This is still my favorite one, but this one's good too.
venerdì 30 settembre 2011
Occupy Wall Street!
Saturday, October 1st, 3PM Zuccotti Park (Liberty St. & Broadway)
Join the 99% of us who want to take back our country from the 1% who stole it.
Here you can find a calendar of the ongoing events.
And here's a link to Translationista, Susan Bernofsky's blog where translators can volunteer their services to help the occupation.
giovedì 29 settembre 2011
I ♥ Vegas/4: Terme, castelli, piramidi e... New York
Foto dal sito |
La seconda sera, io e Tavia decidiamo di andare alle terme. The Imperial Spa, appena un po' fuori dal centro, sono terme coreane che rimangono aperte tutta la notte e costano 20$ (30$ dopo mezzanotte). Frequentate perlopiù da coreani e da impiegati dei casinò alla fine della giornata lavorativa, sono un paradiso lindo e rilassante di vasche, bagni turchi alle essenze varie e saune all'argilla come quelle della foto.
Il giorno dopo ripartiamo per visitare la parte dello Strip che ci manca. Il caldo è ancora più intenso, e gli onnipresenti profumi femminili danno ancora più fastidio. Ci sono alcune cose che a Vegas trovate dappertutto: scie di profumi violenti, da mal di testa immediato, in genere abbinati a gonnine coprinatica e tacchi vertiginosi. E poi la musica. Non si può sfuggire alla musica: altoparlanti invisibili sono piazzati ogni due metri, ovunque, dentro gli alberghi come all'aria aperta, e non c'è un istante di pausa dal pop irritante o dal crooner melenso del momento. E nei casinò il tintinnio delle slot machine è stato sostituito da uno spettrale scampanellio elettronico, che rende l'atmosfera ancora più alienante.
La prima tappa della giornata è New York. Da bravi turisti vediamo tutti i monumenti più importanti: il ponte di Brooklyn, l'Empire State Building e il Chrysler, la statua della Libertà, persino il Whitney Museum.
Lasciamo New York e arranchiamo verso un miraggio nel deserto: il castello di re Artù. L'Excalibur è praticamente la copia del castello di Disneyland, un metakitsch che va oltre ogni possibilità di immaginazione. La clientela, guarda un po', è formata da studenti di college in libera uscita, rozzi e vociferanti, fastidiosissimi, da far rimpiangere i vecchi decrepiti addormentati davanti alle slot machine. Decisamente l'albergo che mi è piaciuto di meno.
E per finire, come concludere la giornata (e la visita a Las Vegas) senza una passeggiata nell'antico Egitto? E allora ecco il Luxor, una piramide di 30 piani rivestita di vetro scuro e corredata da un obelisco alto 43 metri e da una copia della Sfinge alta 34 metri. L'albergo, che come il New York New York e l'Excalibur appartiene alla MGM Resorts International, è la prima cosa che si vede atterrando a Vegas, e di notte spara un fascio di luce che pare sia il più luminoso del mondo (qui è tutto un record mondiale. Persino il negozio di souvenir dove abbiamo comprato la palla di neve di Las Vegas - e che altro, sennò? - si chiamava "Bonanza - World's Largest Gift Shop"): "visibile dallo spazio", dicono.
Foto da Wikipedia |
mercoledì 28 settembre 2011
I ♥ Vegas/3: Bellagio, Giulio Cesare & Venezia
Dopo aver fatto le ore piccolissime sotto il cielo di Parigi, ci svegliamo tardi e ci prepariamo per la prima avventura diurna a Las Vegas. Fuori dall'aria condizionata degli alberghi fa caldissimo, ma è un caldo secco, desertico, e quindi - a piccole dosi - sopportabile.
La navetta gratuita del Rio ci deposita nei pressi del Bellagio, famoso soprattutto per le sue fontane. La spettacolare fontana davanti all'albergo, al centro di un laghetto fiancheggiato da un viale simil-comasco, è stata creata da un famoso architetto delle fontane, Mark Fuller ("the closest thing the world has to a fountain genius", come lo definisce il New Yorker qui), che ha inventato un cannone ad acqua per far salire il getto ad altezze incredibili. Il tutto accompagnato da musica per creare balletti d'acqua davvero impressionanti.
