venerdì 11 marzo 2011

The Top Ten "Slang" Narratives

 From Flavorwire: "The authors below use dialect either as a majority of the novel or as an abrupt break from the narration; many of them are from the opposite side of the Atlantic, but some of them are from the South, or fake it, like Cormac McCarthy." The rest of the article here.

  • Finnegans Wake, by James Joyce
  • Pigeon English, by Stephen Kelman*
  • Wuthering Heights, by Emily Brontë
  • Clockwork Orange, by Anthony Burgess
  • As I Lay Dying, by William Faulkner
  • Suttree, by Cormac McCarthy
  • Their Eyes Were Watching God, by Zora Neale Hurston
  • Huckleberry Finn, by Mark Twain
  • How Late It Was, How Late, by James Kelman
  • Trainspotting, by Irvine Welsh
Ve ne vengono in mente altri?**

* Laura Prandino, who's translating Pigeon English into Italian together with Anna Rusconi, has told me she's having a lot of fun working on Kelman’s novel about an eleven-year-old Ghanaian transplanted in London. She's using precious resources as the Ghana Dictionary, and finding great expressions like "Broni waawu = Second Hand clothing (literal translation: The whiteman is dead)".

** Vedi sotto, nei Commenti. E anche questo interessante post dal bel blog Terminologia etc. di Licia Corbolante.
 

7 commenti:

  1. Guardando gli esempi dai romanzi elencati e alcuni dei commenti, mi viene in mente qualche altro titolo, anche se non da “top ten”.

    Anch’io avevo pensato al capitolo centrale di Cloud Atlas di David Mitchell, Sloosha’s Crossin’ an’ Ev’rythin’ After. Inizia così:

    Old Georgie’s path an’ mine crossed more times’n I’m comfty mem’ryin’, an’ after I’m died, no sayin’ what that fangy devil won’t try an’ do to me… so gimme some mutton an’ I’ll tell you ‘bout our first meetin’. A far joocesome slice, nay, none o’your burnt wafery off’rin’s…

    Sempre nei commenti, viene citato un altro libro che mi è piaciuto molto, True Story of the Kelly Gang di Peter Carey, però in questo caso l’inglese non standard è reso soprattutto con la mancanza di punteggiatura e con abbreviazioni:

    I lost my own father at 12 yr. of age and know what it is to be raised on lies and silences my dear daughter you are presently too young to understand a word I write but this history is for you and will contain no single lie may I burn in Hell if I speak false.

    Includerei i romanzi della Barrytown Trilogy di Roddy Doyle. Un esempio da The Snapper:

    I knew it, he said. – I fuckin’ knew it. I told yis. When I saw tha’ gnome yoke’s face. –––– Where is it?
    I don’t care, she said.
    Good girl, said Jimmy Sr. Course yeh don’t. He’s only a bollix, isn’t tha’ right?

    Anche l’inglese di Alexander in Everything is Illuminated di Jonathan Safran Foer mi pare un esempio di dialect:

    I hanker for this letter to be good. Like you know, I am not first rate with English. In Russian my ideas are asserted abnormally well, but my second tongue is not so premium. I undertaked to input the things you counseled me to, when my words appeared too petite, or not befitting. If you are not happy with what I have performed, I command you to return it back to me. I will persevere to toil on it until you are appeased.

    E per il genere “straniero che parla inglese”, aggiungerei l’idioletto della protagonista di A concise Chinese-English Dictionary For Lovers di Xiaolu Guo (non sempre del tutto credibile, secondo me: gli stranieri raramente usano correttamente phrasal verb o collocazioni). Il libro inizia così:

    Is unbelievable, I arriving London, ‘Heathlow Airport’. Every single name very difficult remembering, because just not ‘London Airport’ simple way like we simple way call ‘Beijing Airport’. Everything very confuse way here. Passengers is separating in two queues.

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  2. Grazie Licia, questo commento è davvero interessante, tanto che ho aggiunto un rimando al tuo post qui sopra.
    Quando tornerò in Italia e potrò accedere alla mia biblioteca vorrei scrivere qualcosa su Junot Dìaz e il suo "The Brief Wondrous Life of Oscar Wao", una delle traduzioni (dallo spanglish) più impegnative che abbia mai dovuto affrontare.

