lunedì 25 aprile 2011

An evening with Lydia Davis/4: Madame Bovary.3

Lydia Davis ha lavorato tre anni alla traduzione di Madame Bovary. Forse nel frattempo faceva anche qualcos'altro (non scrivere, però, visto che durante la conferenza ha dichiarato che la traduzione assorbe la maggior parte del suo tempo e della sua creatività, e che quindi non ha più intenzione di impegnarsi in progetti mastodontici come questo, o come la traduzione di Proust), ma dall'incredibile minuzia che mette nel suo lavoro si direbbe di no. Lei stessa afferma che, nelle giornate migliori, riusciva a tradurre tre pagine. (Probabilmente una mano gliel'ha data il fatto di aver ricevuto, nel 2003, la MacArthur Fellowship, il famoso "Genius Award" che viene assegnato ogni anno a 20-40 cittadini o residenti americani per "eccezionali meriti creativi". Ammontare della fellowship: 500000 dollari. Sì, gli zeri sono cinque. Essere un artista negli Usa è - per adesso - ancora un po' più facile che altrove. Per saperne di più, vedi anche questo mio articolo.)

Non contenta di collazionare un gran numero di traduzioni precedenti, a un certo punto  Davis trovò alla New York Public Library una copia della traduzione di Eleanor Marx Aveling annotata ai margini da Vladimir Nabokov. Passò tre giorni a ricopiare le infinite, minuziosissime (e spesso indignate) annotazioni di Nabokov ("flies don't crawl, they walk", scriveva Nabokov a margine della frase "flies crawled up the glass"), finché non si rese conto che forse questo era un po' troppo anche per lei.

In un articolo pubblicato successivamente su The Paris Review, si possono leggere le risposte di altri traduttori, e in particolare i commenti di Edith Grossman su due importanti aspetti del lavoro di Davis: il confronto con i predecessori e l'abitudine di non leggere fin dall'inizio il libro che si sta traducendo (interessante, questa seconda questione, perché ritorna spesso anche nelle domande che mi vengono rivolte sul mio lavoro). 
Grossman non vede l'utilità di confrontarsi con i precedenti traduttori: " a che scopo, mi sono chiesta, quando l'obiettivo di una nuova traduzione è quello di essere una nuova traduzione, con una voce fresca e un punto di vista diverso". Davis invece ricorre volentieri al confronto, ma solo dopo aver ultimato una solida prima stesura della sua traduzione, come parte di un più generale “no stone unturned approach”. Le profonde differenze stilistiche fa la sua versione e le altre, infatti, non le consentirebbero di lasciarsi influenzare neppure se lo volesse. 
Sulla questione della lettura preliminare, invece, di cui Grossman dichiara di non poter fare a meno, Davis risponde di aver chiesto spesso l'opinione di altri traduttori, e per quelli che la pensano come lei, fra cui William Weaver and Gregory Rabassa, la risposta era la stessa: una certa curiosità verso il testo e la freschezza di ogni pagina sembrano infondere una maggiore energia alla traduzione. E dopotutto, il libro verrà riletto per intero molte  e  molte volte nel corso della traduzione (soprattutto se abbiamo a disposizione tre anni per tradurlo, aggiungo io).

Nel frattempo, il Center for the Art of Translation ha messo online l'audio della serata. Potete sentirla qui.

A questo punto sarei curiosa di sentire anche altre opinioni...

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