Dal Bellagio passiamo alla pietra miliare del kitsch, l'albergo che ha inaugurato lo stile Disneyland della nuova Vegas: il Caesars Palace. Famoso anche per il Forum Shops, una galleria di negozi di lusso (ma le gallerie di negozi di lusso, a Las Vegas, sono onnipresenti. Solo di Tiffany's ne avrò visti una cinquantina. Un po' più in là, poi, ci sono negozi che vendono paccottiglia tremenda ma anch'essa costosa, come mappamondi fatti di pietre dure e anatroccoli di cristallo con le cuffie in testa), il Caesars ospita mille meraviglie sotto un cielo identico a quello parigino: statue, fontane, centurioni: non manca niente.
Usciti dall'antica Roma, ci dirigiamo verso Venezia. Camminare a Las Vegas non è facile. Prima di tutto per il caldo, che impone frequenti soste all'ombra per sfuggire al sole del deserto. Ma di ombra ce n'è poca, visto che l'obiettivo è quello di farti entrare a prendere il fresco dentro gli alberghi, dove puoi giocare o fare acquisti. Inoltre è quasi impossibile attraversare la strada (qui anche le strade sono enormi) se non passando sui ponti sopraelevati che collegano un albergo all'altro, ovviamente sotto il sole a picco, così quando entri nell'albergo quantomeno ti vien voglia di andare al bar e poi, perché no, a giocare un po'. E infine c'è il problema della prospettiva: gli edifici sono così enormi che sembrano vicini, ma in realtà non lo sono affatto.
Eppure ogni fatica viene ripagata, quando si arriva a Venezia. Un capolavoro. Il trionfo del kitsch, così puro da sfiorare il sublime. Al Venetian trovate tutto: le gondole con i gondolieri che cantano, il Ponte dei Sospiri, Rialto, San Marco, tutto perfettamente riprodotto, fino alle targhe sui ponti. Uno spettacolo, insomma, con la ciliegina sulla torta di un aereo che vola nel cielo per scrivere un messaggio d'amore.
martedì 27 settembre 2011
I ♥ Vegas/2: La prima notte
The Aria Hotel |
Las Vegas non è altro che una serie di immensi alberghi, che periodicamente vengono demoliti per fare spazio ad altri alberghi più moderni. Lo storico (per Vegas) Sahara Hotel, per esempio, è stato chiuso nel maggio di quest'anno e verrà presto demolito. Le imprese di demolizione hanno pronto un piano per ogni vecchio albergo della città. I giganteschi neon che illuminano Las Vegas per tutta la notte (qui è tutto aperto 24 ore su 24) finiscono nel Neon Boneyard, il cimitero dei neon che purtroppo si visita solo su appuntamento (ma la prossima volta non ci sfuggirà).
Il Chandelier Bar al Cosmopolitan |
Dall'Aria siamo passati al Cosmopolitan, un po' più piccino (solo 3000 stanze) ma famoso per il suo Chandelier Bar, un bar su più piani racchiuso dentro un colossale lampadario di cristallo.
Tappa finale della nottata: Parigi! E non una Parigi finta, si badi bene, soprattutto se non si vuole offendere il tassista, che ribatte piccato: "Non è finta, è Parigi in versione Las Vegas." All'esterno, Paris, Las Vegas, ha una copia della Tour Eiffel alta 165 metri, una mongolfiera, un Arc de Triomphe grande due terzi dell'originale, una copia della Fontaine des Mers e un teatro da 1200 posti chiamato Le Théâtre des Arts. All'interno ci sono piazze, alberi, caffè e tavolini sotto un cielo finto che riproduce le ore del giorno in tempo accelerato. Le cameriere salutano i clienti con alcune frasi in francese che sono costrette a imparare a memoria, e che pronunciano con un terrificante accento americano.
