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Sul blog Letters of note ho trovato questa lettera scritta nel 1985 da David Foster Wallace allo "Amherst Student", il gionale dell'Amherst College che Wallace frequentava all'epoca. La lettera è la risposta a un altro studente, un tale Dave Hubbard, che aveva scritto allo stesso giornale lamentandosi perché gli altri studenti, fra cui evidentemente Wallace, non gradivano la musica che usciva costantemente dalla sua stanza a volume altissimo.
Ecco il testo della lettera:
To the Chairman:
I write in response to a letter from Dave Hubbard '87, who objects to the fact that those of his neighbors who find his (apparently regular) blasting of music irritating and distracting have the power to call security and make him turn his stereo down. Hubbard regards his neighbors' unreasonable desire for quiet to think or to hear music of their own as dangerous infringements on his "freedom," and as symptoms of the oppressive, deadening atmosphere that apparently now obtains on the Amherst campus following the decision to close fraternities.
Hubbard's thoroughly dumb letter wouldn't even deserve comment if it weren't such an irritating example of a sort of attitude regarding noise and music and freedom that seems pretty widespread at this college. People seem to think that it's their right not only to listen to whatever music they wish (which they could do at low volumes), not only to listen to it as loudly as they wish (which they could do on headphones), but to subject others to their particular choice of music and volume, too. (This sometimes gets as extreme as sticking their silly speakers in their windows.) Corresponding to their fascinating theory of loudness-as-inalienable-right is the idea that people who don't want to be subjected to their choices are spoilsports or tools who want to deny loud-music lovers their "freedom."
This idea is thoughtless in more than one sense of the word. It's a fundamentally selfish (and so warped) idea of freedom. The way freedom is commonly and sensibly defined and understood, one is free to do exactly those things that do not infringe on other people's freedom to do the things they value—like sleep, or read, or do homework, or talk to their friends, or listen to stuff they like...silly things like that. Hubbard's blasting of AC/DC obviously denies people who can't escape earshot the freedom not to have to listen to loud music (in the particular case of AC/DC, I think this freedom is probably cherished by every rational being over the age of nine). Since his blasting does this, he's clearly not "free" to do it. He can of course still be an inconsiderate schmuck and try, until somebody gets irritated enough to call Security or to pay him a little visit himself. For those of us he's forced his tastes on and annoyed, all we can say, in the words of the immortal lyricist S.O. Teric, is "So sad you're off to Stanford at the end of the year/In the meantime take your speakers, and stick them in your ear."
Dave Wallace '85
Fantastici! Guzzanti mi fa sempre ridere, qualunque cosa faccia. E comunque questa idea di libertà degli americani è così interessante, qualcuno dovrebbe scriverci un libro... ops, qualcuno l'ha già fatto! ;-)
RispondiEliminaW Guzzanti. Avete visto Aniene? Ho amato il personaggio del massone, soprattutto lo sketch in cui fa vedere il conio della nuova moneta italiana :)
RispondiEliminaps ma cos'e' la liberta'? per me forse e' quello che Fellini attribuiva alla felicita' per bocca del meraviglioso Guido/Mastroianni in 8 1/2: "la felicità consiste nel poter dire la verità senza far mai soffrire nessuno."
E F.Wallace se n'e' andato troppo presto...
Argh, mi cogli sempre impreparata! Segnato Aniene su Youtube per molte belle pause di procrastinazione dal lavoro.
RispondiEliminaBellissima la frase pronunciata da Marcello (sospiro) Mastroianni, condivido in pieno.
Quando a DFW, hai visto il lungo reportage di Franzen su New Yorker in cui parla di lui? Puoi trovarlo qui qui in inglese, oppure su un vecchio numero di Internazionale, oppure aspettare il volume con i saggi di Franzen in cui verrà ripubblicato. Il ritratto che fa Franzen dell'amico è molto bello (e controverso, ovviamente, trattandosi di Franzen).
Oggi Wallace se la prenderebbe con l'uso indiscriminato dei telefonini in pubblico, forse. La libertà di ognuno finisce dove comincia quella dell'altro. Una regola sempre valida, a mio parere.
RispondiEliminaHo letto una interessante recensione a The pale king, di Gianni Biondillo, su Nazione indiana. Per una volta, si fa riferimento al traduttore, anzi, alla traduttrice: "una lode speciale va alla traduttrice, Giovanna Granato, che già per gli ultimi titoli del nostro DFW tradotti in Italia, cioè da quando i diritti sui suoi libri sono stati acquisiti da Einaudi, è la eroica traduttrice di questo grande scrittore..."
Ho pensato potesse far piacere. :-)
Fa molto piacere, Rose, grazie. E in effetti Giovanna Granato è davvero eroica!
EliminaQuanto all'uso indiscriminato dei telefonini, mi hai fatto venire in mente che proprio l'amico di DFW, il "mio" autore Jonathan Franzen, se la prende con questa usanza poco educata in uno dei suoi saggi che sto traducendo proprio in questo periodo. Notando queste analogie mi sembra quasi di sentire l'eco delle loro conversazioni...
Ah! sui telefonini, potrei inserire, col tuo permesso, un breve stralcio da un racconto che ho scritto qualche tempo fa... non per mettermi al livello degli autori considerati, naturalmente.
