono parecchio bassi, quindi non mi posso lamentare

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    5. Be', insomma, una bella differenza (anche se mi sembra proprio che un lavoro come il tuo dovrebbe essere pagato di più)! La paga italiana, più che una paga, mi sembra una presa per il culo.

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    6. Brava. Più che altro vorrei che ci fosse almeno un indennizzo per l'usura fisica ed il rischio di morire di cancro visti tutti i solventi che mi respiro ogni giorno :(

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  3. A proposito di docenti di traduzione che non hanno mai tradotto, posso confermare che erano la maggioranza quando ho studiato traduzione alla SSLMIT di Trieste, ai tempi l'unica facoltà del genere in Italia. Si imparavano bene le lingue e a ragionare sui meccanismi che le regolano ma poi stava al singolo studente "mettere insieme i pezzi". Nel frattempo immagino che le cose siano cambiate. :-)

    Cambiando argomento, sono sempre un po' perplessa quando si parla di traduzione letteraria e viene tirata in ballo la traduzione automatica, perché secondo me potrebbe essere controproducente e dare un'impressione sbagliata dei traduttori e della loro professionalità. Certo, i risultati a volte davvero maldestri possono essere molto divertenti (il primo che mi viene in mente di una lunga lista è il fiammifero dell'amore per love match) ma con i sistemi ibridi di tipo statistico questi errori sono sempre meno frequenti, anzi, in certi ambiti e "addestrata" a dovere, la traduzione automatica funziona davvero molto bene e ha grossi vantaggi. Proprio perché al momento la traduzione automatica non ha molto a che fare con la letteratura, secondo me è un po' fuori luogo citarla in contrapposizione alle competenze del traduttore umano: se non è una citazione ironica, come nell'articolo, si potrebbe avere l'impressione che lo strumento venga rifiutato solo per una questione di principio, e forse senza conoscerlo bene. Sarebbe più utile, nei contesti specifici (ad es. con riferimento a materiale tecnico o informativo) evidenziare potenziali errori e problemi per evidenziare il ruolo fondamentale e insostituibile del traduttore nella preparazione dei dati destinati all'automazione e nel cosiddetto post-editing.

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    1. Sì, penso proprio che le cose siano cambiate. Con il fiorire di numerosi corsi di traduzione extra-accademici, il numero di traduttori professionisti che insegnano traduzione è cresciuto moltissimo. Quanto all'università non lo so, perché non la frequento, però mi sembra che anche lì molti traduttori di professione siano riusciti ad aprirsi un varco.

      Sulla seconda questione sono pienamente d'accordo, anche secondo me tirare in ballo la traduzione automatica in questo caso non aveva molto senso. Però nel contesto dell'articolo ci poteva stare, visto che lo scopo era quello di attirare l'attenzione su un problema poco noto facendo anche un po' divertire i lettori che finora lo ignoravano.

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  4. Buongiorno, Silvia, leggo sempre con molto interesse e seguo il dibattito sulla figura del traduttore da affiliato "non praticante" (visto che non traduco!), ma non per questo meno indignato dal trattamento palesemente inadeguato con cui i traduttori sono ripagati del loro lavoro. La questione si allarga a macchia d'olio quando consideriamo tutta la situazione dei lavoratori Italiani, e in particolare quella degli "indipendenti", come ha fatto notare Spicy.Ginger.Ale, e che anch'io ho vissuto sulla mia pelle moltissime volte (per non dire da sempre).

    Azzardo un paragone, che seppur forse poetico, non e' meno inquietante e doloroso: I TRADUTTORI sembrano avere lo stesso destino e la stessa funzione che le DONNE hanno assunto in secoli di storia dell'umanita': presenze silenziose quanto indispensabili agli uomini per portare avanti le loro ricerche , battaglie e vittorie personali, le donne non sono mai comparse negli elenchi ufficiali fino a pochi decenni fa, sono state (e sono ancora) sottopagate e deboli nelle trattative di lavoro. Il mondo (occidentale, lo preciso) sta cambiando, e le donne hanno guadagnato terreno; ma non abbastanza per dire che la battaglia e' conclusa.

