domenica 22 aprile 2012

L'esilio è forse la patria della parola

«... anche una lingua può essere bandita dal suo luogo d'origine, (...) può restare sacra anche se - ­ o forse proprio perché ­ - la ricchezza che un tempo possedeva è quasi svanita. Non è un caso forse che l'età aurea nella storia della poesia ebraica - quella della Spagna musulmana -­ sia sorta nel momento in cui gli scrittori in questa lingua perdevano definitivamente di vista la lingua natia. Perché l'esilio è forse la patria della parola, e può ben darsi che si possa accedere al segreto di una lingua nel preciso istante in cui la si dimentica».

Daniel Heller-Roazen, Ecolalie, Quodlibet 2007. Traduzione di Andrea Cavazzini.

9 commenti:

  1. Davvero una bellissima citazione, grazie!

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  2. La magia della parola!

    Non è come dire che una cosa la si apprezza di più, quando l'hai perduta?

    Certo, nella citazione è tutta un'altra cosa e condivido le espressioni di chi mi ha preceduta.

    Vorrei aggiungere che spesso il fascino di una lingua cosiddetta 'morta', sta nel fatto che quello che abbiamo sono solo frammenti, che diventano preziosi, come delle gemme rare. Sto pensando ad alcuni versi di Saffo o di altri lirici greci e latini... ma forse sto divagando troppo.

    Sarebbe interessante leggere qualcosa di quella poesia ebraica. In traduzione, naturalmente.

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    1. Con una sommaria ricerca online ho trovato questa (da qui), però manca il nome del traduttore...

      Moshe Ibn 'Ezra (o forse è Avraham), תאות לבבי ומחמד עיני / עופר לצדי וכוס בימיני

      Appetito del mio cuore – anelito dei miei occhi.
      Al mio fianco un cerbiatto, una coppa in mano.

      Per quanti mi contestino non presto loro ascolto.
      Vieni, gazzella, tanto vincerò io
      E il Tempo li perirà, la morte loro pastore.
      Su, gazzella, vieni a ricrearmi
      Del favo delle tue labbra, da saziarmi.

      Perché avversano il mio cuore, per cosa?
      Se a causa del peccato, per via della colpa,
      erro nella tua bellezza, dov’è il Signore.
      Non dar retta allo sproloquio di chi mi umilia,
      gente tortuosa: tu, vieni a tentarmi.

      Persuaso, salimmo a casa di sua madre.
      Porse la spalla al giogo del mio onere.
      Notte e giorno io solamente con lui,
      spogliandogli le vesti – e lui me,
      succhiandogli le labbra – e lui me.

      Mentre il mio cuore nei suoi occhi soccombeva,
      Eppure la sua mano il giogo del mio eccesso legava,
      cercò di opporsi, incombeva la sua ira.
      Con ira gridò: “Troppo, lasciami!
      Non insistere, non traviarmi!”

      Non irarti con me, gazzella, fino al nulla.
      Incredibile è il tuo volere, amore mio, incredibile
      Ma bacia il tuo amore, tutto il suo desiderio,
      che sia nell’anima tua di lasciar vivere – fammi vivere
      che sia il tuo diletto di uccidere – uccidimi.

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    2. Grazie, Silvia.

      Risuona un po' del Cantico dei cantici:

      "Il mio amato è mio e io sono sua;
      egli pascola fra i gigli.
      Prima che spiri la brezza del giorno
      e si allunghino le ombre,
      ritorna, amato mio,
      simile a gazzella
      o a cerbiatto,
      sopra i monti degli aromi."
      (2:16,17)

      Molto interessante il contributo di Giusy.

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    3. Sì, anche a me ha subito ricordato il Cantico dei Cantici!

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  3. Oh Silvia! Io sono assolutamente interessata a questo rapporto tra una lingua e il proprio luogo natìo. La lingua ebraica, nei suoi usi quotidiani e non strettamente liturgici, è nata in Israele, dunque è piuttosto recente, se ci pensi. Poiché la terra in cui una lingua germina corrode e nutre allo stesso tempo, gli scrittori, spesso, si interrogano su questo rapporto ambivalente, e questo avviene ancora di più quando le radici sono ancora tanto esposte e visibili.

    Ti riporto qualche estratto di interviste che ho fatto per il blog. Trovo che sia un argomento assolutamente centrale: la lingua è identità e vita.

    Meir Shalev: Se gli ebrei dovessero essere costretti ad abbandonare il proprio Paese ancora una volta, bè, è sicuro che l’ebraico scomparirebbe di nuovo come lingua della quotidianità e tornerebbe ad essere la lingua di chi prega, confinata ad un mero uso liturgico.

    E anche:
    L’ebraico è una lingua molto vivida. Io essendo uno scrittore, sono molto fortunato perché posso assistere da protagonista alla evoluzione di questa lingua. L’ebraico è una lingua che, dopo essersi formata nel corso dei secoli, dopo la fondazione dello Stato ha conosciuto una velocizzazione dei propri processi interni. Per esempio, stiamo rapidamente perdendo le gutturali e le aspirate, che sono, anzi, pressoché assenti. Oggi, se ci si pensa, la maggioranza delle persone sono ancora in grado di comprendere l’ebraico della Bibbia, ma non sarà così a lungo. Io, come scrittore, posso giocare coi cassetti nascosti della lingua, e questa è davvero una opportunità rara. Certo, tra cento anni l’ebraico sarà annoverato tra le lingue classiche perché l’utilizzo quotidiano consumerà cio’ che si è accumulato nei secoli.

    Aharon Appelfeld: Io vengo da una famiglia profondamente assimilata, e l’ebraico mi ha riportato alle mie origini: ai miei nonni, alla mia famiglia, al mio popolo ebraico.

    Yirmi Pinkus: Ci sono quattro livelli principali nell’ebraico, potremmo definirli delle stratificazioni che convivono tra loro: l’ebraico biblico, quello talmudico, l’ebraico moderno e infine quello parlato quotidianamente. E’ molto difficile, in una situazione linguistica con queste caratteristiche, essere naturali, in perfetto accordo con il tuo stile e la tua storia.

    Orly Castel-Bloom: Io penso che uno scrittore non debba abbellire il linguaggio, ma piuttosto scrivere nel modo in cui la gente parla, e gli israeliani, nello specifico, quando parlano, ancora di più di quando scrivono, sono piuttosto diretti e ruvidi. L’ebraico parlato è una mescolanza di metafore bibliche alte, clichés e slang molto diretto. Io faccio del mio meglio per essere fedele a tutto questo, per rappresentarlo com’è.

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  4. Dopo aver visto chi sei apprezzo ancora di più il tuo commento! Con la tua sensibilità e la tua professionalità, chi meglio di te capisce il potere del linguaggio? Grazie!
    Niki

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