Domani un'altra puntata: Giulio Cesare, Bellagio e il mio preferito: Venezia!
Domani un'altra puntata: Giulio Cesare, Bellagio e il mio preferito: Venezia!
lunedì 26 settembre 2011
I ♥ Vegas/1: Graffiti artists, start-up companies, mormons & corporations
I tentacoli della nebbia su SF |
Abbiamo lasciato una San Francisco sul punto di essere inghiottita dalla nebbia e poco dopo siamo atterrati in mezzo al deserto, dove sorge l'oasi-allucinazione di Las Vegas. (Cliccate sulle foto per ingrandirle.)
L'idea di andare a Las Vegas non mi aveva mai neppure sfiorata, ma quando i nostri amici John e Tavia, che si sono appena trasferiti lì, ci hanno invitati per la festa d'inaugurazione della loro start-up (perché una start-up a Las Vegas? Perché qui la crisi ha picchiato duro, e le proprietà immobiliari praticamente te le tirano dietro), ho pensato che non ci poteva essere occasione migliore per visitare il più grande luna park per adulti del mondo.
Un pezzettino più a destra c'è LV |
L'interno del Rio |
La festa era stata rimandata, ma ho presto scoperto di non avere bisogno di una festa per divertirmi a Las Vegas. Premetto che il gioco d'azzardo mi tenta quanto un tuffo in una piscina piena di coccodrilli, ma per divertirsi a Las Vegas non c'è bisogno neppure di giocare. Basta guardarsi in giro e godersi la follia.
I primi due fatti importanti su Las Vegas ce li ha riferiti John:
1) la città è controllata dai mormoni (!)
2) le corporation si sono sostituite alla mafia come padrone della città. La gente dice che si stava meglio prima, perché almeno la mafia aveva un'etica.
A Las Vegas è TUTTO enorme |
Un altro fatto importante è che a Las Vegas si mangia benissimo (cibo americano, grasso e saporito) e in abbondanza (anche se non gratis, come invece succedeva nell'era mafiosa, quando gli enormi buffet gratuiti servivano come esca per i clienti), e si può dormire con pochissimo (soprattutto durante la settimana), perché gli alberghi/casinò fanno di tutto per attirare i giocatori e non lasciarli più andare. Il nostro albergo, il Rio (a tema brasiliano, il che in sostanza significa cameriere seminude: i veri alberghi a tema sono sullo Strip, e comincerò a parlarne domani), costava 50$ a notte per una stanza con letto king size più grande del nostro appartamento (il letto, non la stanza).
Una cosa che mi ha conquistata subito di questa città è la totale sfacciataggine con cui ti sbatte sotto gli occhi una verità universale: il mondo gira intorno ai soldi. E qui non lo nasconde nessuno, anzi. Terribile, certo, per chi ama la cultura e l'arte (provate a cercare una libreria tra i milioni di negozi di Las Vegas! Solo Jonathon, che troverebbe un libro anche nel deserto - letteralmente - è riuscito a comprare le fiabe di Jules Renard in un negozio di abbigliamento - Anthropologie, bellissimo - lasciando esterrefatti i nostri amici, che non avevano mai visto un libro a Las Vegas) ma anche in un certo senso rinfrescante (per tre giorni, non di più. Al terzo giorno ho cominciato a deprimermi).
Arrivederci a domani, con il racconto e le foto della nostra prima notte a Las Vegas!
Arrivederci a domani, con il racconto e le foto della nostra prima notte a Las Vegas!
sabato 24 settembre 2011
Coming soon...