RispondiEliminaUna curiosità: ma tu porti avanti diverse traduzioni contemporaneamente o fai una 'full immersion' in una per volta?
Un'ultima cosa, ho ordinato il libro della Otsuka. :-)
Ma certo che puoi, con piacere!
EliminaIn genere cerco di portare avanti una traduzione per volta, ma in questo periodo ci sono state alcune sovrapposizioni, per fortuna di libri molto diversi fra loro. Vedrai che Otsuka ti piacerà!
Immagino che cambiare libro possa essere d'aiuto, in certi momenti. Sia al traduttore, che alla traduzione. :-)
RispondiEliminaOK, metto lo stralcio di racconto:
"… chi l’ha detto che una telefonata debba avere la priorità su tutto? Quale strano meccanismo mentale ci induce a rispondere immediatamente al trillo imperioso del telefono? La questione è rilevante e ha risvolti psicologici, forse anche qualche aggancio nella filosofia del marketing. Chissà cosa avrebbero da dire i ‘persuasori occulti’ della pubblicità, quelli che creano desideri e bisogni che sarebbero stati inimmaginabili, qualche decennio fa. Sarà un caso che oggi molti acquisti vengano sollecitati per telefono?
Qualcuno potrebbe obiettare che il telefono cellulare abbia facilitato la comunicazione e favorito di conseguenza i rapporti interpersonali. Sarà, ma io dubito che una coppia ‘in stallo’, che abbia esaurito da tempo ogni possibile argomento, ritrovi ora il dialogo in virtù del nuovo mezzo tecnologico. Forse ne ha guadagnato la qualità dei pasti familiari, dal momento che figli e mariti avvisano quando stanno per arrivare e la donna di casa solerte butta la pasta al momento giusto. Una grossa conquista, bisogna riconoscerlo.
Ma che dire del disturbo recato agli altri dalle suonerie e dalle conversazioni a voce alta, in barba a qualunque criterio di privacy? Ho fatto la pendolare sui treni per qualche anno e quello che ho visto e ascoltato, a causa dei telefonini, riempirebbe un libro (noiosissimo, peraltro): improbabili conversazioni tra adolescenti, fatte di risatine e “cioè, allora io, cioè... ma allora, cioè...”, sospiri romantici tra innamorati, pettegolezzi tra amiche, discussioni d’affari cui tutti gli occupanti dello scompartimento erano costretti ad assistere allibiti.
Ricordo un tizio che, appena seduto, riusciva a organizzarsi un mini-ufficio con pc portatile, scartoffie varie, una tazza di caffè in equilibrio precario sulla ventiquattrore che fungeva da tavolino e il cellulare incollato all’orecchio. Tutti si fingeva di non ascoltare, ma vi assicuro che era arduo. Gli fosse almeno sfuggita qualche dritta sulle quotazioni in Borsa! Tornando a noi, diciamo che, all’inizio del terzo millennio, io ero ancora una dei pochi felici non possessori di cellulare rimasti in circolazione e ne andavo fiera. Ma un giorno..."
"... ma un giorno"? Sai, anche qui in famiglia siamo de-cellularizzati (cioè, io in Italia ne ho uno - un nokia del 2001, perfettamente funzionante - ma non qui negli Usa, e mio marito si rifiuta luddisticamente di usarlo), perciò sono curiosa di sapere cosa succede. La protagonista si cellularizza o no?
RispondiEliminaPurtroppo, sì. Dopo una serie tragicomica di disavventure, "andai a comprare un telefono cellulare. Non avevo più dubbi sulla sua utilità. Da allora lo porto quasi sempre con me. Quasi? Sì, un giorno la mia vecchia automobile mi lasciò in panne. Cercai il cellulare. Non c’era! L’avevo lasciato in un’altra borsa. Fermai un automobilista di passaggio, poi... ma questa è un’altra storia.
RispondiEliminaEpilogo e riflessione, a distanza di qualche anno:
Vorrei tranquillizzare gli eventuali lettori: la mia è stata solo una resa parziale. Uso tuttora il telefonino acquistato a suo tempo, un Nokia scelto unicamente per la migliore visibilità dei numeri. Non credo di conoscerne tutte le funzioni, ma so quanto basta per le mie reali necessità.
Non ho mai cambiato suoneria, mando sms scritti per esteso e di rado ho accettato le offerte del gestore per farmene incrementare l’uso. Ogni tanto lo tengo spento per intere giornate e mi godo la magnifica sensazione di libertà."
Silvia, mi sa che abbiamo lo stesso modello. :-)
Sì! Il mio somiglia a questo, ma ha i tasti semicancellati dall'uso. Quando lo tiro fuori in Italia vedo molti sguardi perplessi, ma non m'importa. E' come per la macchina: funziona, e questo mi basta. Il mio senso estetico lo applico altrove, e della tecnologia all'ultima moda non me ne importa proprio niente!
RispondiEliminaIl mio E' quello! e ho lo stesso problema coi tasti.
RispondiEliminaSulla macchina la penso come te. Mi dispiace per il PIL nazionale, ma tanto il mio contributo wouldn't make any difference.
Buona giornata. :-)
Che bello, un'altra che ha il cellulare obsoleto come me! ;-) Pare che la tastiera si possa sostituire, ma: 1) sono troppo pigra, e 2) secondo me non le producono più.
EliminaBuona giornata anche a te!