Nel secondo dei suoi articoli sulla traduzione di Madame Bovary, Lydia Davis torna a raccontare cosa significhi doversi confrontare con un gran numero di traduzioni precedenti.
Ogni volta che ne scopriva una nuova, infatti, a una prima lettura la trovava quasi sempre ben fatta, e si chiedeva se il suo lavoro non fosse in definitiva inutile. Ma poi, confrontando la traduzione con l'originale, cominciava a rendersi conto dei suoi difetti.
Per esempio, ecco una frase dall'ultima pagina del libro, presa da una delle precedenti traduzioni: “Cantharides beetles droned busily round the flowering lilies.” Tutto bene, dice Davis, finché non la si confronta con il francese: “des cantharides bourdonnaient autour des lis en fleur.” Perché, si chiede, quell'aggiunta stereotipata e gratuita di “busily,” che personifica le api proprio quando Flaubert era così attento a eliminare le metafore?
Quando leggiamo, spiega Davis, ci adattiamo in fretta allo stile del traduttore, e se questo non presenta ovvi problemi smettiamo di notarlo e ci lasciamo catturare dalla storia. E se la storia è abbastanza potente, come avviene in un grande libro come Madame Bovary, riesce a catturarci anche attraverso una traduzione non eccelsa. Finché non lo confrontiamo con l'originale, non sappiamo quel che ci perdiamo. O quello che leggiamo in più, come nel caso della traduzione di Gerard Hopkins, il quale, come scrive Davis nell'introduzione al libro, "aggiunge materiale praticamente in ogni frase".
Ecco un esempio, tratto dalle prime pagine del romanzo di Flaubert, delle differenze tra alcune delle traduzioni esistenti, effettuate nell'arco di 125 anni. L'esempio è tratto dall'articolo di Julian Barnes "Writer’s Writer and Writer’s Writer’s Writer", pubblicato sulla London Review of Books. La frase è questa: Aussi poussa-t-il comme un chêne. Il acquit de fortes mains, de belles couleurs.
1) Meanwhile he grew like an oak; he was strong of hand, fresh of colour.
2) And so he grew like an oak-tree, and acquired a strong pair of hands and a fresh colour.
3) He grew like a young oak-tree. He acquired strong hands and a good colour.
4) He throve like an oak. His hands grew strong and his complexion ruddy.
5) And so he grew up like an oak. He had strong hands, a good colour.
6) And so he grew like an oak. He acquired strong hands, good colour.
Tutte contengono le stesse informazioni, ma solo le parole "he", "like" e "strong" ritornano in ciascuna di esse. E tutte le sei versioni - qui fornite in ordine cronologico - hanno le loro virtù.
La n.1 è quella di Eleanor Marx Aveling (1888), che Davis, durante le sue ricerche, ritrovò annotata da Nabokov (ne parlerò ancora domani); la n.2 è di Alan Russell (1950); la n.3 è di Gerard Hopkins (1948); la n.4 (la più libera) è di Francis Steegmuller (1957); la n.5 è di Geoffrey Wall (1992); e la n.6 è di Davis. Le ultime due sono le più vicine all'originale, le meno ‘interpretative’.
Qui sotto, invece, un'immagine tratta dall'articolo "Knee-Deep in 'Bovary'", pubblicato dal New York Magazine. Si tratta di una pagina della traduzione di Margaret Mauldon, pubblicata nel 2004, con note a margine di Davis. La traduzione "moderna" di Mauldon è stata criticata per i suoi anacronismi, come per esempio la frase Et, d'ailleurs, les embarras, la dépense … Ah! non, non, mille fois non! Cela eût été trop bête!, tradotta così: "And anyway there's all those problems, all that expense, as well. Oh, no! No way! It would have been too stupid." Nell'articolo "No Way, Madame Bovary", pubblicato su The Atlantic, Clive James suggerisce che un semplice e comune "No, no, a thousand times no!" sarebbe stato perfetto al posto di quel "No way", troppo moderno, troppo slang.
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