Dopo una minivacanza di tre giorni a Las Vegas, ho tante cose da scrivere e foto da pubblicare che... comincerò lunedì! Ecco intanto un assaggio.
mercoledì 21 settembre 2011
A sign from God
Per concludere la serie di post sulla chiesa episcopale e sul perché mi è simpatica:
[Da Wikipedia] "Rick Perry intende candidarsi per la nomination del Partito Repubblicano nelle elezioni presidenziali del 2012. (...) Ideologicamente, Perry si configura come conservatore, sia in materia fiscale che in materia sociale. È un accanito oppositore dell'aborto e della riforma sanitaria (che ha definito "socialismo sul suolo americano") e si è schierato apertamente contro l'omosessualità. Ha più volte manifestato la sua fervida fede cristiana e si è dimostrato favorevole all'insegnamento del creazionismo nelle scuole. È favorevole alla pena di morte e sostiene una linea politica aggressiva in materia di immigrazione." (Su quest'ultima affermazione ho alcuni dubbi, visto che, per accaparrarsi il voto "latino", Perry - governatore del Texas, che condivide centinaia di chilometri di confine con il Messico - ha assunto in realtà una posizione moderata sull'immigrazione clandestina, come d'altronde anche George W. Bush prima di lui.)
Però c'è poco da ridere, purtroppo, perché Perry ha al momento ottime probabilità di battere Obama. Spero tanto di sbagliarmi.
Detto questo, me me vado di nuovo in vacanza. Dopo le ferie-lampo allo Yosemite di cui ho parlato QUI e QUI, domani parto per un'altra microvacanza a... sorpresa! (Un posto dove non avrei mai pensato di andare, ma che spero mi offrirà una buona dose di delirio... e spero non di paura!) Ci risentiamo venerdì.
martedì 20 settembre 2011
Grace Cathedral: Albert Einstein e Keith Haring
La Grace Cathedral, come dicevo ieri, è la cattedrale episcopale di San Francisco, completata negli anni '60. Questo è un estratto della voce di Wikipedia sulla simpatica Chiesa Episcopale: "La Chiesa Episcopale fu attiva nel movimento del Vangelo Sociale della fine del diciannovesimo secolo, e sin dagli anni '60 e '70 ha svolto un ruolo di guida nei movimenti progressisti sulle questioni delle relazioni fra Chiesa e Stato. Nelle sue risoluzioni inerenti alle questioni statali la Chiesa Episcopale si è opposta alla pena di morte e ha appoggiato i movimenti per i diritti civili, e alcuni dei suoi leader e sacerdoti marciarono con i dimostranti. Molte diocesi ordinano apertamente uomini e donne omosessuali; in alcune di esse vengono celebrate anche le benedizioni di coppie dello stesso sesso. Su altre questioni, quali l'aborto, la chiesa si è schierata su entrambi i fronti del dibattito."
Oltre alle sedute di yoga, la cattedrale ospita altre cose affascinanti (a parte i suoi celebrati labirinti "meditativi", che non trovo particolarmente interessanti). La prima mi è capitata davanti gli occhi mentre mi raddrizzavo da un'uttanasana: una vetrata con una strana scritta. E = mc2. Cosa ci fa la teoria della relatività sulla vetrata di una chiesa, ho pensato. Una breve ricerca ed ecco risolto il mistero: Einstein venne scelto per rappresentare la Scienza in una serie di dodici vetrate istoriate dedicate alle Conquiste dell'Umanità. Sulla vetrata è raffigurato Einstein che guarda verso l'alto, circondato da elettroni e particelle atomiche. Sopra la sua testa s'intravede un razzo che sfiora la superficie lunare, a simboleggiare la sua influenza sull'astronomia e la cosmologia (sull'altro lato della navata c'è una vetrata dedicata all'astronauta John Glenn). In basso a sinistra c'è un atomo di elio, che ci ricorda le scoperte di Einstein sulla fisica nucleare e le sue gravi preoccupazioni sull'abuso dell'energia atomica.