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  3. Allora, per aggiungere ualche altro titolo, mi vengono in mente "Sozaboy: A Novel in Rotten English" di Ken Saro-Wiva (dove si comincia già dal titolo, che sta per "soldier boy"), e poi anche "Small Island" di Andrea Levy, che ho tradotto qualche anno fa, con diversi esempi di patois giamaicano. Un esempio:
    'No, Miss Jewel', I told her, 'you are singing the wrong words. It is "While shepherds watched their flock by night".'
    'Weh you mean shepherd, Miss Hortense?'
    'A shepherd is a man who looks after sheep.'
    'Sheep? Dem nuh have none ah dat in Jamaica?'
    'No, it is England where the shepherd is, Miss Jewel.'
    'Oh, Hengland. Ah de so de Lawd born ah Hengland?

    Libro interessante, Small Island, giocato com'era sulle diverse voci e modulazioni linguistiche dei quattro personaggi principali, una coppia inglese e una giamaicana

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  4. Grazie Laura!
    In casi come questo come ti regoli, aggiungi un glossario?
    A me è capitato alcune volte di preparare un glossario, in particolare con The Outside World, di Tova Mirvis, che aveva molti termini in yiddish, oltre che con il già citato Oscar Wao. Quello è stato un caso un po' particolare, perché il libro era completamente infarcito non solo di termini in spanglish, spagnolo standard e spagnolo dominicano, ma anche di riferimenti alla fantascienza, al fantasy e ai fumetti. Alla fine della traduzione, quando mi sono ritrovata con pagine e pagine di ricerche già svolte, ho proposto all'editore di aggiungere due glossari, uno per la terminologia "fantascientifica" e l'altro per le parole in spagnolo dominicano (un glossario che, nota bene, nell'edizione originale non esisteva, cosa a cui qualcuno ha addirittura cercato di rimediare così: http://www.annotated-oscar-wao.com/). La nota assurda è stata che su Anobii ho poi scoperto alcune proteste da parte dei lettori che non avevano trovato TUTTE le parole spagnole nel glossario (la scelta era stata fatta di proposito, perché le parole spagnole sono ovviamente facili da trovare tradotte, al contrario di quelle in dominicano. Inoltre, se avessi dovuto inserire anche le parole in spagnolo standard, il glossario sarebbe stato lungo quanto il libro). Conclusione: forse il glossario sarebbe stato meglio non farlo?

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  5. La questione dei glossari è sempre spinosa. In alcuni casi a me sembrerebbero utili (poi sta al lettore decidere se consultarli o no), ma molto semplicemente cert editori non vogliono nemmeno sentirli nominare.
    Per Small Island no, non c'era glossario, anche perché quello che ho riportato era un caso limite; di solito le espressioni in patois si chiarivano nel testo stesso e non ce n'era in effetti bisogno.
    Un glossario (che in effetti era già presente nella versione inglese, io l'ho solo tradotto e "adattato" all'italiano) l'ho utilizzato in "La via delle donne" di Marlene Van Niekerk, ricco di termini afrikaans.
    Un piccolo glossario, a mio parere, sarebbe stato opportuno anche in "La bastarda di Istanbul" di Elif Shafak, dove una parte importante della storia ruota attorno al cibo e alle tradizioni turche e armene - ma lì il glossario non è passato...
    Altre volte capita poi di lottare con le unghie e con i denti per difendere le peculiarità linguistiche di testi che certi editori/editor tendono a normalizzare a ogni costo: e allora viene da chiedersi perché acquistare e far tradurre testi a forte componente etnica se poi si fa di tutto per piallarli su una lingua standard? Ma qui si aprirebbe un altro discorso lunghissimo.
    Quanto poi ad accontentare tutti, temo che sia impossibile: se si "spiega" troppo con un glossario assente nell'originale, certi lettori lettori lo considerano un atteggiamento paternalistico; se si spiega poco o si evita il glossario o si "salta" qualche termine, altri lettori si sentono defraudati... difficile stabilire regole generali.

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  6. Non voglio farlo troppo lungo, il discorso, però mi domando perché, come dici tu, certi editori/editor acquistino testi a forte componente etnica per poi piallarli su una lingua standard. Perché l'esotico "tira", ma poi hanno paura di spaventare i lettori con qualcosa di troppo "diverso"?

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  7. Mah, a volte mi sembra che per certi editori/editor (non tutti, per fortuna!) il lettore di riferimento sia la proverbiale "casalinga di Voghera" che, poverina, se non le spieghi tutto per filo e per segno non capisce.

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