lunedì 6 maggio 2013

Chiapas: un viaggio semiserio/3. Un'esperienza mistica.


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Ma tutto sommato non aveva importanza. La cittadina era bellissima con tutti quei colori, il clima fresco, soleggiato e secco delle alture, e c’era tanto da esplorare. Al mattino, in cerca di un buon rapporto calorie/prezzo, cominciavo la giornata facendo indigestione, cosa che mi permetteva poi di saltare il pranzo. Pane, uova strapazzate, riso, fagioli, succo d’arancia e caffè, il tutto di scarsa qualità e piuttosto insapore, ma sempre pesantissimo (da allora ho sempre odiato la cucina messicana). Poi partivo in esplorazione della cittadina e dei dintorni. In Chiapas, così come nel vicino Guatemala, c’è una forte presenza indigena, formata soprattutto dalle popolazioni tzotzil e tzeltal, che convivono con i messicani ispanici che sono immancabilmente più ricchi e grassi, oltre che ingioiellati, baffuti e pieni di figli. In Chiapas le bambine indigene ti guardano curiose e timide con i loro vestiti colorati, le bambine ispaniche ti guardano panzute e arroganti con i loro vestitini rosa pieni di fronzoli. O almeno, questo era ciò che vedevo allora, nel mio fervore rivoluzionario-terzomondista. E naturalmente quello che alimenta l’intenso turismo della zona sono proprio gli indigeni, che vorrebbero semplicemente farsi gli affari loro e invece sono sempre sotto gli occhi dei turisti come me, che vanno in cerca di qualcosa di “tipico”.

Sopra e sotto: la sfilata dei carri della Festa di Primavera e della Pace, la settimana dopo Pasqua. Sopra, in particolare, la reginetta-barbie blanquita. 


La chiesa di San Juan Bautista
Prendiamo, per esempio, quello che le guide descrivono come “l’affascinante villaggio tzotzil di San Juan Chamula” poco più a nord di San Cristòbal, “famoso per le sue pratiche religiose uniche che fondono credenze maya e cristiane”. È vero. L’attrazione principale di San Juan Chamula è la chiesa di San Juan Bautista. È una chiesa senza sacerdoti né messe: anche se in teoria sarebbe cattolica, il prete arriva solo una volta all’anno, per i battesimi, e per il resto la chiesa è gestita autonomamente dalla popolazione indigena. L’interno è spoglio, ma c’è un’atmosfera intensamente mistica che colpisce a sorpresa anche un’atea divorapreti come me. D’altronde qualcuno me lo aveva detto: in questa chiesa succedono delle cose. Il pavimento è cosparso di aghi di pino, che rappresentano la fertilità della terra e il contatto tra l’uomo e madre natura; sopra gli aghi di pino è tutto un pullulare di candele accese, e l’effetto, tra il profumo e la luce, è davvero ipnotico. Potenzialmente incendiario, anche, e infatti più tardi visiterò le rovine di una chiesa rasa al suolo dalle fiamme. È tutto strano ed esotico, qui. Intere famiglie inginocchiate a terra recitano litanie a bassa voce, circondate da bottigliette di Coca Cola che, una volta ingerita, produce grandi quantità di gas e quindi agevola l’espulsione del male attraverso la bocca. Altri riti prevedono l’uso di animali, in genere polli o galline sui quali si cerca di trasferire il male che ha colpito il postulante, per poi sacrificarli (e mangiarli se il male e lieve, oppure seppellirli se il male è grave). Dalle pareti osservano la scena innumerevoli santi, dall’immancabile Vergine del Guadalupe a Sant’Antonio da Padova, tutti travestiti con preziose stoffe colorate, dono dei fedeli per le grazie esaudite. 

... e il suo portale
Mi siedo in un angolo, confusa, consapevole di non capirci niente. Mi vergogno di essere venuta qui a fare la turista a casa di questa gente che sta semplicemente vivendo la propria fede, che sta chiedendo un miracolo per un figlio malato o per un raccolto andato male. Chi sono io per stare qui a guardarli? Mi faccio piccola piccola e mi succede qualcosa. Non so cosa. Il tempo si ferma e si dilata, sono parte della Storia, sono con questa gente, sono una di loro in questo tempo senza tempo che esiste solo qui dentro. Piango, senza sapere perché, se non che sono una di loro e che il tempo non c’è più. Poi esco, stordita, dalla chiesa di San Juan Bautista.