Al termine di quella stessa seduta di yoga, mentre mi avviavo verso l'uscita, ho scoperto un altro piccolo tesoro della cattedrale: la AIDS Interfaith Memorial Chapel. Il pezzo forte della cappella è il trittico di Keith Haring, The Life of Christ, basato su un'icona russa e realizzato in bronzo e oro bianco. Si tratta dell'ultimo lavoro di Haring, portato a termine due settimane prima della sua morte per AIDS, nel 1989.
lunedì 19 settembre 2011
Yoga nella cattedrale
Dopo aver cercato a lungo un posto dove praticare lo yoga come dico io,
ho finalmente trovato qualcosa che, anche se non ci si avvicina più di
tanto, perlomeno si svolge in una cornice di grande effetto: Grace Cathedral, la cattedrale episcopale di San Francisco.
Grace
Cathedral, la terza cattedrale episcopale degli Stati Uniti, è un
edificio decisamente brutto all'esterno (una brutta copia di Notre Dame
in cemento), ma che all'interno ospita cose davvero belle e
sorprendenti. Le sedute del gruppo Yoga on the Labyrinth sono una di queste (delle altre tornerò a parlare domani).
Tutti
i martedì alle sei e un quarto frotte di persone armate di tappetino si
radunano nella cattedrale, trovano un posto e aspettano che il maestro
armato di iPad cominci la seduta. Si tratta di uno yoga piuttosto
semplice, adatto all'enorme gruppo di praticanti, che continua ad
aumentare da un martedì all'altro. La partecipazione è a offerta libera. Ogni
volta c'è un ospite "musicale" (ciotole di cristallo, chitarre e sitar
vari: nella seconda foto si intravede la tipica biondona californiana
angelicata con arpa), e la cosa non mi esalta, ma lo spazio è talmente
grande che ci si può anche dimenticare di ascoltare la musica.
E poi, insomma, il piacere di praticare lo yoga in una cattedrale
è impagabile! La chiesa episcopale è entrata ufficialmente nell'elenco
delle mie chiese americane preferite (insieme a Quakers e Unitarians).
Nei prossimi due giorni fornirò ulteriori motivazioni a sostegno di
questa affermazione.
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domenica 18 settembre 2011
Una gita allo Yosemite National Park: i pro
Ecco. Per illustrare i pro di una gita allo Yosemite ho scelto otto foto tra quelle che ho scattato (cliccateci sopra se volete ingrandirle).
Le prime sono state scattate nella valle (non sono riuscita a raccapezzarmi con i nomi delle montagne: malgrado il poster non ho riconosciuto neppure Half Dome) al mattino, prima del forte temporale pomeridiano che si è poi trasformato in una pioggia costante per tutta la serata. Le altre invece sono state scattate la mattina dopo (prima che la vista di altri nuvoloni in arrivo ci facesse girare le balle e decidere di tornare a casa), sul bellissimo - anche se decisamente affollato - Misty Trail, un sentiero che passa di fianco alle Vernal Falls e sale fino alle Nevada Falls (la nostra meta della giornata, mai raggiunta per via del temporale).
The Valley |
The Valley |
Misty Trail |
The Valley |
On the hike to Nevada Falls |
Misty Trail |
Vernal Falls, from the top |
Vernal Falls |
venerdì 16 settembre 2011
Una gita allo Yosemite National Park: pro e (ebbene sì) contro
Alcuni fatti sullo Yosemite National Park:
1) Il parco ha una superficie di 3081 kmq, vale a dire che è grande più o meno come la Val d'Aosta.
2) Il parco è sempre pieno. I visitatori, infatti, vengono tutti concentrati in un'area di dimensioni ridicole rispetto alla grandezza totale del parco, la Yosemite Valley, e come risultato è sempre difficilissimo trovare da dormire. I motivi di questa scelta sono ovvi e più che condivisibili: concentriamo tutti gli umani paganti - ma anche vociferanti e inquinanti - in una piccola zona-disneyland tutta per loro, così il resto del parco potrà starsene tranquillo, al riparo da orde di ciccioni con macchine fotografiche enormi e da esaltati simil-rambo con coltello da scuoiatore attaccato al polpaccio.