    Voi cari traduttori mi sembra che siete in una congiuntura molto simile: finalmente siete usciti dall'oblio che vi ha coperti per decenni, finalmente si parla di voi come dell'elemento silenzioso e laborioso spesso indispensabile per diffondere la parola degli autori, ma siamo lontani dall'obiettivo finale. Con rammarico esprimo qui tutta la mia solidarieta'.

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    1. Grazie Sandro, mi piace il tuo paragone! I traduttori sono le donne della cultura! :-)
      E comunque gli indipendenti sfuggono al controllo, non sono schematizzabili e fanno cose sconosciute che ricadono sotto la categoria vaga, poco redditizia e tutto sommato un po' inutile di "arte" (generalizzo, naturalmente: non intendo aprire qui l'annoso dibattito "la traduzione è arte, artigianato o lavoro di fatica?" perché mi annoia a morte). Perciò è chiaro che se fai un mestiere (che poi non è neanche un mestiere, suvvia) come questo devi essere ricco di famiglia, no? Perché scusa, fai una cosa che ti piace, che oltretutto è anche un po' inutile, e poi vuoi anche essere pagato? :-)

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  5. si', infatti, Silvia, siete le donne della cultura! :-)

    By the way, ho sentito spesso parlare della traduzione come un "mestiere al femminile"....detto qui suona leggermente agghiacciante, perche' si porta con se', appunto, certe caratteristiche dei lavori che per tradizione o imposizione sono stati affidati alle donne: pazienza, precisione, invisibilita' e scarsa remunerazione! :-(

    Se poi spostiamo la discussione all'aspetto "artistico" dei lavoratori autonomi, allora si potrebbe riempire pagine e pagine di blog! ;-)

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  6. Che desolazione...Per me il traduttore è come uno scrittore, un po' come il doppiatore è un attore. Siete una categoria in ombra e troppo poco riconosciuta. Mi è piaciuto molto tra i commentatori qui su chi ha fatto il parallelo con il femminile: molto vero. Avendo studiato un po' di lingue e avendo a volte per lavoro il dovere di tradurre cose dei miei colleghi in inglese (ma io non sono una traduttrice, è che in ufficio sono quella che se la cava meglio avendo vissuto in UK quasi 5 anni frequentando studi post-universitari) ho la percezione di cosa voglia dire "tradurre". Primo ti devi mettere nella testa di chi scrive e capire cosa vuole dire e poi devi riformularlo per la platea di lingua e cultura "aliena". In fondo, devi ri-creare.
    Comunque, congrats!
    Chiara
    Ps. Sul mio blog ho scritto una cosina su Goldilocks, visto che tu sei una esperta mi piacerebbe avere un tuo parere, non ti ho disturbata prima perché non mi andava di invadere il tuo blog. Scusami per l'intrusione del ps! (Se vuoi cancella pure, detesto usare i blog degli altri per farmi pubblicità)

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    1. Grazie Chiara, e non preoccuparti, non è un'intrusione. Appena ho un momento vengo a vedere :-)

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    2. Altro che intrusione, è interessantissimo! Grazie!

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  7. io ormai quando leggo recensioni di libri la prima cosa che guardo è se citano il traduttore (mannaggia a te! :))

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  8. Traduttore! Traduttore! Traduttore! Soprattutto in tempi come questi di globalizzazione sempre più imperante mi sembra che quello del traduttore debba essere un ruolo e un mestiere più valutato, rispettato e, soprattutto, meglio pagato!
    Mi domando se lo stipendio da fame per i traduttori riguardi solo l'Italia o anche l'estero. Ovvero, per chi lo sappia, sarebbe interessante fare un raffronto con quanto vengono pagati i traduttori fuori dall'Italia.
    Io ho l'esempio della mia ragazza (trattasi d'insegnamento, non di traduzione, ma se tanto mi da tanto...), insegnante di scuola elementare ad Auckland, che guadagna più di una volta e mezzo quanto guadagna un insegnante di medesimo livello in Italia...

