Qualche giorno fa è uscito "Venivamo tutte per mare", il romanzo di Julie Otsuka che ho tradotto per Bollati Boringhieri e di cui ho già parlato diverse volte negli ultimi mesi (qui , qui, qui e  qui). 
Nei prossimi giorni, quando avrò un po' di tempo, vorrei dedicare un post alla storia dell'internamento in campi di concentramento dei giapponesi americani durante la Seconda Guerra Mondiale, un argomento di cui Otsuka parla in questo libro e anche nel precedente, l'altrettanto bello When the Emperor Was Divine.
Nel frattempo, vi segnalo alcune belle recensioni che sono uscite in questi giorni.
Leonetta Bentivoglio su Repubblica: "È un romanzo  leggerissimo, nel senso più incantatorio dell' aggettivo: 
 anche nelle parti più malinconiche e amare, scorre come  una folata di 
vento, toccando intimamente chi lo legge col suo  descrivere la vita 
come un insieme di esistenze minute, ritratte  mentre ci narrano una 
vicenda di destini sfaccettati e condivisi.  (...) È anche una sinfonia di voci, un saliscendi  
musicale ipnotico nell' andirivieni tra il diluirsi e l'intensificarsi
 della sonorità espressiva.(...)  Questo testo premiatissimo (selezionato per il National Book  
Award e inserito dal New York Times tra i titoli migliori del  2011) non
 contempla personaggi singoli. Il protagonista è  uno solo, ed è lo 
sterminato ensemble che espone l'avventura. Sta qui, nel pluralismo 
della voce narrante, la  geniale invenzione dell' autrice. Verrebbe da 
supporre che un  flusso narrativo declinato per intero con il 'noi' 
produca un  distacco, una mancanza d'adesione emotiva. Invece no: il 'noi'  di Otsuka, in virtù del suo stile nitido e umanissimo,  rende 
costantemente pregnante quel plurale. (...)  Quello ripercorso, in sostanza, è un episodio storico  documentato. A 
inizio Novecento, migliaia di donne giapponesi -  le 'spose in 
fotografia' - furono acquistate per corrispondenza e  spedite negli 
Stati Uniti per congiungersi a connazionali  immigrati, i quali le 
volevano giovani e disponibili a nozze  repentine. Fu una deportazione 
di vittime consenzienti, che  quando scoppiò la guerra divenne un 
massacro. In seguito  all'attacco di Pearl Harbour infatti, Franklyn D.
 Roosvelt  decise di considerare tutti i cittadini americani di origine 
 giapponese come potenziali nemici, condannandoli alla reclusione. (...)  Quando ce le  sottraggono per condurle nei 'centri di raccolta' (simili
 ai  luoghi in cui si convogliano le odierne folle di clandestini che  
sbarcano disperatamente sulle coste italiane); quando vengono  umiliate 
nei cosiddetti 'posti sicuri'; quando scompare la  delicatezza del loro 
passo sulla nostra terra, la commozione, per  chi legge, è uno sbocco 
inevitabile. Pochi altri romanzi  hanno affrontato con altrettanta cruda
 lucentezza temi difficili  e abusati come l'immigrazione e il 
razzismo. E forse nessuno ha  saputo farlo dalla parte delle donne in 
modo tanto perturbante e  originale."
Japanese
 immigrants arrive at Angel Island  Immigration Station. Thousands of 
"picture brides" passed through the  station bet. 1910 and 1924.
Credit: California State Parks Collection
Graziella Pulce su Alias: "Venivamo tutte per mare è un
piccolo gioiello in cui si incastonano mille storie miniaturizzate
in poche righe, tutte dal profilo
fiabesco: non ci sono personaggi e ogni individuo
rappresenta la declinazione di un ruolo.
Se leggiamo questo libro come un deposito
di storie, un campionario di vicende unificate
dalmotivo della perdita e dell'abbandono in vista
dell'ignoto, le vicende di queste donne assumono
un valore naturale e paradigmatico: di esseri
umani che condividono il destino delle carote
o delle erbacce da estirpare. (...) Impressionante il capitolo che
racconta l'internamento dei giapponesi
nei campi di prigionia, che
per più di un dettaglio rievoca la
contemporanea vicenda ebraica.
Anche se i tasti vengono sfiorati
con ancora maggiore levità, ciò che
si intravede è sufficientemente terrificante.
Costretti a partire, e a vendere
tutto rapidamente in cambio
di pochi dollari o di assegni scoperti,
molti di questi uomini non faranno
ritorno. Di case, campi e negozi
si approprieranno americani scaltri
che sfonderanno porte, raccoglieranno
frutti che non avevano seminato
e continueranno le attività
commerciali che erano state degli
operosi e discreti giapponesi, di cui
ben presto saranno dimenticati nomi
e volti." 
Annamaria Crispino su DeA: "'La scomparsa" è l’ultimo capitolo del libro e il registro cambia: il 'noi' non è più quello delle donne venute per mare decenni prima, è la 
comunità di una qualsiasi piccola città americana che da un giorno 
all’altro non li vede più. Quei 'bianchi' commentano: «I giapponesi sono
 scomparsi dalla nostra città. Le loro case sono sprangate e vuote. Le 
loro cassette della posta cominciano a traboccare [...] In una delle 
loro cucine – quella di Emi Saito – un telefono nero continua a 
squillare. [...] I più turbati dalla scomparsa dei giapponesi sembrano 
essere i nostri figli. Ci rispondono male più del solito. Si rifiutano 
di fare i compiti. Sono ansiosi, inquieti». Hanno paura, si fanno 
domande. Alcuni, non tutti. Perché anche 'loro' non sono tutti uguali."


C'è una bella recensione anche sull'ultimo numero di Internazionale (5 pallini!)
RispondiEliminaGrazie! L'ho vista e ho apprezzato i pallini. Internazionale è una rivista che mi piace molto, ho anche lavorato più di una volta con loro e mi sono trovata benissimo. Però la recensione non la segnalo sul blog perché, come regola, non segnalo mai le recensioni dove manca il nome del traduttore (ho fatto un'eccezione per quella di Repubblica perché uscita prima della pubblicazione del libro in Italia).
EliminaGrazie per la segnalazione Silvia e congratulazioni per la pubblicazione. Ho scoperto il tuo blog da alcune settimane e ti seguo con assiduità. Ordinerò il libro dall'Italia per poter apprezzare la tua traduzione.
RispondiEliminaA presto!
Grazie, Gianluca! Dove abiti?
EliminaCiao Silvia, da poco più di due anni vivo stabilmente a New Haven, Connecticut, pur trovandomi spesso in Italia ed Europa per lavoro. Al momento, assieme a mia moglie, sto inoltre percorrendo il tuo stesso percorso verso la green card: ho perciò letto con interesse i tuoi post sull'argomento.
EliminaAh, in bocca al lupo! Vi auguro che sia facile come lo è stato per noi.
EliminaCrepi il lupo! ;)
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