Io e Jonathon, dopo esserci illusi che prenotando più di un mese prima per tre giorni infrasettimanali dopo l'inizio delle scuole avremmo trovato una sistemazione decente (anche per il portafoglio), abbiamo dovuto ripiegare su una canvas cabin al Curry Village. La canvas cabin, come si vede dalle foto, è un ibrido tenda-bungalow, con pareti di tela ma dotata di letti e pavimento di legno. Il Curry Village è uno dei villaggetti in stile shopping mall che si trovano sparsi qua e là per la Valle dei Turisti. C'è un autobus gratuito che li gira tutti, passando anche dai campeggi veri e propri e dagli alberghi di lusso come l'orrido e costosissimo Ahwahnee (con il suo doveroso nome indiano), costruito in pietra e cemento simil-legno.
Ora, c'è da dire che io detesto profondamente andare in campeggio. Tre sono le cose che non sopporto: dormire per terra (cosa che mi provoca in men che non si dica un attacco di cervicale di proporzioni epiche); il rumore (riesco ad addormentarmi solo se circondata dal silenzio degli spazi siderali); condividere i gabinetti. La canvas cabin, che a dire il vero è piuttosto carina, risolve egregiamente il primo problema, ma lascia aperti gli altri due. E sorvolando sull'ovvio problema del gabinetto condiviso, per il quale non c'è proprio niente da fare, le probabilità che i vicini di tenda non rispettino l'orario del silenzio (dalle 10 di sera alle 6 del mattino, come scritto sul poster della Camp Etiquette appeso all'interno di ogni cabin) sono altissime.
E tuttavia, come dicevo, le possibilità di trasferirti altrove all'interno del parco, per esempio in uno spartanissimo bungalow con le pareti di legno e il bagno, sono nulle. Tutto pieno da qui all'eternità.
Questo è il primo motivo per cui d'un tratto mi sono ritrovata a sognare un piccolo bed & breakfast sulle Dolomiti, o anche, senza andare troppo lontano, sulle Alpi piemontesi che vedo dalla finestra di casa mia in Italia. Una camminata corroborante in mezzo alla natura e poi, la sera, un bel posticino caldo e accogliente dove mangiare qualcosa di buono. Ed ecco l'altro problema: mangiare qualcosa di buono.
Per fortuna la seconda sera abbiamo scoperto che è possibile recarsi in pellegrinaggio al caffè (attenzione, non al ristorante!) dell'orrido Ahwahnee, dove si può mangiare decentemente senza farsi staccare la pelle di dosso, come invece succede al ristorante. La prima sera invece abbiamo cenato nella deprimente mensa del campeggio, dove abbiamo consumato cibo disgustoso su tavoli sporchi, circondati da enormi schermi che trasmettevano sport e gente che si metteva a guardare lo sport di fianco a te mettendo il piede sulla sedia dove fino a un istante prima sedeva tuo marito, momentaneamente in fila per prendere una porzione di qualcosa di disgustoso da mangiare.
Insomma, ospitalità italiana (quantomeno nei posti di montagna non devastati da enormi alberghi e impianti sciistici) batte ospitalità americana 1-0.
Ma naturalmente allo Yosemite National Park c'è altro, molto altro. Domani pubblicherò qualche foto che dimostrerà tutti i motivi per cui vale comunque la pena di andarci. Ebbene sì, il posto è di una bellezza sublime.
giovedì 15 settembre 2011
"Fai 'sta cazzo di nanna": il bestseller per l'infanzia sta per arrivare in Italia
Eccolo qui! Al ritorno dalla mia breve gita a Yosemite (di cui parlerò domani, nel primo di un paio di post dedicati ai pro e ai contro di un soggiorno in un grande parco nazionale americano), ho trovato una segnalazione di un collega traduttore (il bravissimo Daniele Petruccioli, autore fra l'altro della geniale traduzione di un libro apparentemente intraducibile, Ella Minnow Pea, di Mark Dunn, uscito in italiano per Voland con il titolo Lettere. Fiaba epistolare in lipogrammi progressivi).