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    1. L'ultimo rapporto che ho visto risale al 2007 (forse ne sono stati fatti altri, non so), e descriveva la situazione dei traduttori italiani come "catastrofica". Per tutti i parametri - salario, reddito, garanzie, ecc. - l'Italia si classifica terzultima o quartultima rispetto agli altri paesi europei.
      Il rapporto lo trovi qui.

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  9. Ciao Silvia,
    complimenti vivissimi per la magnifica traduzione di Libertà! Sono anche io una traduttrice e scrittrice...questo post finalmente spezza un lancia a nostro favore...che mondo difficile! L'adrenalina viene dalla passione per la letteratura perché davvero è un lavoro poco valutato che richiede una enorme concentrazione ed un'attenzione certosina!
    Vanessa Valentinuzzi

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    1. Ciao Vanessa, grazie! Attenzione e concentrazione, già. A proposito, proprio oggi sto cercando una ventina di citazioni dentro un libro di più di cinquecento pagine...

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  10. però....nulla!:)) Io sono stata una giornata su un modo slang per identificare un noto farmaco...ma al tuo cospetto non mi lamento!:)
    PS hai reso lo stile di Franzen in modo sublime.

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    1. Ma grazie! :-) E' proprio lui che mi sta facendo ammattire con le citazioni (e per fortuna che un po' Google Books aiuta... e con questo si potrebbe aprire il capitolo su com'era diverso questo mestiere prima di internet).

      E comunque sì, tanto tempo passato su una parola, un'espressione, una citazione. Non c'è da stupirsi se poi ci viene il nervoso se non citano neppure il nostro nome nelle recensioni!

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  11. Beh, io continuo la mia piccola campagna, chiedendo sempre chi è il traduttore, quando ordino libri online.

    Come si fa ad avere quella cosa con la scritta I love translators? Propongo degli stickers da attaccare sulle automobili, borse con scritte simili ecc. Dai, mettiamo su un business di questa roba! :-) E diamo una percentuale ai traduttori, naturalmente.

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    1. Grazie, Rose, sono contenta di averti "contagiata"!
      Ho messo il link al sito dove vendono le spillette, che avevo colpevolmente omesso. Lì però vendono spillette e altri oggetti un po' per tutto. Ci vorrebbe un graphic designer che sposasse la nostra causa e producesse (gratuitamente) un bellissimo logo ad hoc.

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  12. Grazie, Silvia!

    Guarderò meglio in quel sito. Mi sa che si possono avere anche le T-shirt con la scritta che si desidera. In ogni caso, lo sticker da attaccare alla macchina me lo prendo. :-) Sperando che la spedizione non costi 10 volte il prezzo della spilla.

    In questo caso, forse potresti acquistarne tu un po', portarle in Italia al tuo prossimo viaggio e poi rivenderle a chi di noi fosse interessato (mò mi sto a'allargà, come dicono a Roma).

    Però, non appena ho un minuto di tempo, provo a guardare se ci sono siti simili qui da noi. Vuoi che a Napoli non ci abbiano pensato? ;-)

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  13. Rose, vieni in America a fare l'imprenditrice! E' un'ottima idea, in questi giorni mi informo e vedo di comprarne un po'... poi ti faccio sapere! :-)

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  14. Mi sembra che su Vistaprint.it facciano di tutto, quanto agli adesivi. Controllerò come si ordinano quelli personalizzati (nel senso del testo, voglio dire).

    Però la spilla è troppo carina e mi piacerebbe davvero. :-)

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  15. Ah, mi tenti! Non garantisco niente, ma vedrò cosa riesco a fare...

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