Qualche settimana dopo, al mio ritorno dal Chiapas, avrei partecipato alla festa organizzata da un importante editore per il lancio dell’importante libro di un importante scrittore che avevo tradotto, e al primo incontro con l’importante scrittore mi sarei lanciata in una lunga disquisizione sulla mia esperienza mistica fra gli indigeni tzotzil del Chiapas, cosa che a tutt’oggi non so che effetto abbia fatto all’importante scrittore.

Quando finalmente Sergio riuscì a raggiungermi, qualcun altro lo aveva preceduto. 

(3/Continua)

26 commenti:

  1. Tu sai davvero come tenere avvinto il lettore!
    Dopo l'esperienza mistica cosa ci aspetta ancora?
    (continua)

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  2. Perdonami se non commento sull'esperienza mistica but I have a one track mind! Che anno era? Ma soprattutto, che camera hai usato? Perche' quello e' film, non puo' essere digitale!

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    1. Era - facendo un po' di conti, perché l'anno non l'ho scritto da nessuna parte - il 2002. E certo che è pellicola: usavo una vecchia ma affidabile Olympus Trip 35. Il tipo di pellicola non lo so, roba da turista.

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    1. Se l'esperienza mistica è stata positiva o meno, come la descriveresti :P

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    2. Sì, molto positiva e molto intensa. Finché ero lì. Poi basta.

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  4. ci sono posti e momenti che ti portano lontano dentro di te e ti fanno vivere così intensamente che poi vanno la pena di essere raccontati

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  5. Bello che qualcosa ti abbia toccato.
    Per me sono misteri. Che esistono.
    Succede spesso anche a me, specie quando mi trovo in mezzo a tanta gente che si raccoglie in un posto perché crede fermamente in qualcosa, per un rito collettivo o per condivisione.


    Ps d'impulso avevo pensato ad un'esperienza d'altro tipo...stile Puerto Escondido (l'hai visto, no?) :D

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    1. Uhm, sì, ma tanto tempo fa, non ricordo bene... c'entravano forse i peyote? Quelli li sfiorerò più avanti...

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    2. Sì, l'esperienza mistica dopo l'incontro col peyote.
      Ehi, ma quante puntate hai in serbo per noi?
      E le distilli così, con lentezza?!
      Sa-di-ca, te l'ho già detto!

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    3. Ma scusa, se finisco le cose da raccontare cosa ci scrivo poi sul blog?

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  6. Mmmmm... questo qualcun altro...
    La curiosita' mi uccide!

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  7. Sei sicura che non bruciassero sostanze psicotrope nella Chiesa? :-) Scherzi a parte, ricordo un'esperienza simile in Nepal, dove ho assistito ad un rito con sacrifici animali e da cui sono uscita stordita e confusa, quasi in trans!

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    1. No che non sono sicura! Cavolo, un rito con sacrifici animali! Io quel giorno non ho visto galline sgozzate, per fortuna.

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  8. Che foto meravigliose! quando hai accennato ai riti con la coca cola e i polli ho pensato ad un fast food.. (lo so, sono poetica a volte)

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  9. No scusa, io questo lo leggo oggi, nel giorno in cui tu annunci il ritiro temporaneo? Come minimo mi mandi una mail e mi racconti il resto :DDD

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  10. Anche io leggo solo oggi.che bello l'episodio mistico,risvegli la cohela che è in me!questo episodio mi é piaciuto un sacco;sto considerando di hackerarti il pc per il seguito.lots of blog love e cacca ai nemici

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  11. Sembro insensibile se da questa puntata la cosa che mi ha colpito di più è l'uso catartico del rutto? Fantastico! A parte il fatto che la Cocacola ringrazia...

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    1. E' sempre divertente vedere quali sono le cose che colpiscono di più in una storia... effettivamente l'uso catartico del rutto aveva colpito anche me!

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  12. che bel racconto... mi hai riportato lì, fatto rivivere il mio imbarazzo a stare lì dentro (anche se io, essendo con un gruppo, non ho avuto esperienze mistiche). Ah, l'eterno dilemma tra la curiosità d vedere con i propri occhi e la sensazione di non dover stare lì!

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