Insomma, appena pochi giorni dopo aver pubblicato il post su Go the Fuck to Sleep, scopro che il libro sta davvero per uscire in Italia, pubblicato da Mondadori e tradotto da Edoardo Brugnatelli.
Insomma, appena pochi giorni dopo aver pubblicato il post su Go the Fuck to Sleep, scopro che il libro sta davvero per uscire in Italia, pubblicato da Mondadori e tradotto da Edoardo Brugnatelli.
C'è anche un gruppo su facebook, dove si possono trovare in anteprima alcune delle rime tradotte.
[Aggiornamento: questo è il link alla versione PDF del libro, così potete guardarvelo ben bene]
[Aggiornamento: questo è il link alla versione PDF del libro, così potete guardarvelo ben bene]
Per terra russa il pangolino gigante
Mentre io sono ormai uno zombie ambulante.
’Fanculo! ti porto ’sto cazzo di latte!
Dormire non dormi, e chi se ne sbatte?
Dormono i fiori, i monti ed i prati
Dormono e fanno sogni beati.
Basta menate, subito a nanna
Sennò quel fallito del babbo ti azzanna.
Con la mamma il tigrotto ronfa beato.
Regna il silenzio su tutto il creato.
Tu e il tuo orsacchiotto fate bene attenzione!
Nanne subito, cazzo, o divento un leone.
I semini nei campi dormono sodo
Io intanto son qui che bestemmio e mi rodo.
Tesorino mio bello, stop! poche palle!
È l’ora di fare le nanne, e tu falle!
Il libro sembra proprio destinato a piacere anche ai genitori italiani, insomma...
lunedì 12 settembre 2011
"Go the Fuck to Sleep": un bestseller per l'infanzia
The cats nestle close to their kittens now.
The lambs have laid down with the sheep.
You’re cozy and warm in your bed, my dear
Please go the fuck to sleep.
The lambs have laid down with the sheep.
You’re cozy and warm in your bed, my dear
Please go the fuck to sleep.
Sul retro di copertina c'è scritto: "Probabilmente non dovreste leggerlo ai vostri figli". Go The Fuck to Sleep è un libricino di 32 pagine scritto da Adam Mansbach, illustrato da Ricardo Cortés e pubblicato da Akashic Books.
Descritto come "un libro per l'infanzia dedicato agli adulti", è schizzato al primo posto sulla lista dei bestseller di Amazon un mese prima della pubblicazione, grazie a un'involontaria campagna di marketing virale in cui i librai hanno distribuito via email le copie in formato PDF.
A dire il vero, il libro cominciò ad avere successo ancora prima di venire scritto, quando Mansbach annunciò su Facebook di voler scrivere un libro per bambini intitolato Go the — to Sleep, e decise di farlo sul serio dopo aver visto la reazione entusiastica degli amici.
Il testo è molto semplice, una serie di filastrocche in rima che contengono la parolaccia come commento ai soliti trucchi usati dai bambini per rimandare l'ora della nanna ("I know you’re not thirsty. That’s bullshit. Stop lying. / Lie the fuck down, my darling, and sleep").
Il sollievo di poter finalmente esprimere le proprie frustrazioni, l'ironia ammiccante delle illustrazioni carine che accompagnano il testo irriverente, hanno fatto di questo piccolo libro un grande bestseller. I nostri amici con figli piccoli ce l'hanno tutti. Un'amica che ha appena avuto un bimbo me ne ha passato una copia perché gliene hanno regalate troppe e non sa più a chi darle.
Fra i personaggi celebri che si sono cimentati nella lettura di Go The Fuck to Sleep ci sono Samuel L. Jackson e Werner Herzog. La rivista MensHealth.com ha pubblicato una risposta "dalla parte dei bambini", una poesia dal titolo Get the F**k Out of My Room.
Mi domando se verrà tradotto in Italia. Non dovrebbe essere difficile, visto che nella nostra lingua non mancano le parole che finiscono in -azzo. Pupazzo, ragazzo, terrazzo... Ma il punto è: funzionerebbe?
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